La storia della vita di Simone Veil attraverso gli eventi cardine del Novecento. Espandi ▽
Simone Veil, ebrea francese, sopravvive alla prigionia nei campi di concentramento di Auschwitz e Bobrek e alla feroce e logorante “marcia della morte” imposta dalle SS nel gennaio del ‘45, ma la perdita della sua famiglia, la violenza inaudita dell’esperienza e l’orrore per l’ingiustizia della discriminazione non l’abbandoneranno mai. Faranno di lei la prima Segretaria generale del consiglio superiore della magistratura, poi ministro della salute e Presidente del Parlamento Europeo, ma anche una donna, moglie, madre, nonna, tormentata senza tregua dall’incubo dei rastrellamenti e della soluzione finale.
Il film di Olivier Dahan, fortemente voluto dall’attrice Elsa Zylberstein, sceglie di raccontare, appunto, questa dualità, di alternare la figura pubblica e quella privata, e s’impegna in uno sforzo di esaustività, ponendo in parallelo un tempo narrativamente al presente, in cui Veil, già anziana, affronta la scrittura delle sue memorie, e un tempo passato, dalla deportazione, a sedici anni, alla costruzione successiva di una famiglia e di una carriera. Il film assolve soprattutto un compito divulgativo, di trasmissione di un’eredità di grande spessore e coerenza, cui si aggiunge l’intento commemorativo, col ritorno nelle baracche di Auschwitz, dove la memoria privata e quella collettiva si sovrappongono e dove il film illumina senza retorica la condizione della protagonista, attorniata dalla famiglia ma irrimediabilmente sola.