Un'operazione che si va ad aggiungere ad una lunga serie di produzione sudcoreane sempre più simili tra loro. Fuori Concorso.
di Emanuele Sacchi
I ripetuti successi nel genere action del cinema sudcoreano portano a produzioni sempre più simili tra loro, che cercano di capitalizzare su ingredienti certi anziché percorrere nuove strade. Categoria alla quale certamente appartiene Project Silence di Kim Tae-gon, che inizia come un thriller politico, si trasforma in catastrofico e assume via via colori horror quando la muta di cani entra in azione.
Eccessi in serie, tanto negli incidenti che nelle esplosioni, si sprecano, senza che l’escalation risulti particolarmente giustificata dalla sequenza di eventi né coinvolgente per lo spettatore. Difficile giustificare una sciatteria di sceneggiatura al di sotto dei già indulgenti standard di genere, ma ancor più grave in un prodotto simile è che a fare cilecca sia il comparto CGI, che rende i cani talmente poco realistici da eliminare qualunque velleità di transfert horrorifico