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paul hackett
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giovedì 27 marzo 2025
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ridateci scorsese
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Il tema del Gangster movie legato alla Mafia italo-americana tanto più nel periodo che spazia dal proibizionismo agli anni '60 pone inevitabilemente il film in relazione e confronto con opere gloriose della Storia del Cinema, capolavori definitivi come Il Padrino 1 e 2, C'era una volta in America, fino a The Irishman che io amo particolarmente. Ecco è forse con The Irishman che esiste qualche elemento in comune nella sceneggiatura e ovviamente nel protagonista. La sentenza purtroppo non lascia scampo, che Barry Levinson sia un cineasta di valore non c'è dubbio ma il lavoro realizzato è al più onesto, ben confezionato ma debole. Al termine mi sono chiesto se c'era proprio bisogno di questo film.
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Il tema del Gangster movie legato alla Mafia italo-americana tanto più nel periodo che spazia dal proibizionismo agli anni '60 pone inevitabilemente il film in relazione e confronto con opere gloriose della Storia del Cinema, capolavori definitivi come Il Padrino 1 e 2, C'era una volta in America, fino a The Irishman che io amo particolarmente. Ecco è forse con The Irishman che esiste qualche elemento in comune nella sceneggiatura e ovviamente nel protagonista. La sentenza purtroppo non lascia scampo, che Barry Levinson sia un cineasta di valore non c'è dubbio ma il lavoro realizzato è al più onesto, ben confezionato ma debole. Al termine mi sono chiesto se c'era proprio bisogno di questo film. Su quel tema non c'è molto altro da dire, e se qualcuno intende confrontarsi ancora con il filone Mafia made in USA allora si assume l'onere di dover realizzare un capolavoro sennò meglio lasciar perdere, tutto è già stato fatto da Maestri del Cinema. In senso assoluto sarebbero anche due ore di discreto Cinema, purtroppo io sono esigente e mi aspetto parecchio nel merito: Scorsese con "The Irishman" dipinse un'opera epica, corale, intensa che grida ancora vendetta per il trattamento che gli riservarono agli Oscar, eppure era una materia già abbonadantemente affrontata, visceralmente da Hollywood, ma riuscì comunque a trovare ancora qualcosa di nuovo e sorprendente. Questo film di Levinson invece non aggiunge niente piuttosto fa venire voglia di riguardarsi Scorsese.
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felicity
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domenica 10 agosto 2025
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de niro in grande spolvero
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The Alto Knights, nonostante un soggetto decisamente interessante e promettente, perché tratto da una vera storia americana, non riesce mai a decollare rimanendo schiacciato su un singolo tema, quello ben fotografato dal sottotitolo italiano: "I due volti del crimine".
Il film infatti propone due figure di boss estremamente diverse tra loro, il pacato e accorto Frank Costello, eminenza grigia della malavita newyorkese, manipolatore e immanicato con la politica, e l’impulsivo e sospettoso Vito Genovese, che da uomo formatosi sulla strada è più propenso a vivere la sua condizione di gangster in maniera violenta e paranoica.
La scelta di affidare entrambi i ruoli a De Niro si rivela interessante e potenzialmente vincente, penalizzata però dalla resa complessiva del film che mostra come Levinson non riesca ad andare oltre il compitino ben confezionato.
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The Alto Knights, nonostante un soggetto decisamente interessante e promettente, perché tratto da una vera storia americana, non riesce mai a decollare rimanendo schiacciato su un singolo tema, quello ben fotografato dal sottotitolo italiano: "I due volti del crimine".
Il film infatti propone due figure di boss estremamente diverse tra loro, il pacato e accorto Frank Costello, eminenza grigia della malavita newyorkese, manipolatore e immanicato con la politica, e l’impulsivo e sospettoso Vito Genovese, che da uomo formatosi sulla strada è più propenso a vivere la sua condizione di gangster in maniera violenta e paranoica.
La scelta di affidare entrambi i ruoli a De Niro si rivela interessante e potenzialmente vincente, penalizzata però dalla resa complessiva del film che mostra come Levinson non riesca ad andare oltre il compitino ben confezionato.
Non è un caso che una delle poche sequenze davvero riuscite sia quella della riunione dei capi clan nella fattoria al confine con il Canada, quando il film vira verso la commedia, comfort zone di Levinson.
The Alto Knights celebra un’intera tradizione cinematografica americana, il gangster-movie che va da James Cagney alla carriera dello stesso De Niro.
Qua e là sembra fare capolino pure il Sergio Leone di C’era una volta in America, nell’idealizzazione dell’adolescenza condivisa nelle strade e pure in un paio di citazioni abbastanza dichiarate.
The Alto Knights intona insomma inni nostalgici ed elegiaci a un grande cinema che fu, e malgrado la sua robusta convenzionalità espressiva, il film di Levinson finisce per delinearsi come una mosca bianca fuori dal tempo se confrontato con le pratiche espressive e produttive invalse nell’attuale cinema americano.
Ma a fronte di cotanti intenti, lungo la visione del film ci interessa sempre meno di che si stia effettivamente parlando nel racconto, irrimediabilmente distratti dalla trovata del doppio ruolo affidato a De Niro.
Che è pure in grande spolvero.
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jonnylogan
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martedì 1 aprile 2025
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il crepuscolo degli dei
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Robert De Niro, reduce dal successo della miniserie catastrofica Zero Day (id.; 2025) nella quale interpreta il ruolo del presidente USA, ritorna al cinema con un doppio ruolo che lo riporta indietro di molti anni. Per la precisione a un genere (il gangster movie) con in quale ha saputo flirtare ripetutamente in alcune delle sue migliori performance; da Il Padrino - Parte II (The Godfather Part II; 1974) a Quei Bravi Ragazzi (Good Fellas; 1990) e Casinò (id.; 1995). Fino, in tempi più recenti, a The Irishman (id.; 2019). Ed è purtroppo il paragone con quest’ultima pellicola che balza direttamente all’occhio la similitudine con la vicenda, reale, riguardante due dei Boss più famosi e sanguinari della Mafia Italo Americana.
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Robert De Niro, reduce dal successo della miniserie catastrofica Zero Day (id.; 2025) nella quale interpreta il ruolo del presidente USA, ritorna al cinema con un doppio ruolo che lo riporta indietro di molti anni. Per la precisione a un genere (il gangster movie) con in quale ha saputo flirtare ripetutamente in alcune delle sue migliori performance; da Il Padrino - Parte II (The Godfather Part II; 1974) a Quei Bravi Ragazzi (Good Fellas; 1990) e Casinò (id.; 1995). Fino, in tempi più recenti, a The Irishman (id.; 2019). Ed è purtroppo il paragone con quest’ultima pellicola che balza direttamente all’occhio la similitudine con la vicenda, reale, riguardante due dei Boss più famosi e sanguinari della Mafia Italo Americana. Perché il regista Barry Levinson, pur approfittando di una fotografia eccellente firmata dal premio Oscar Dante Spinotti, e di un protagonista al solito in evidente stato di grazia, e di una fotografia eccellente firmata da Dante Spinotti, e al quale offre la possibilità di trasformarsi sia in Vito Genovese, sia in Frank Costello, non riesce a fare decollare un film che viene diretto semplicemente con il pilota automatico. Senza particolari colpi di scena e che pare la brutta copia di altre pellicole appartenenti al medesimo sotto genere.
Il regista, che aveva già diretto De Niro in Sleepers (id.; 1996), torna dietro la macchina da presa a dieci anni dalla sua ultima fatica per portare in scena la storia di un’amicizia tradita. Vissuta in un eterno ping-pong fra un passato, più volte evocato dai due ex amici, oggi rivali in affari; e presente. A nulla pare valere la sceneggiatura del novantunenne Nicholas Pileggi, amico da oltre cinque decadi di De Niro, e che seppe proporlo a Martin Scorsese e con il quale firmò sia Quei Bravi Ragazzi, sia Casinò, fino al più recente The Irishman, con il quale l’opera di Levinson spartisce l’idea del Boss a un passo dalla fine, che osserva la propria vita in un eterno rimpianto e in uno sfogo senza un domani.
Pellicola quindi che piacerà e molto se si amano i film ben confezionati, ma senza particolari sussulti e che sanno offrire una visione molto crepuscolare del mondo di cosa nostra. Consigliamo però di astenersi coloro che ricordano oltre ai succitati, anche il capolavoro di Sergio Leone: C’era una volta in America (Once Upon A Time in America; 1984) come ricordo del passato e di un'amicizia sfumata all’ombra della criminalità.
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fabio silvestre
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martedì 17 giugno 2025
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film/documentario privo di azione
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il film basato su fatti realmente accaduti viene proposto e girato dal regista Barry Levinson come una sorta di documentario romanzato dove a raccontarci la storia con la voce fuori campo è Frank Costello ed inizia con il tentato suo omicidio da parte di un componente della famiglia di Vito Genovese. Dopo lo scampato pericolo Costello, in quel momento capo dei capi delle 5 famiglie, capisce che è arrivato il momento di farsi da parte e lasciare il comando a Vito Genovese. Entrambi i protagonisti principali della pellicola sono ben interpretati da Robert De Niro grazie anche ad un efficace trucco. Ciò che però non fa decollare il film è che sostanzialmente le 2 ore scorrono lentamente senza un benché minimo di azione per una storia che invece ne poteva offrire di più e questo perché lo sceneggiatore ha puntato tutto sui lunghi dialoghi tra Costello e Genovese con le rispettive mogli, tra loro per discutere sul comando della Famiglia e sulle attività illecite.
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il film basato su fatti realmente accaduti viene proposto e girato dal regista Barry Levinson come una sorta di documentario romanzato dove a raccontarci la storia con la voce fuori campo è Frank Costello ed inizia con il tentato suo omicidio da parte di un componente della famiglia di Vito Genovese. Dopo lo scampato pericolo Costello, in quel momento capo dei capi delle 5 famiglie, capisce che è arrivato il momento di farsi da parte e lasciare il comando a Vito Genovese. Entrambi i protagonisti principali della pellicola sono ben interpretati da Robert De Niro grazie anche ad un efficace trucco. Ciò che però non fa decollare il film è che sostanzialmente le 2 ore scorrono lentamente senza un benché minimo di azione per una storia che invece ne poteva offrire di più e questo perché lo sceneggiatore ha puntato tutto sui lunghi dialoghi tra Costello e Genovese con le rispettive mogli, tra loro per discutere sul comando della Famiglia e sulle attività illecite. Tali dialoghi, a tratti un po' ripetitivi, sono il vero punto debole del film che viene inutilmente appesantito nella visione da tantissime fotografie in bianco e nero che sono poi quelle che sta scorrendo Costello nel mentre racconta la storia come se fosse un documentario. In conclusione, nonostante una buona scenografia, fotografia e costumi, e un cast di tutto rispetto, il film non coinvolge lo spettatore ed è per questo che al cinema si è rilevato un flop. Voto: 6/10.
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