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Una una serie Netflix su un argomento che oggi si direbbe divisivo: la versione degli sconfitti nella guerra per l'unitá d' Italia e nella successiva repressione per la " pacificazione " del paese ossia l'imposizione, giusta o sbagliata che fosse, della visione " piemontese" dello Stato. Un sovrano che si proclama Re d' Italia ma impone lo statuto del Piemonte e si chiama Vittorio Enanuele non senza numero ma Secondo, seguendo cioè il primo Re di Sardegna e non d' Italia, non poteva essere amato dai poveri cafoni della Terra di Lavoro, della Basilicata,della Capitanata, della Basilicata o del Vulture, che avevano creduto al miraggio garibaldino, subitaneamente svanito una volta messo l'Eroe in condizioni di non nuocere, impedendogli di arrivare a Roma.Allora ecco i briganti, i partigiani borbonici,gli avventurieri, le brigantesse da un lato e i crudelissimi Cialdini, Fanti etc. dall'altra.Atrocità e misfatti da ambo i lati.Niente di tutto questo è la serie: buona l'idea del dialetto lingua sottotitolata principale, buona l'idea delle Brigantesse al centro della storia, buoni nel complesso i costumi briganteschi e le armi usate, pessimi quelli militari, pessima la figura di un Generale senza truppe che sembra uno sbirro dello sceriffo di Nottingham. Insomma le idee, per quanto confuse, ci sono, manca il collegamento con la Storia e con la storia minima. Un plot insicuro ma attori e attrici promettenti. Una bella occasione sprecata, forse, ma se sotto il profilo commerciale funziona, e pare di sì, bene viva i Briganti di Netflix ( e viva sempre Garibaldi!)
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fram
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venerdì 3 maggio 2024
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viva i briganti?
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D''accordo con la recensione, molto meno con la conclusione "viva i Briganti di Netflix". Se, come giustamente evidenziato, nella serie appare evidente la scarsa aderenza sia alla storia "minima" sia al più generale contesto storico, al quale le vicende raccontate appaiono solo flebilmente e malamente collegate, non me la sento proprio di inneggiare ai "Briganti di Netflix". Com''è noto, il bigantaggio ottocentesco meridionale negli ultimi anni ha subìto un maldestro tentativo di revisionismo tendente a rivalutarne presunti e mai provati aspetti "patriottici". Infatti, la serie ha immediatamente ricevuto il plauso ufficiale dei movimento "neoborbonico" che, con evidente soddisfazione, ha visto trasformati in eroi quelli che in realtà erano solo pericolosi delinquenti assoldati, per conto dei Borbone di Napoli, dal cardinale Ruffo e dai suoi compari.
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D''accordo con la recensione, molto meno con la conclusione "viva i Briganti di Netflix". Se, come giustamente evidenziato, nella serie appare evidente la scarsa aderenza sia alla storia "minima" sia al più generale contesto storico, al quale le vicende raccontate appaiono solo flebilmente e malamente collegate, non me la sento proprio di inneggiare ai "Briganti di Netflix". Com''è noto, il bigantaggio ottocentesco meridionale negli ultimi anni ha subìto un maldestro tentativo di revisionismo tendente a rivalutarne presunti e mai provati aspetti "patriottici". Infatti, la serie ha immediatamente ricevuto il plauso ufficiale dei movimento "neoborbonico" che, con evidente soddisfazione, ha visto trasformati in eroi quelli che in realtà erano solo pericolosi delinquenti assoldati, per conto dei Borbone di Napoli, dal cardinale Ruffo e dai suoi compari. Di "patriottismo", dunque, come si vorrebbe far immaginare, nemmeno l''ombra. Vedo invece manifestarsi il pericolo di aggiungere ulteriore confusione ad un triste capitolo della storia del nostro risorgimento che, anche in una serie televisiva, andrebbe affrontato con maggiore serietà, e non trattato come una specie di "Pirati dei Caraibi". (P.S.: D''accordissimo invece con "viva sempre Garibaldi!": il vero eroe che, disgustato dalla politica, finì i suoi giorni a coltivare fagioli sull''isola di Caprera).
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