tony
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mercoledì 5 febbraio 2025
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m.il figlio del secolo: la storia ridotta a slogan
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M. Il figlio del secolo, adattamento televisivo del romanzo di Antonio Scurati, si presenta come un prodotto ambizioso, ma il risultato finale lascia molto a desiderare. Se da un lato l’intento di raccontare l’ascesa del fascismo e di Benito Mussolini in una chiave divulgativa è apprezzabile, dall’altro la serie pecca di un approccio didascalico e semplificato che tradisce la complessità storica degli eventi.
La narrazione appare riduttiva e stigmatizzata, con una costruzione dei personaggi che spesso scivola nella caricatura. Il Mussolini di Luca Marinelli è interpretato con mestiere, ma il personaggio risulta monodimensionale, privato di quelle sfumature che ne avrebbero reso più chiaro il percorso politico e psicologico.
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M. Il figlio del secolo, adattamento televisivo del romanzo di Antonio Scurati, si presenta come un prodotto ambizioso, ma il risultato finale lascia molto a desiderare. Se da un lato l’intento di raccontare l’ascesa del fascismo e di Benito Mussolini in una chiave divulgativa è apprezzabile, dall’altro la serie pecca di un approccio didascalico e semplificato che tradisce la complessità storica degli eventi.
La narrazione appare riduttiva e stigmatizzata, con una costruzione dei personaggi che spesso scivola nella caricatura. Il Mussolini di Luca Marinelli è interpretato con mestiere, ma il personaggio risulta monodimensionale, privato di quelle sfumature che ne avrebbero reso più chiaro il percorso politico e psicologico. Il rischio di cadere in una narrazione manichea, in cui il Duce è un mero opportunista e il popolo italiano una massa cieca e facilmente manipolabile, è purtroppo concreto.
Inoltre, la serie non brilla per fedeltà storica: alcune semplificazioni narrative e licenze drammaturgiche finiscono per distorcere il quadro d’insieme, rendendo la vicenda meno incisiva e realistica. Il risultato è un affresco che sembra più pensato per un pubblico internazionale o poco informato, piuttosto che per chi cerca un approfondimento storico rigoroso.
Visivamente e stilisticamente, la serie offre una buona ricostruzione d’epoca, ma la regia e il ritmo narrativo non sempre riescono a sostenere l’intensità della vicenda. Il rischio è quello di trasformare una storia di grande rilevanza storica in un racconto quasi serializzato, senza il respiro epico e la profondità analitica che il tema avrebbe richiesto.
In definitiva, M. Il figlio del secolo è un’occasione parzialmente sprecata: sebbene si proponga di raccontare un periodo fondamentale della storia italiana, lo fa con un linguaggio che non va oltre la superficie, lasciando lo spettatore con l’impressione di un racconto incompleto e semplificato.
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davide albertocchi
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domenica 2 febbraio 2025
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inguardabile
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Di livello infimo, a parte la fotografia.. Poi quando Mussolini si rivolge alla camera (!) è pure patetico. Joe Wright non ha saputo minimamente capire e trasmettere il senso del personaggio, un'operazione ridicola e deleteria per la Storia con la esse maiuscola 🙄
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davide albertocchi
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domenica 2 febbraio 2025
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inaccettabile..
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Fiction della peggior specie, ove il povero Marinelli è costretto a parlare in camera riducendo il tutto in una farsa! Inguardabile ed irritante con bugie storiche disseminate ovunque.. Complimenti.
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andrea cristalli
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sabato 1 febbraio 2025
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bello
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è facile essere fascisti in una democrazia
più difficile essere democratici in uno stato fascista. Una serievstupefacente che rende il giusto ridicolo ad un personaggio nauseabondo che giustamente la storia ha sepolto per sempre. Grande Regia , grande cast.
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jonnylogan
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mercoledì 29 gennaio 2025
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quel pataca di m
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Traendo spunto dal romanzo omonimo di Antonio Scurati, vincitore del Premio Strega 2019, presente anche fra gli sceneggiatori dell’opera, il cinquantaduenne regista Joe Wright afferra a piene mani l’idea di portare in scena uno dei personaggi più controversi dello scorso secolo, ponendolo al centro di una narrazione che ne faccia il protagonista assoluto. Alimentandone l’aura malata grazie a un espediente narrativo già impiegato nel corso del romanzo, per mezzo di uno sguardo in soggettiva su tutto quel che avviene. Offrendocelo nelle vesti di un uomo legato alla sua terra d’origine, la Romagna, della quale conserva la cantilenante parlata, i modi di dire, e una coniuge (Rachele) con la quale ha creato una famiglia numerosa e apparentemente solida.
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Traendo spunto dal romanzo omonimo di Antonio Scurati, vincitore del Premio Strega 2019, presente anche fra gli sceneggiatori dell’opera, il cinquantaduenne regista Joe Wright afferra a piene mani l’idea di portare in scena uno dei personaggi più controversi dello scorso secolo, ponendolo al centro di una narrazione che ne faccia il protagonista assoluto. Alimentandone l’aura malata grazie a un espediente narrativo già impiegato nel corso del romanzo, per mezzo di uno sguardo in soggettiva su tutto quel che avviene. Offrendocelo nelle vesti di un uomo legato alla sua terra d’origine, la Romagna, della quale conserva la cantilenante parlata, i modi di dire, e una coniuge (Rachele) con la quale ha creato una famiglia numerosa e apparentemente solida. Un uomo che però ha deciso di migrare prima a Milano, e successivamente a Roma, esclusivamente per assecondare un’insaziabile brama di potere per la quale:
“𝐶𝑜𝑠𝑎 𝑚𝑖 𝑖𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎 𝑠𝑒 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑙’𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑜𝑑𝑖𝑎𝑣𝑜 𝑑𝑎 𝑟𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑜? 𝐼𝑜 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑏𝑒𝑠𝑡𝑖𝑎 𝑐𝑜𝑒𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒, ℎ𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖, 𝑡𝑟𝑎𝑑𝑖𝑠𝑐𝑜 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜.”
– Benito Mussolini
Luca Marinelli nel ruolo del Duce offre una prova sontuosa, riuscendo a dare al personaggio un’impronta volutamente teatrale, per non dire macchiettistica. Sfondando più volte la quarta parete attraverso spiegazioni puntuali e volutamente comiche, ma che non per questo risultano meno lugubri e non emendabili.
Gli altri ruoli sono tutti occupati, dal primo all’ultimo, da un gruppo di attori capaci di assestarsi sui medesimi standard e toni offerti dal protagonista. Due attori su tutti, senza dimenticarci altri interpreti; il trentunenne casertano Francesco Russo, nei panni del confidente e amico della prima ora del Duce: Cesare Rossi. E la faentina Benedetta Cimatti, già vista fra i protagonisti de L’ispettore Coliandro (id.; 2006 – in prod.), che qui impersona invece il difficile ruolo di Rachele Mussolini, una donna sradicata dalla sua Romagna per seguire il marito, ma che per tutta risposta da questi viene ignorata a favore di altre donne. Tutto il cast, nessuno escluso, riesce a offrire prove che rimangono sempre in perenne bilico fra il pathos degli ideali fascisti, il comico delle esternazioni e la tragedia dei fatti. Riuscendo a portare al termine una mini serie che a oggi è fra le più viste e al tempo stesso controverse del variegato mondo della serialità. Vuoi per i temi trattati, vuoi per come sono stati trattati. Ovvero con un taglio non certo comune che rischia di offrire l’idea di un Mussolini a capo di un movimento quasi comico e quindi scusabile. Ma anche per alcune imprecisioni storiche che già al momento dell’uscita del romanzo avevano fatto storcere la bocca ai lettori e agli esperti più attenti.
A oggi non si sa se anche i quattro volumi successivi firmati da Scurati, relativi all’ascesa e caduta del ventennio fascista, saranno trasformati in nuovi prodotti a beneficio del pubblico delle piattaforme. Ma è certo che questa prima serie, che interrompe la propria parabola in corrispondenza dell’omicidio dell’onorevole Giacomo Matteotti, potrà piacere a chi desidera crearsi un’idea un po’più precisa di come si siano svolti alcuni accadimenti, per quanto filtrati dal mezzo televisivo, immergendosi in un periodo storico distante ma non del tutto remoto, il tutto senza preclusioni di sorta, che siano politiche o di stampo puramente ideologico. A chi apprezza le storie capaci di mantenerti ancorato alla poltrona, pur conoscendone l’epilogo. E soprattutto a tutti coloro che desiderano vedere all’opera uno dei migliori attori di casa nostra attualmente in circolazione.
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fabio pastorelli
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sabato 25 gennaio 2025
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oscenit? senza uguali
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In primis non capisco dove si possa trovare un nesso con il libro di Scurati oltre il titolo. Per il resto un'accozzaglia di scenette derisorie nella figura di Mussolini e inesattezze storiche di pura fantasia. Che dire, un'occasione persa per portare sullo schermo un periodo storico così controverso, diversamente una serie di grotteschi episodi con evidenti falsi storici conditi da una pessima regia
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uppercut
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sabato 11 gennaio 2025
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la storia formato scenetta
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Prima puntata de Il figlio del Secolo... un frullatone che non puoi reggere oltre la pausa pubblicitaria di metà percorso. E ti chiedi come abbia potuto reggere l'intera serie tv (otto puntate!) lo stesso povero Luca Martinelli, costretto in una performance univoca, maldestra, decisamente inferiore ai tormentoni di Bracardi per acume, capacità parodistica, incisività... Un teatrino da scenetta malriuscita in stile Gialappa's Show, a volte anche citazione di 4 Ristoranti (con il Benito che si volge alla camera mentre è a tavola...), a volte tentativo, in fondo tenero nella sua velleità, di emulare Wes Anderson piuttosto che altri geni che non è il caso neppure di citare, tale è la distanza tra questo pastiche asfittico di una noia mortale e altri modelli di Storia reinventata in forma parossistica, che rimangono, per l'appunto, inarrivabili.
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Prima puntata de Il figlio del Secolo... un frullatone che non puoi reggere oltre la pausa pubblicitaria di metà percorso. E ti chiedi come abbia potuto reggere l'intera serie tv (otto puntate!) lo stesso povero Luca Martinelli, costretto in una performance univoca, maldestra, decisamente inferiore ai tormentoni di Bracardi per acume, capacità parodistica, incisività... Un teatrino da scenetta malriuscita in stile Gialappa's Show, a volte anche citazione di 4 Ristoranti (con il Benito che si volge alla camera mentre è a tavola...), a volte tentativo, in fondo tenero nella sua velleità, di emulare Wes Anderson piuttosto che altri geni che non è il caso neppure di citare, tale è la distanza tra questo pastiche asfittico di una noia mortale e altri modelli di Storia reinventata in forma parossistica, che rimangono, per l'appunto, inarrivabili. Incredibile che si sia investito davvero tanto in un simile progetto... Al di là dell'allestimento scenico o degli effetti digitali, fa male vedere tanti professionisti, o interpreti quali Paolo Pierobon, chini sui remi per spingere una barca che fra mille urla, spruzzi, "Avanti!", sembra non muoversi di un metro. E' la nuova schiavitù mediale: si spinge al massimo, tutti insieme, facendo finta di essere in mare aperto, lanciati in chissà quale avventura, e intanto nessuno si è ricordato di mollare gli ormeggi.
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(di fabio pastorelli)
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[+] imbarazzante....
(di serpina)
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