
Anno | 2025 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 78 minuti |
Regia di | Antonio Pettinelli |
MYmonetro |
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Ultimo aggiornamento venerdì 20 giugno 2025
Un viaggio intimo e collettivo nel cinema di Paul Vecchiali, tra memoria, passione e visione. Un racconto d'autore che unisce arte e vita.
CONSIGLIATO N.D.
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Paul Vecchiali nel 2022 vede su un monitor il backstage delle riprese di Les gens d'en-bas, un suo film del 2010, ascolta ciò che i suoi collaboratori pensano di lui ed aggiunge osservazioni a proposito della sua concezione del fare cinema offrendo un ampio ventaglio di suggestioni ed occasioni di riflessione sulla settima arte.
Un autore nel senso pieno della parola affronta senza remora alcuna la complessità del lavoro del regista di cinema.
Chi conosce l'opera di Vecchiali sa che ha una caratteristica precipua che altri ricercano e lui ha sempre rifuggito. Si tratta dello 'stile' cioè di quel preteso quid che renderebbe riconoscibile un film come opera di un certo artista anche se non ne fosse stata chiarita l'identità. Vecchiali ha sempre creduto nell'irripetibilità dell'attimo in cui avveniva la ripresa cercando in essa (e non nel preteso 'stile') un segno identitario. Pettinelli compie un'operazione già di per sé interessante ponendo il regista (in rigoroso bianco e nero) dinanzi a un monitor sul quale scorrono (suddivise in brevi capitoli) le immagini a colori del suo lavoro di più di un decennio prima. Gli si consente cioè di accettare o meno i rilievi altrui ma anche di commuoversi dinanzi a certe affermazioni. Ne emerge un ritratto complesso e, al contempo, molto lineare e preciso in cui ci si interroga sul ruolo del regista, sulla sua quasi inevitabile attività manipolatoria che finisce però con il manifestarsi come essenziale per l'esito delle riprese.
Si dedica anche molto spazio alle modalità di lavoro con gli attori in cui utilizza metodi di approccio diversi a seconda che operi con professionisti o amatori. Il rapporto con quella che si può definire la sua musa, Hélène Surgère, viene scandagliato nell'intimità di una relazione interrotta e poi ripresa di cui si leggono le differenti reazioni di sensibilità. Mentre la visione procede ci si rende conto di quanto l'azione di questo autore sia svincolata da qualsiasi obbligo di falso ossequio. Vecchiali, a differenza di tanti suoi colleghi, non disprezza il cinema commerciale che trova fondamentalmente sincero nei suoi obiettivi dichiarati. Lo infastidiscono semmai coloro che pretendono di possedere un'autorialità che di fatto non hanno raggiunto. Ogni singola voce di questa antologia di osservazioni e pensieri ci mostra un modo di concepire la macchina cinema decisamente personale che sussisteva ancora prima di aver battuto il primo ciak e si protraeva nella ricerca di convivialità e nella formazione di una crew destinata a lavorare a lungo insieme. Se la Mostra di Venezia lo fece conoscere nel 1974 a un pubblico più ampio di quello dei cinephiles francesi bene ha fatto la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro a proporre questo documentario che, oltre a far conoscere il pensiero di questo maestro del cinema non sufficientemente ricordato, pone quesiti tuttora di attualità sul fare cinema. PS: Il significato del titolo di questo documentario va scoperto durante la visione.
Il racconto, personale e corale, di un'esistenza indissolubilmente legata al cinema, quella di Paul Vecchiali. Mayerling è il titolo del film di Anatole Litvak del 1936, che ha segnato il suo destino di cineasta ed è anche il nome della casa nel sud della Francia in cui ha vissuto e realizzato i suoi ultimi film. Un luogo in cui le storie e i personaggi si intrecciano. Storie di un cinema che è sempre stato altro rispetto al contesto comune. Tredici anni dopo l’avvio delle riprese, iniziate a settembre del 2009, Paul osserva sé stesso e i suoi collaboratori che lo raccontano. Con la stessa passione di un tempo parla del suo cinema, pensato “per invadere piuttosto che per evadere”. Un'idea di cinema, di estetica, di relazione e responsabilità con l’arte e con la vita.
Paul Vecchiali nel 2022 vede su un monitor il backstage delle riprese di Les gens d’en-bas, un suo film del 2010, ascolta ciò che i suoi collaboratori pensano di lui ed aggiunge osservazioni a proposito della sua concezione del fare cinema offrendo un ampio ventaglio di suggestioni ed occasioni di riflessione sulla settima arte.
Un autore nel senso pieno della parola affronta senza remora alcuna la complessità del lavoro del regista di cinema.
Se la Mostra di Venezia lo fece conoscere nel 1974 a un pubblico più ampio di quello dei cinephiles francesi bene ha fatto la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro a proporre questo documentario che, oltre a far conoscere il pensiero di questo maestro del cinema non sufficientemente ricordato, pone quesiti tuttora di attualità sul fare cinema.