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Lo hanno paragonato a film come Hunger Games ed Elysium - per ambientazione e struttura narrativa -, e a serie tv come Black Mirror e Westworld - per quel sapore cupamente distopico in cui è avvolto ogni episodio. Ma la verità è che 3%, la prima serie brasiliana prodotta da Netflix, è un prodotto che non ha uguali. Tra le più grandi sorprese del 2016, la serie ideata da Pedro Aguilera è tecnicamente il reboot di una web serie che lo stesso regista aveva rilasciato su Youtube nel 2011, sperando di trovare qualche produttore interessato a investire sulla storia.

L'intervento di Netflix ha permesso al soggetto di Aguilera - un Brasile del futuro in cui solo il 3% della popolazione acquisisce il diritto di vivere fuori dalle baraccopoli - di dilatarsi ed espandersi in otto episodi da 45 minuti ciascuno.

Insieme ad Aguilera alla regia c'è Cèsar Charlone, direttore della fotografia uruguaiano responsabile del pluripremiato City of God. Nel cast, a parte la veterana Bianca Comparato, tanti volti poco noti (e talentuosi) del cinema brasiliano come Joao Miguel, Michel Gomes, Rodolfo Valente e Rafael Lozano. Ma esattamente, di cosa parla 3%?

La prima stagione, conclusa con un finale tanto rivelatorio quanto feroce, mette in scena un Brasile futuribile e immaginario in cui il 97% della popolazione vive sotto la soglia della povertà. La maggior parte dei brasiliani trascorre le giornate in un'enorme favela chiamata l'Entroterra, dove il cibo scarseggia e le condizioni sanitarie sono a dir poco pericolose. L'unico modo per sottrarsi a una condizione di vita così estrema è partecipare al Processo, sorta di difficilissimo test d'ingresso istituzionale che permette a pochissimi (appunto il 3% della popolazione) di accedere a un mondo diverso, una "bolla" di agio e ricchezza chiamata Offshore (Mar Alto, nell'originale portoghese) letteralmente "ormeggiata" a distanza di sicurezza dal continente. A complicare ulteriormente le cose c'è un dettaglio: al Processo si può partecipare solo una volta nella vota, al compimento dei vent'anni.

Tra i tanti ventenni, di volta in volta eliminati (anche fisicamente) da test psicologici che li spingono a forzare fino all'estremo i propri limiti, spicca un gruppo di persone determinate, per motivi diversi, a spuntarla.

C'è Michelle, legata all'organizzazione segreta che vorrebbe rovesciare il sistema, che partecipa per scoprire la verità sul fratello morto nell'Offshore. C'è Fernando, disabile e figlio di un sacerdote del culto fondato dai creatori del Processo. Ci sono Rafael, ambizioso e scorretto, Marco, rampollo di una famiglia da sempre ammessa nel 3%, e ancora la misteriosa Joana, con un passato oscuro di violenza e miseria. "Gestiti" da Ezequiel, l'inquietante Direttore del Processo, i ragazzi cercano di sopravvivere, episodio dopo episodio, a una selezione destinata a rovesciare qualsiasi loro convinzione - sull'Offshore, sul Processo e persino su se stessi.

Tra le pochissime indiscrezioni circolate sulla seconda serie, c'è una certezza: "Scaveremo nelle origini del Processo, capiremo come e quando è nato, e finalmente esploreremo l'Offshore" ha rivelato l'attrice Vaneza Oliveira allo scorso Comic Con di San Paolo.

Restano infatti aperte, con la conclusione della prima stagione, molte domande sui fondatori del Processo, una misteriosa coppia la cui identità sarà probabilmente al centro dei nuovi episodi.

"Per i personaggi la seconda stagione sarà un momento di svolta, dopo la maturità acquisita attraverso la selezione" ha aggiunto Bianca Comparato. E la Causa, l'organizzazione segreta dei ribelli contro il sistema, metterà in atto un piano per impedire lo svolgimento del prossimo processo. Perché se nelle parole di Ezequiel "fare figli è il modo migliore per superare le frustrazioni di una vita di stenti", non tutti sono disposti a barattare questa possibilità in cambio di un posto al paradiso. Ammesso che l'Offshore lo sia davvero.