gabriella
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lunedì 3 marzo 2025
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una denuncia al megafono
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Dopo " Il male non esiste", il regista, sceneggiatore iraniano Mohammad Rasoulof più volte condannato in patria, imprigionato a causa dei suoi film ora esiliato in Germania,, riesce a veicolare un altro potente e significativo lavoro mostrandoci un paese dove la vita stessa è una prigione. Quando non si possono fare film che denunciano la mancanza di libertà, quando si vive nella paura di fare o dire cose sbagliate, quando ogni gesto quotidiano viene interpretato, condannato , represso, umiliato, credo sia questo il meccanismo che si innesca in chi ha voglia di raccontare la verità, quasi tutto il cast che ha recitato nel film è riuscito a lasciare il paese, alcuni clandestinamente, con l'accusa di propaganda contro il regime e di corruzione e attentati alla sicurezza pubblica.
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Dopo " Il male non esiste", il regista, sceneggiatore iraniano Mohammad Rasoulof più volte condannato in patria, imprigionato a causa dei suoi film ora esiliato in Germania,, riesce a veicolare un altro potente e significativo lavoro mostrandoci un paese dove la vita stessa è una prigione. Quando non si possono fare film che denunciano la mancanza di libertà, quando si vive nella paura di fare o dire cose sbagliate, quando ogni gesto quotidiano viene interpretato, condannato , represso, umiliato, credo sia questo il meccanismo che si innesca in chi ha voglia di raccontare la verità, quasi tutto il cast che ha recitato nel film è riuscito a lasciare il paese, alcuni clandestinamente, con l'accusa di propaganda contro il regime e di corruzione e attentati alla sicurezza pubblica. Lo specchio della realtà è rappresentato da una famiglia, un padre, Iman che ottiene una promozione sul lavoro come giudice istruttore del tribunale, diventando così strumento e complice di un apparato che giudica e condanna , la moglie che si trova a gestire una situazione che le sta sfuggendo di mano, tenere a bada due figlie adolescenti che grazie a un’amica militante, iniziano ad aprire gli occhi e attraverso i social farsi un’idea del cumulo di menzogne raccontate dal regime, e tenere calmo il marito accudendolo in tutto ed evitargli qualsiasi fonte di preoccupazione. Le strade della capitale sono in fermento per l’uccisione di Masha Amini, studentesse manifestanti che si tolgono il velo in segno di protesta , tafferugli e scontri con le forze dell’ordine, il mondo sta esplodendo, le figlie di Iman sostengono segretamente la rivoluzione e iniziano a contestare apertamente il padre. Ma improvvisamente la pistola di ordinanza di Iman sparisce , fatto gravissimo che potrebbe nuocergli pesantemente su lavoro e carriera, l’uomo diventa paranoico, inizia a sospettare di moglie e figlie, dando luogo a un’indagine serrata che diventa sempre più violenta, fino a oltrepassare ogni limite ,A questo punto il ritmo del film diventa teso, sostenuto , prende forma quel senso di minaccia che si preannuncia già dalle prime scene, nell’ apparente calma familiare, tutte le convinzioni, la falsa bolla rassicurante di un legame solido, si stanno sgretolando, inesorabilmente e implacabilmente, quando si comprende che la libertà significa disobbedienza, quando non si ha più la forza di chinare il capo e di perdonare. Perchè vederlo? Perchè è un film coraggioso, che parla alle nostre coscienze e ci impedisce di girarci dall’altra parte, perché ci mostra una verità imbavagliata , offesa , deturpata, chiusa a chiave.
PS: sono convinta che il valore e l’importanza del messaggio non avrebbero sminuito un film sgravato di una ventina di minuti.
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marco
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sabato 1 marzo 2025
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inizia bene,per finire in un pippone femminista
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Ormai non se ne esce,in occidente i film,per essere considerati dalla critica devono parlare di:
Femminismo
Ambientalismo
Tematiche LGBT
Immigrazione
Anche questo non fa specie,parte bene,condannando una teocrazia feroce e il liberare,come in tutto l'islam,ma guai a parlare di islam,meglio parlare di patriarcatoh... è più di moda
Sono quei film lenti che potrebbero durare metà e avrebbero detto uguale
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ofelia
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giovedì 27 febbraio 2025
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la giustizia
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Ancora una volta Mohammad Rasoulof non lascia domande ma rappresenta la realtà iraniana in tutto il suo 'splendore'! Fortemente claustrofobico e narrato con una precisione di dialogo che fotografa ogni personaggio in toto. Dalla metafora della pianta del fico che ingloba l'albero ospite, allo stesso modo, questa volta la condanna è destinata alla più alta rappresentazione della "giustizia" attraverso per l'appunto: un giudice. Inediti doc forse troppo offuscati ma significativi della sceneggiatura. Non a caso infatti la testimonianza di Mahsa Amini e un chiaro TG con il nome Giorgia Meloni. Fortemente claustrofobico e inizialmente di una repressione indigesta, senza sconti.
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Ancora una volta Mohammad Rasoulof non lascia domande ma rappresenta la realtà iraniana in tutto il suo 'splendore'! Fortemente claustrofobico e narrato con una precisione di dialogo che fotografa ogni personaggio in toto. Dalla metafora della pianta del fico che ingloba l'albero ospite, allo stesso modo, questa volta la condanna è destinata alla più alta rappresentazione della "giustizia" attraverso per l'appunto: un giudice. Inediti doc forse troppo offuscati ma significativi della sceneggiatura. Non a caso infatti la testimonianza di Mahsa Amini e un chiaro TG con il nome Giorgia Meloni. Fortemente claustrofobico e inizialmente di una repressione indigesta, senza sconti. Il protagonismo femminile nel ventaglio tra oppressione e libertà. Piombini rimossi dal viso di una manifestante e cestinati in un lavandino con lo scorrere dell'acqua. Ma nulla scorre qui, il piombo è radicamento, ignoranza, potere economico e perdita dei valori più grandi quali, la propria famiglia.
Tutto inizia da un arma da fuoco e tutto ruota intorno ad essa per cambiarne la storia
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athos
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martedì 25 febbraio 2025
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un piccolo borghese
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Ottimo film di denuncia, freddo come il ghiaccio. Un uomo piccolo borghese che fa carriera come giudice approfittando della dittatura religiosa. Il regista, che fortunatamente è riuscito a riparare all'estero, ha descritto la società iraniana uguale a quella occidentale, con tanto di casa con tutti i confort, cellulari, e in generale un auspicabile benessere. La religione non si vede e non si sente, è solo la dittatura che trapela dalle immagini e infetta l'uomo a piegarsi davanti ai suoi doveri. Piaciuto.
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cardclau
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venerdì 21 febbraio 2025
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i maschi contro le femmine
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Il film Il seme del fico sacro (The Seed of the Sacred Fig) di Mohammad Rasoulof è sponsorizzato da Arte France e Arte Deutschland, altrimenti quello che succede in quel paese sarebbe invisibile e coperto dalle bugie del regime. Ho visto numerosi film iraniani che denunciano un sistema assolutamente liberticida, una dittatura a fondo religioso, dove viene suggerito che tutto appartiene a Dio, e che Dio vuole quello che vuole e che mette il naso su ogni cosa. Dio che ci ha creato (secondo loro) solo per essere di lui schiavi. Mentre è il primo a volerne la libertà: altrimenti quale sarebbe il senso di una adorazione, ottenuta sotto costrizione? In questo film viene approfondito quell’aspetto particolarmente inquietante di un sistema che per sopravvivere deve mettere i maschi contro le femmine, i padri contro le famiglie, favorendone l’ambiguità e l’incomunicabilità, specie quando ai maschi viene assegnato del potere e qualche soldo in più.
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Il film Il seme del fico sacro (The Seed of the Sacred Fig) di Mohammad Rasoulof è sponsorizzato da Arte France e Arte Deutschland, altrimenti quello che succede in quel paese sarebbe invisibile e coperto dalle bugie del regime. Ho visto numerosi film iraniani che denunciano un sistema assolutamente liberticida, una dittatura a fondo religioso, dove viene suggerito che tutto appartiene a Dio, e che Dio vuole quello che vuole e che mette il naso su ogni cosa. Dio che ci ha creato (secondo loro) solo per essere di lui schiavi. Mentre è il primo a volerne la libertà: altrimenti quale sarebbe il senso di una adorazione, ottenuta sotto costrizione? In questo film viene approfondito quell’aspetto particolarmente inquietante di un sistema che per sopravvivere deve mettere i maschi contro le femmine, i padri contro le famiglie, favorendone l’ambiguità e l’incomunicabilità, specie quando ai maschi viene assegnato del potere e qualche soldo in più. Ma a che prezzo? A un prezzo pagato molto caro perché per avere questi benefici, occorre scavalcare quei confini, quei limiti, che oltrepassati frantumano per sempre il senso dell’onore, dell’identità, dell’umanità. Rendendoti solo un servitore, un cagnetto capace solo di scodinzolare al padrone. Gli attori sono formidabili, il padre giustamente un po' ottuso e limitato (che confonde il potere a lui estraneo con l'appartenervi); la madre e le figlie coraggiose, con un bisogno di cambiamento spettacolare.
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francesca meneghetti
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giovedì 20 febbraio 2025
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una dittatura teocratica infestante come il fico sacro (ma che lento!)
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Non bastano le scene finali che riprendono le manifestazioni di Donne, vita e libert?, e il gesto di vittoria di una ragazza in moto per sollevare lo spettatore, trascinato per quasi tre ore in un vortice di rabbia e frustrazione. Sollecitare la prima emozione tra le due era sicuramente nelle intenzioni del regista iraniano, Mohammed Rasoulof, pi? volte perseguitato, riuscito a fuggire e a riparare in Germania: aver sperimentato direttamente la violenza e la pervasivit? di una teocrazia che, al pari della pianta infestante del fico sacro, attecchisce ovunque e prospera in modo parassitario, gli d? di certo una forte carica polemica ai fini di una pubblica denuncia. Le sue intenzioni, e ci? che ha realizzato, servono a fare de Il seme del fico sacro, una bandiera, espressione dell?opposizione al regime governato dall?Ayatollah Ali Khamenei (e per questo il film ? sostenuto dalla critica cinematografica e dalle ?lites che governano i premi).
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Non bastano le scene finali che riprendono le manifestazioni di Donne, vita e libert?, e il gesto di vittoria di una ragazza in moto per sollevare lo spettatore, trascinato per quasi tre ore in un vortice di rabbia e frustrazione. Sollecitare la prima emozione tra le due era sicuramente nelle intenzioni del regista iraniano, Mohammed Rasoulof, pi? volte perseguitato, riuscito a fuggire e a riparare in Germania: aver sperimentato direttamente la violenza e la pervasivit? di una teocrazia che, al pari della pianta infestante del fico sacro, attecchisce ovunque e prospera in modo parassitario, gli d? di certo una forte carica polemica ai fini di una pubblica denuncia. Le sue intenzioni, e ci? che ha realizzato, servono a fare de Il seme del fico sacro, una bandiera, espressione dell?opposizione al regime governato dall?Ayatollah Ali Khamenei (e per questo il film ? sostenuto dalla critica cinematografica e dalle ?lites che governano i premi). Ma il ritmo ? lento e la mano del regista pesante. ? necessario indugiare per istanti interminabili, con primo piano, sul volto di una ragazza devastato da pallini di piombo? Preciso: se la volont? ? denunciare una dittatura, ha senso l?inquadratura, ma l?insistenza diventa ossessiva. Si giustifica, ma la rabbia che ne scaturisce resta senza prospettive (finir? mai il regime iraniano?). Di qui la frustrazione e l?amarezza. La sceneggiatura, di per s?, ? ottima. Vediamo la trama. C?? una famiglia benestante di Teheran. Lui ? un giudice in carriera molto religioso, che ha appena avuto un avanzamento di carriera. All?inizio sembra una persona mite, dotata di moralit?: va in crisi quando scopre di dover autorizzare, senza verifica, una condanna a morte per blasfemia. Poi, di fronte alle tensioni generate dalle manifestazioni contro l?assassinio di Mahsa Amini, e, soprattutto dallo smarrimento della pistola che gli ? stata consegnata dai superiori, entra in una spirale di paura e sospetto, che lo porter? a mettere sotto processo, in un delirio paranoico politico e religioso, moglie e figlie. Queste, prima che il padre perda il lume della ragione, avevanoesprimono il loro dissenso dalla dittatura, avendo assistito a scene violente di repressione ingiustificata, anche attraverso i video che circolano tra i giovani con i telefonini. La moglie ? il personaggio pi? ambiguo: vezzeggia e cura in modo ancillare il marito (per amore suo o dei benefit che derivano dalla sua carriera?), ma non pu? sopprimere un naturale istinto di protezione verso le figlie. Pertanto il film mette in scena un dramma di famiglia shakesperiano ricco di colpi di scena. Peccato per la lentezza eccessiva di alcune sequenze. Si potrebbe obiettare che sono funzionali al racconto: personalmente credo che la storia non sarebbe stata impoverita da alcuni tagli, specie nella prima parte, essendo la seconda pi? dinamica, anche perch? si esce, finalmente, dagli spazi interni, soffocanti, per aprirsi a un paesaggio selvaggio e primordiale. Alla fine, metabolizzati i sentimenti negativi di cui si ? detto all?inizio, si vorrebbe brindare con un calice decisamente alcolico non solo alla democrazia e alla libert?, ma anche alla laicit?. Se non all?ateismo... PS. ho trovato ingannevole il trailer, ma anche il titolo, la cui poesia ? negata dalla brutalit? della realt
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