Episodi: 8
Regia di
Sydney Sibilia,
Francesco Capaldo,
Alice Filippi.
Recensione
di a cura della redazione
NORD SUD OVEST EST
La serie è un coming-of-age che racconta la storia di Max Pezzali e Mauro Repetto e la genesi di alcune delle canzoni più famose degli 883. Max, interpretato dall'esordiente Elia Nuzzolo (Mike), e Mauro (Matteo Oscar Giuggioli - Vostro Onore, Gli invisibili, Il filo sottile) sono due classici "underdog": un nerd e un entusiasta che grazie alla musica diventano gli improbabili eroi di una storia in grado di far cantare ed emozionare ancora oggi intere generazioni di fan.
Episodi: 8
Regia di
Francesco Capaldo,
Alice Filippi,
Sydney Sibilia.
Una serie che cattura concretamente l'atmosfera di un'epoca
Recensione
di Gabriele Prosperi
HANNO UCCISO L'UOMO RAGNO
La serie è un coming-of-age che racconta la storia di Max Pezzali e Mauro Repetto e la genesi di alcune delle canzoni più famose degli 883. Max, interpretato dall'esordiente Elia Nuzzolo (Mike), e Mauro (Matteo Oscar Giuggioli - Vostro Onore, Gli invisibili, Il filo sottile) sono due classici "underdog": un nerd e un entusiasta che grazie alla musica diventano gli improbabili eroi di una storia in grado di far cantare ed emozionare ancora oggi intere generazioni di fan.
Max e Mauro, due ragazzi di Pavia, si incontrano per caso e iniziano a condividere il sogno di entrare nel mondo della musica. Dopo una serie di eventi fortuiti e imprevedibili, iniziano a comporre canzoni e a esibirsi in piccoli eventi locali. Nonostante i primi flop, la loro determinazione attira l'attenzione di Claudio Cecchetto, produttore che li guida verso il successo con il progetto musicale degli 883. Da qui, la loro vita cambia radicalmente.
Potremmo ragionare su questa serie per giorni, affrontando diverse tematiche: dall'evocazione della nostalgia (che ormai è un argomento pleonastico) degli anni '90, all'importanza di Claudio Cecchetto, dalla quotidianità dei due giovani maturandi nel 1988, alla verosimiglianza, se volete, o a quanto la serie sia fedele alle ben tre autobiografie di Max Pezzali... Ma forse è più interessante parlare della generazione a cui è rivolta Hanno ucciso l'uomo ragno, del suo target.
Avete presenti quei film, quelle canzoni, quei prodotti che riescono a catturare lo spirito del tempo? I cult: quegli strani oggetti che riescono a incarnare una generazione intera e che sanno raccontare tanto i sogni quanto le paure di una società in evoluzione. Umberto Eco definiva il cult come un fenomeno che supera il livello del successo economico per divenire icona sociale, descrivendo e riassumendo un'epoca in tutti i suoi elementi caratteristici.
Sono fenomeni che, spesso, non nascono con l'intenzione di diventare tali. Eco, parlando di Casablanca, scriveva, «non è un film: è molti film, un'antologia. Fatto a casaccio, si è probabilmente fatto da solo, se non contro la volontà dei suoi autori ed attori». Insomma, il suo potere emerge al di là del controllo di chi ne è autore, portando l'opera a diventare qualcosa di più di ciò che era stato immaginato. Quale miglior modo per definire gli 883?
Se pensiamo al duo, non possiamo fare a meno di riconoscere la loro capacità di rappresentare una generazione intera. Il gruppo ha incarnato un'epoca, diventando un vero e proprio simbolo culturale, un oggetto di culto che ha segnato profondamente la cultura popolare italiana. Pezzali e Repetto hanno raccolto in sé i sogni e le contraddizioni della generazione X, quella generazione disillusa che aveva a disposizione strumenti infiniti ma poche certezze su come utilizzarli. Sempre Eco diceva: «due cliché ci fanno ridere, cento cliché ci commuovono». Gli 883 hanno costruito il loro successo su elementi semplici, talvolta anche banali, ma capaci di parlare direttamente al pubblico. Le loro canzoni sono diventate una sorta di dialogo tra cliché, elementi narrativi che si ripetono, ma che proprio per questo creano un senso di familiarità e commozione, unendo ordinario e iconico, comune e simbolico, diventando la colonna sonora di un'epoca.
La regia di Sydney Sibilia e dei co-registi Alice Filippi e Francesco Ebbasta riesce a mantenere il tono leggero e scorrevole per tutta la serie, confermando lo stile che il regista ha già affermato nei suoi lavori precedenti. Malgrado le molte consuetudini produttive, che rendono soprattutto alcuni episodi centrali dispersivi e infarciti di omaggi alle canzoni del duo, la serie effettivamente racconta molto bene la generazione X (1965 -1980), caratterizzata da un mix di autosufficienza, scetticismo e adattabilità. I "latchkey kids", quei bambini che tornavano a casa da scuola senza la supervisione di un adulto, rafforzando il loro senso di indipendenza in un periodo contraddistinto da progressi tecnologici come l'introduzione dei computer e dei videogiochi.
La prima generazione tecnologicamente esperta (e perciò inesperta), quindi a tratti cinica, sicuramente disillusa. Persone che, pur avendo a disposizione moltissimi strumenti, non sapevano come utilizzarli. In altre parole: Max Pezzali e Mauro Repetto! Questa generazione, priva di ideali, si trovava spesso in balia del vuoto, senza una direzione precisa da seguire. Ed è proprio questo senso di smarrimento che attraversa la serie, incarnato non solo nel contesto sociale, ma anche nei suoi protagonisti.
Max Pezzali, ad esempio, non sa suonare alcuno strumento, e inizialmente non aveva alcuna vera competenza musicale. Il sogno di Repetto era di diventare un DJ, non un cantante (e in effetti poi non lo è diventato!). Si trovano, per caso, a fare musica, anzi a poter fare musica, senza sapere esattamente come, e questa sensazione di incertezza, di tentativo quasi casuale, permea tutta la serie. In ogni scena risuona questo stato di confusione, di fronte a un mondo pieno di opportunità, senza una reale guida su come sfruttarle.
Ma il vero merito di Hanno ucciso l'uomo ragno è di averci finalmente spiegato a cosa servisse Mauro Repetto! Anche noi millennials ce lo siamo domandati per tutta la nostra infanzia. Da sempre ci si è chiesti quale fosse realmente il suo ruolo all'interno del gruppo. Sicuramente non aveva quello canoro, limitandosi al massimo a fornire le seconde voci. Divenne famoso per le sue coreografie improvvisate... ma rimaneva questo tremendo dubbio esistenziale: a cosa serviva Mauro Repetto negli 883? Un interrogativo diventato così frequente da trasformarsi in un vero e proprio modo di dire, se non in un insulto: "Sei utile come Mauro Repetto".
È vero, non sembrava avere una funzione precisa nel gruppo, ma proprio come i giovani della generazione X si trovavano a navigare in un mare di possibilità senza una direzione chiara, così, anche lui, diede vita agli 883 ritrovandocisi poi senza un ruolo definito. La sua presenza scenica, fatta di movimenti spontanei e improvvisati, lo ha reso un elemento distintivo del duo, ma anche simbolo di quel vuoto funzionale, forse il vero "fattore cult" che ha permesso al gruppo di diventare iconico di quell'apparente mancanza di direzione che caratterizzava i giovani dell'epoca. Come tanti della sua generazione, Repetto si trova a fare qualcosa senza sapere esattamente come o perché, e questo lo rende una figura emblematica del suo tempo. E, al contempo, lo rende il grande sconfitto di questa serie, tanto che nel finale vi chiederete se Repetto non farà querela agli autori.
La sua figura di ballerino estemporaneo, che inizialmente poteva sembrare superflua, diventa invece parte integrante dell'identità visiva del gruppo. Questa apparente contraddizione tra visibilità e percepita inutilità è il riflesso perfetto dello smarrimento generazionale che la serie riesce, così, pienamente a raccontare.
Grazie a queste due precise caratterizzazioni narrative (quella generazionale e il ruolo di Repetto) la serie cattura concretamente l'atmosfera di un'epoca, e lo fa con naturalezza e leggerezza, senza sovrastrutture epiche, raccontando la storia di ragazzi comuni che hanno raggiunto il successo. La serie rispecchia con semplicità l'essenza delle canzoni degli 883, ben mescolate ad altre tracce iconiche degli anni '90, e stimola le corde emotive di chi ha vissuto quegli anni, rinunciando a facili eroismi... non perché ci sia una qualche svolta nel biopic all'italiana, ma semplicemente perché i protagonisti non sono eroi.
Nel 1992 in Italia morì l'Uomo Ragno e serviva qualcuno che ne prendesse il posto. Qualcuno ci provò ballando, qualcun altro con qualche barzelletta.