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felicity
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venerdì 20 giugno 2025
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un film sulle relazioni uniche ma universali
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A Real Pain è un film che dalla voragine di un dislivello comunicativo, quello tra i due cugini ebrei David e Benji, ingaggia una riflessione sul ruolo e su cosa significa essere la terza generazione discendente di sopravvissuti a un genocidio. Pone il dilemma tra il morale e lo storico, sul come commemorare il ricordo di un’esistenza tragica e dirompente come quella attraversata dai propri nonni, che sono stati anche i primi immigrati e a metter radice a cavallo tra due mondi.
David non sembra particolarmente turbato dalla domanda, mentre Benji, che rifiuta ogni norma e buona maniera, non è a suo agio.
È giusto permettersi questo esorcismo praticandolo mentre si percorre un luogo, la Polonia, che è stata fonte di così tanta sofferenza per gli avi a bordo di posti in prima classe, alberghi confortevoli e lauti pasti?
Anche qui emerge insomma un dislivello, che sta nella differenza di allineamento tra il vissuto personale e quello comunitario, con una narrazione individuale che è sempre ancorata al corale, che lo subisce e lo influenza.
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A Real Pain è un film che dalla voragine di un dislivello comunicativo, quello tra i due cugini ebrei David e Benji, ingaggia una riflessione sul ruolo e su cosa significa essere la terza generazione discendente di sopravvissuti a un genocidio. Pone il dilemma tra il morale e lo storico, sul come commemorare il ricordo di un’esistenza tragica e dirompente come quella attraversata dai propri nonni, che sono stati anche i primi immigrati e a metter radice a cavallo tra due mondi.
David non sembra particolarmente turbato dalla domanda, mentre Benji, che rifiuta ogni norma e buona maniera, non è a suo agio.
È giusto permettersi questo esorcismo praticandolo mentre si percorre un luogo, la Polonia, che è stata fonte di così tanta sofferenza per gli avi a bordo di posti in prima classe, alberghi confortevoli e lauti pasti?
Anche qui emerge insomma un dislivello, che sta nella differenza di allineamento tra il vissuto personale e quello comunitario, con una narrazione individuale che è sempre ancorata al corale, che lo subisce e lo influenza. Perché il dolore storico e collettivo riecheggia, filtrato attraverso l’integrazione di determinati valori in un nuovo contesto politico e sociale, che comportano anche nuove forme e dimensioni di malesseri generazionali.
Che sono la depressione, le nevrosi e il senso di inadeguatezza, sintomi di un vissuto compresso nei precetti dell’era tardo-capitalista.
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felicity
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venerdì 20 giugno 2025
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un film sulle relazioni uniche ma universali
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A Real Pain è un film che dalla voragine di un dislivello comunicativo, quello tra i due cugini ebrei David e Benji, ingaggia una riflessione sul ruolo e su cosa significa essere la terza generazione discendente di sopravvissuti a un genocidio. Pone il dilemma tra il morale e lo storico, sul come commemorare il ricordo di un’esistenza tragica e dirompente come quella attraversata dai propri nonni, che sono stati anche i primi immigrati e a metter radice a cavallo tra due mondi.
David non sembra particolarmente turbato dalla domanda, mentre Benji, che rifiuta ogni norma e buona maniera, non è a suo agio.
È giusto permettersi questo esorcismo praticandolo mentre si percorre un luogo, la Polonia, che è stata fonte di così tanta sofferenza per gli avi a bordo di posti in prima classe, alberghi confortevoli e lauti pasti?
Anche qui emerge insomma un dislivello, che sta nella differenza di allineamento tra il vissuto personale e quello comunitario, con una narrazione individuale che è sempre ancorata al corale, che lo subisce e lo influenza.
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A Real Pain è un film che dalla voragine di un dislivello comunicativo, quello tra i due cugini ebrei David e Benji, ingaggia una riflessione sul ruolo e su cosa significa essere la terza generazione discendente di sopravvissuti a un genocidio. Pone il dilemma tra il morale e lo storico, sul come commemorare il ricordo di un’esistenza tragica e dirompente come quella attraversata dai propri nonni, che sono stati anche i primi immigrati e a metter radice a cavallo tra due mondi.
David non sembra particolarmente turbato dalla domanda, mentre Benji, che rifiuta ogni norma e buona maniera, non è a suo agio.
È giusto permettersi questo esorcismo praticandolo mentre si percorre un luogo, la Polonia, che è stata fonte di così tanta sofferenza per gli avi a bordo di posti in prima classe, alberghi confortevoli e lauti pasti?
Anche qui emerge insomma un dislivello, che sta nella differenza di allineamento tra il vissuto personale e quello comunitario, con una narrazione individuale che è sempre ancorata al corale, che lo subisce e lo influenza. Perché il dolore storico e collettivo riecheggia, filtrato attraverso l’integrazione di determinati valori in un nuovo contesto politico e sociale, che comportano anche nuove forme e dimensioni di malesseri generazionali.
Che sono la depressione, le nevrosi e il senso di inadeguatezza, sintomi di un vissuto compresso nei precetti dell’era tardo-capitalista.
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anna rosa
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martedì 13 maggio 2025
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che noia!
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Non ho retto: dopo i primi 70 minuti mi sono detta che avevo gi? sacrificato troppo tempo. Gli Americani sanno fare bene solo i film d'azione.
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domenica 6 aprile 2025
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errore
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Il film con questi orari ? "E poi si vede" e non "A real pain".
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mauridal
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giovedì 20 marzo 2025
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fratelli coltelli
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Quando un regista è anche protagonista del proprio film, viene naturale pensare che ci sia qualcosa di autobiografico nel racconto. Questa è la storia di due giovani cugini, figli di due fratelli, cresciuti quasi come fratelli a loro volta, nonostante la distanza. Siamo in America, e i due – David e Benji – sono diventati nel tempo molto diversi: David è più tranquillo, ha un lavoro stabile, vive a New York, è sposato e ha un figlio; Benji, invece, è più estroverso, eccentrico, precario, e vive da solo in un’altra città. Entrambi sono di origine ebraica, e hanno trascorso parte dell’infanzia con la nonna, ebrea polacca, prima del suo trasferimento negli Stati Uniti.
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Quando un regista è anche protagonista del proprio film, viene naturale pensare che ci sia qualcosa di autobiografico nel racconto. Questa è la storia di due giovani cugini, figli di due fratelli, cresciuti quasi come fratelli a loro volta, nonostante la distanza. Siamo in America, e i due – David e Benji – sono diventati nel tempo molto diversi: David è più tranquillo, ha un lavoro stabile, vive a New York, è sposato e ha un figlio; Benji, invece, è più estroverso, eccentrico, precario, e vive da solo in un’altra città. Entrambi sono di origine ebraica, e hanno trascorso parte dell’infanzia con la nonna, ebrea polacca, prima del suo trasferimento negli Stati Uniti. David propone a Benji di unirsi a lui per partecipare a un tour organizzato da un’associazione americana, che accompagna cittadini ebrei a visitare in Polonia i luoghi della memoria e dell’Olocausto. Benji accetta, anche per ritrovare la casa della nonna a cui era molto legato. Il film racconta questo viaggio in Polonia dei due cugini ormai adulti, ma ancora legati da un rapporto da ragazzini. Li vediamo scherzare, litigare, condividere l’esperienza con il gruppo di americani – ebrei e non – che partecipano al tour, visitando i luoghi della loro storia familiare e collettiva.
Jesse Eisenberg non solo dirige il film, ma interpreta anche David, mentre Kieran Culkin è un perfetto Benji, capace di restituire tutte le sfumature di umore e comportamento del personaggio, sia nei confronti di David che degli altri membri del gruppo. Eisenberg, che ha origini ebreo-polacche, racconta una storia che, pur ispirandosi a dinamiche universali, contiene qualcosa di personale. Il viaggio dei due cugini diventa così l’occasione per mostrare anche luoghi simbolici di Varsavia, come la piazza del Monumento agli Eroi del Ghetto e il Monumento all’insurrezione di Varsavia. Qui Benji si distingue per la sua esuberanza, coinvolgendo il gruppo in una rievocazione scherzosa delle pose delle statue, tra selfie e risate che coinvolgono anche David. Ma Benji non rinuncia nemmeno al lato critico e irriverente: polemizza con la guida del tour per l’incongruenza di viaggiare in prima classe nei luoghi simbolo della deportazione. Il gruppo visiterà poi Lublino e il campo di Majdanek, dove il regista si sofferma sulle emozioni profonde dei due cugini di fronte alla realtà dei luoghi dell’Olocausto, tra forni crematori e camere a gas. In questa parte del film, David mette da parte i suoi dissapori con Benji, ma durante una cena Benji, esasperato dal senso del tour, provoca uno scontro con David, che si ritira da solo in albergo. Più tardi, però, Benji lo raggiunge sul tetto dell’hotel per fumare insieme una canna, e qui riaffiorano le loro differenze apparenti: David sembra più mite e razionale, mentre Benji appare sconsiderato ed egocentrico. Eppure, nel confronto, emerge anche un legame profondo, una visione comune della vita e della memoria. Il regista si identifica in parte con entrambi i personaggi, che risultano entrambi comprensibili e umani. David confessa di aver allontanato Benji in passato, temendo per lui, che rischiava il suicidio tra alcol e droghe. Il viaggio si conclude con la visita alla casa della nonna, dove i due lasciano un sassolino sull’uscio, seguendo la tradizione ebraica per ricordare il passato. Di ritorno a New York, in aeroporto, David invita Benji a casa sua per riappacificarsi. Tuttavia, dopo essersi salutati, il film termina con David che si allontana in taxi, mentre Benji rimane seduto in aeroporto, riaffermando la sua estraneità a una vita “regolare". Eisenberg interpreta David in modo equilibrato e misurato, mentre Kieran Culkin offre una performance straordinaria e poliedrica nei panni di Benji, regalando forza e complessità a un personaggio che resta nel cuore dello spettatore.( Mauridal)
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ferrari
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domenica 2 marzo 2025
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irritante
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Ho trovato il film iritante tanto che a poco più di metà proiezione me ne sono andata dal cinema.
Il personaggio di Kieran Culkin appariva estremamente manipolatore e incentrato su se stesso ( e la voce irritante del doppiatore non aiutava certo ad aumentarne la simpatia), il cugino interpretato da Jesse Eisenberg in balia dell'altro e del suo conformismo ben educato.
Il tutto condito da una retorica dell'ebraismo e luoghi comuni psicologici degli altri personaggi.
Non ne vale la visione.
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michele crisci
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sabato 1 marzo 2025
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un film godibilissimo
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Con un Culkin grandioso, che vale da solo il prezzo del biglietto, una prestazione da oscar
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mardou_
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giovedì 27 febbraio 2025
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il nostro dolore quotidiano
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può un viaggio alla ricerca delle proprie radici aiutarci a trovare un posto nel presente, quando ci sentiamo degli estranei nelle nostre vite?
jesse eisenberg se lo chiede da regista e protagonista di una storia che ha dell autobiografico.
a real pain è il dolore che tutti abbiamo dentro, tanto forte, quanto impossibile da spiegare, che emerge, a tratti, nel rapporto strettissimo fra due cugini, simili e totalmente diversi allo stesso tempo.
kieran culkin è da oscar, non solo per le battute memorabili (" money is like heroin for boring people”) ma anche per quel costante ed imprevedibile cambio di umore, di tono, di picchi di euforia alternati ad abissi di dolore, che segnano il ritmo dell intera pellicola.
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può un viaggio alla ricerca delle proprie radici aiutarci a trovare un posto nel presente, quando ci sentiamo degli estranei nelle nostre vite?
jesse eisenberg se lo chiede da regista e protagonista di una storia che ha dell autobiografico.
a real pain è il dolore che tutti abbiamo dentro, tanto forte, quanto impossibile da spiegare, che emerge, a tratti, nel rapporto strettissimo fra due cugini, simili e totalmente diversi allo stesso tempo.
kieran culkin è da oscar, non solo per le battute memorabili (" money is like heroin for boring people”) ma anche per quel costante ed imprevedibile cambio di umore, di tono, di picchi di euforia alternati ad abissi di dolore, che segnano il ritmo dell intera pellicola.
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mardou_
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giovedì 27 febbraio 2025
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il nostro dolore quotidiano
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pu? un viaggio alla ricerca delle proprie radici aiutarci a trovare un posto nel presente, quando ci sentiamo degli estranei nelle nostre vite? jesse eisenberg se lo chiede da regista e protagonista di una storia che ha dell autobiografico. a real pain ? il dolore che tutti abbiamo dentro, tanto forte, quanto impossibile da spiegare, che emerge, a tratti, nel rapporto strettissimo fra due cugini, simili e totalmente diversi allo stesso tempo. kieran culkin ? da oscar, non solo per le battute memorabili (" money is like heroin for boring people?) ma anche per quel costante ed imprevedibile cambio di umore, di tono, di picchi di euforia alternati ad abissi di dolore, che segnano il ritmo dell intera pellicola.
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