"Esistono gruppi di ascolto per mogli di uomini che diventano gay a settant'anni?". Possibile. Fatto sta che a Grace e Frankie avrebbero fatto proprio comodo, perché di primo acchito non hanno saputo gestire la valanga che le ha travolte.

Durante un pranzo-apocalisse, Robert, marito dell'una, e Sol, marito dell'altra, colleghi in affari da una vita, anche con un certo candore hanno dichiarato loro di avere una relazione da vent'anni e di voler trascorrere insieme il restante tempo a disposizione.

Nella prima stagione di Grace and Frankie, distribuita lo scorso anno da Netflix, le due donne, nemiche-amiche da sempre per inconciliabili punti di vista praticamente su tutto, sono state costrette ad iniziare un nuovo corso di vita. Forzatamente, a malincuore, accettando di giorno in giorno il blocco delle carte di credito, ingollandosi una buona dose di dispiaceri e amarezze fino al matrimonio dei due ex mariti. Perché il Cambiamento, quello con lo C maiuscola che Frankie, da hippie della prima ora, ha sempre visto come l'attraversamento positivo di una nuova porta, in alcuni casi, tanto facile da affrontare non è.

Al via ora con la seconda stagione, e in produzione ce n'è anche una terza, Grace and Frankie è una commedia d'altri tempi eppure modernissima, quasi fosse uscita dal cilindro di un George Cukor che ha alleggerito la lezione di Todd Haynes con qualche prestito da Woody Allen.

13 episodi della durata ormai canonica di una mezz'oretta, 13 passi nella rivoluzione di vita di due donne un po' viziate, certamente tradite, stravolte da un coming out che più inaspettato non si poteva.

Non solo per la presenza di Sam Waterston, va da sé, ma per quella ridda di cene e incontri upper-class sempre sull'orlo del disastro, per i rapporti figliali, le riflessioni disincantate su un senso di vita che, a guardarlo bene, pietrifica e dice che potrebbe essere stato tutto sbagliato, fin dall'inizio.

Tra gli atout a disposizione, la serie ideata da Marta Kauffman e Howard J. Morris ha un cast di spessore superiore rispetto al solito. Quattro glorie, per niente ex considerate le performance, che non si può fare a meno di amare incondizionatamente, al di là del mestiere consumato e di quell'accettazione degli anni che passano mica da tutti: Jane Fonda e Martin Sheen sono Grace e Robert, Lily Tomlin e Sam Waterston sono Frankie e Sol.

Prendiamo proprio la Fonda. Oltre ai due Oscar, i film culto, la dinastia famigliare di provenienza, le prese di posizioni politiche, forse nessun volto come il suo rappresenta quell'ideale di "giovinezza eterna" costruito a serie di addominali televisivi e pubblicità cosmetiche. Anche per questo, in Grace and Frankie, fa il suo effetto vederla davanti allo specchio mentre si toglie le ciglia finte e un tirante per il volto ben nascosto sotto una chioma ancora fluente perché rinfoltita da una ciocca posticcia.

Più sottilmente che in Youth - La giovinezza, dov'era maschera di cera in una clinica-museo di morituri, la Fonda entra e esce dal suo ruolo di dea mai scalfita dal tempo, tenta di restare aggrappata all'oggi, cerca il suo volto sui prodotti di bellezza che l'azienda fondata anni prima produce. Peccato che al supermercato sia messa in ombra dalla prima biondina di passaggio e che, da qualche tempo, l'ufficio marketing abbia preferito al suo volto la più anonima delle foglie.

Le crisi di Grace, il suo suo sentirsi tradita, rabbiosa per la bugia subita per oltre vent'anni, navigano in una corrente diversa da quelle vissute da Frankie, che si maledice per aver fatto di suo marito anche il suo miglior amico. Le perle e gli abiti di alta sartoria di Grace, la passione per i Vodka Martini molto secchi, l'apparenza come regola di vita, del resto, sono l'opposto delle tendenze post-hippie di Frankie, che gira con kaftano d'ordinanza, beve bevande al peyote e tenta di decifrare ciò che le accade attraverso le sue capacità medianiche. Eppure Grace e Frankie hanno costruito un fronte comune, una barricata condivisa per la sopravvivenza, o meglio, per una nuova vita.

L'altmaniana Lily Tomlin, produttrice della serie così come lo è Jane Fonda, non è meno affascinante della collega, così come risultano affiatatissimi Sheen e Waterston.

E i figli, ognuno con il suo incerto presente tra dipendenze e incertezze, stanno a guardare quei genitori che avranno anche passato i settanta, ma sanno forse vivere meglio di loro.