
La vita del grande musicista Maurice Ravel in un biopic convenzionale dove però spicca la cura per la fotografia e per il sonoro. In anteprima al Milano Film Festiva e prossimamente al cinema.
di Claudia Catalli
Il francese Maurice Ravel è un ragazzo con un orecchio speciale. La vita sulle prime non sembra sorridergli tuttavia fa incontri che segneranno la sua vita e la sua carriera, come quello con Ida Rubinstein, Marguerite Long, Misia Sert e anche con l'America, dove conosce il jazz. Da una parte c'è il lavoro forsennato per la composizione definitiva del Boléro, dall'altra l’incombere della malattia neurologica.
È un film maniacale e ossessivo, Boléro di Anne Fontaine. Liberamente tratto dalla monografia su Maurice Ravel di Marcel Marnat, mira a narrare la genealogia della celebre composizione del musicista da cui assume il titolo. Il racconto biografico si sviluppa in modo ordinario e piuttosto convenzionale. La sua ossessione per la composizione prende sempre più il sopravvento sulla vita, diventando totalizzante, come spesso capita di vedere nei biopic, filone a cui questo film finisce per non aggiungere un vero tassello di novità. Resta tuttavia affascinante la fotografia curata da Yves Angelo, così come rimangono impresse le musiche originali di Bruno Coulais.