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Il regista nominato all'Oscar Gus Van Sant (Elephant) e lo sceneggiatore Bret Easton Ellis (American Psycho) scriveranno insieme una sceneggiatura che si baserà sul articolo di Vanity Fair "The Golden Suicides" scritto da Nancy Jo Sales per la PalmStar Entertainment, la Celluloid Dreams e la K5 Film.
L'articolo racconta del doppio suicidio dei popolari artisti digitali Theresa Duncan, un designer di videogiochi per ragazze, e Jeremy Blake, un popolare digital painter. La coppia era entrata in una spirale di paranoia, aveva cominciato a dimostrare un bizzarro ed eccentrico comportamento chiedendo voti di giuramento dagli amici, si lamentò di essere perseguita da Scientology, la coppia credeva che il governo e delle organizzazioni religiose cospirassero contro di loro. Nel 2007 la Duncan si suicidò e Blake trovò il suo corpo sul pavimento della loro camera da letto. La settimana dopo Blake decise di suicidarsi nell'Oceano Atlantico.
Braxton Pope, Kevin Frakes e Hengameh Panahi saranno i produttori.
Tra i nomi indiscutibilmente più affascinanti del panorama contemporaneo, Gus Van Sant sfugge a qualsiasi assimilazione, per stile e per percorso. Icona del cinema indipendente, firma di pellicole solo apparentemente più convenzionali, che ospitano grandi star (e danno loro rinnovato e giustificato motivo d'orgoglio), cineasta dell'immagine e allo stesso tempo della parola, quella spesa bene, affusolata come la punta di un proiettile. Pittore, fotografo, musicista ("Destroy All Blondes"), scrittore ("Pink") e produttore (Brokeback Mountain) non impone mai il suo pluriforme talento sui film che fa ma pare anzi concepire l'opera come il frutto di differenti apporti (la sceneggiatura o la letteratura in partenza, la luce, la musica) che il regista è chiamato a reinterpretare fortemente, a plasmare e semantizzare.
Al tredicesimo lungometraggio, il cineasta è ancora e sempre dalla parte degli adolescenti, di quell'età in cui lo sguardo sul mondo si va formando ed è uno sguardo naturalmente ribelle, innamorato, abbagliato. Van Sant racconta i momenti che segnano un'esistenza, le scelte che indirizzano una vita, senza enfasi e senza concessioni alla moda, con un occhio all'ironia della sorte e un'attenzione particolare alla modalità del racconto, che è spesso frutto di una riflessione estetica sul mezzo che maneggia: il cinema.
Poter ammirare di nuovo Gus Van Sant che torna nel suo giardino artistico prediletto – l'adolescenza problematica della nostra epoca – è un autentico piacere. È infatti il tema di Paranoid Park l'ultima rivelazione visiva del regista di Belli e dannati e Elephant. Parlare di rivelazione è quanto mai opportuno nel caso del regista nato nel Kentucky poiché, proprio la capacità di mostrare la quotidianità dell'immagine eccezionale è una delle caratteristiche più importanti di Van Sant.
Non è classificabile tra i registi visionari: a tratti il suo stile può ricordare quello del documentario tanto è freddo e preciso, ma con una sensibilità capace di travalicare lo schermo. Lo è stato quando ha raccontato le vicende del Matt Damon "genio" incastrato dentro il suo carattere difficile o le vicissitudini di Reeves e Phoenix "belli e dannati"; quando ha dovuto rievocare Hitchcock per uno sciagurato remake di Psycho è riuscito lo stesso a superare la prova malgrado molti lo attendessero al varco. Lo sguardo attento e raffinato di Van Sant sul nostro tempo è uno degli specchi più sinceri della nostra realtà.
Quella degli Oscar è una notte speciale anche per loro, i registi. A differenza degli attori che in genere fanno a gara per essere presenti alla vita mondana dei luoghi più glamour, molti registi preferiscono non allontanarsi troppo dalla propria macchina da presa. Ma l'ambita statuetta è una buona eccezione anche per loro.
In lizza per il premio di Miglior Regista troviamo David Fincher (per Il curioso caso di Benjamin Button), Ron Howard (per Frost/Nixon – Il duello), Gus Van Sant (per Milk), Stephen Daldry (per The Reader) e Danny Boyle (per The Millionaire).
A pochi giorni dall'uscita di Milk, il film che racconta la vera storia di Harvey Milk, primo gay dichiarato ad aver raggiunto una carica pubblica negli Stati Uniti, vi mostriamo una breve e rara intervista al regista.
Gus Van Sant ci spiega come i ragazzi gay siano stati cacciati di casa nel Midwest e di quanto fosse importante per loro la figura di Harvey, un uomo che si dimostrava sempre pronto a far valere i diritti di tutti ogni volta che se ne presentava la necessità.