Anno | 2023 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Lucio Cascavilla, Mauro Piacentini |
Uscita | mercoledì 27 settembre 2023 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Survivors Fighters Production, Mauzedao Production |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 25 settembre 2023
Una denuncia, un progetto che vuole dare voce ad una disperazione che, troppo spesso, rimane sorda ai più.
CONSIGLIATO SÌ
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Le storie di alcune persone che hanno lasciato, per motivi diversi, la loro patria in Africa per cercare un futuro in Europa vengono descritte e lette sotto una luce diversa. Il termine che viene utilizzato sin dall'inizio è forte quanto, purtroppo, esplicito ed appropriato: deportazione. Le loro vicende personali ne rafforzano il significato gettando un'ulteriore e pesante ombra sulla cosiddetta questione dei migranti.
Cascavilla e Piacentini ci invitano a riflettere su vite a proposito delle quali la propaganda avversa diviene priva di strumenti.
Il problema dei flussi migratori sta al centro del dibattito quotidiano fra le forze politiche in Italia, in particolare per la sua collocazione geografica, ma anche nel resto d'Europa e non solo. L'argomento prevalente che viene portato da chi vorrebbe risolvere la situazione con proposte a volte solo propagandistiche (vedi alla voce blocco navale) è quello della mancata integrazione di chi arriva in cerca di una vita migliore portando però con sé retaggi culturali che non sono disponibili all'apertura rispetto ad usi e costumi delle società dei Paesi considerati come meta ideale.
Questo importante documentario ci ricorda che esistono anche (e non sono pochi) migranti che si inseriscono nella società verrebbe da dire 'a pieno titolo'. Perché hanno imparato la lingua, trovato un lavoro, si sono sposati/e, hanno messo al mondo dei figli. Ma manca loro, secondo le leggi degli Stati, per dimostrare quella 'pienezza', un documento, oppure incappano in intralci burocratici e, da un giorno all'altro magari anche dopo molti anni, vengono rispediti nel Paese d'origine.
Vengono presi, ammanettati, portati a forza in un aereo (anche morendoci come è accaduto in un caso che viene riportato alla memoria) e fatti rientrare in una società che, a sua volta, li respinge perché non hanno fatto fortuna o comunque non sentono più come luogo in cui poter vivere e prosperare. Proprio chi si dichiara difensore del concetto di unità familiare dovrebbe ascoltare queste storie perché qui di famiglie si parla e del loro smembramento senza che nessuno abbia commesso un reato.
I dati che nei cartelli finali chiudono il documentario sono purtroppo estremamente chiari. Non si tratta, come potrebbe fare comodo sostenere ad alcuni, di casi isolati ma di migliaia e migliaia di persone che si vedono rappresentare da coloro che hanno accettato di raccontare la loro storia o, come nel caso di Olivia, quella della madre. Le lingue che parlano, a testimoniare un importante elemento di integrazione, sono l'inglese e il tedesco.
Nelle loro voci e nei loro sguardi si avverte quanto quelle sofferenze siano ancora vive e brucianti insieme al senso di avere subìto delle profonde ingiustizie. Un solo aspetto si apre alla speranza. C'è una persona, tra loro, che, avendo sperimentato sulla propria pelle la situazione, ha deciso di creare un'associazione che aiuti chi viene rimpatriato/deportato a reinserirsi nel contesto sociale. Si tratta però purtroppo di un caso isolato che non cancella la brutalità e disumanità di una pratica che Paesi che si definiscono 'civili' continuano ad esercitare.