Titolo originale | Of Color & Ink |
Anno | 2023 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA |
Durata | 102 minuti |
Regia di | Weimin Zhang (II) |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 9 dicembre 2024
Chang Dai-chien è una figura fondamentale nella trasmissione dell'arte cinese in Occidente. Tuttavia, il suo esilio di 30 anni dopo aver lasciato la Cina continentale nel 1949 rimane ampiamente frainteso e avvolto nel mistero.
CONSIGLIATO SÌ
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Un documentario su Chang Dai-chien (1899-1983), il più grande pittore cinese del XX secolo, spesso avvicinato per fama a Picasso o a Van Gogh. A partire da alcuni filmati inediti girati a San Francisco nel 1967, la regista sino-americano Weimin Zhang ricostruisce la misteriosa vita dell'artista, dopo la sua partenza dalla Cina nel 1949 e l'esperienza dell'esilio fra l'Argentina, la California, l'Europa e poi il ritorno in patria. La ricerca, durata dodici anni, dà vita a un viaggio nei luoghi attraversati dal pittore, la cui opera ha saputo unire il passato e il presente dell'arte cinese e idealmente gettare un ponte tra Oriente e Occidente.
Tradizionale nell'impostazione, con il confronto fra la regista e una serie di esperti di arte e storia cinese e l'incontro con i resti della vita di Chang Dai-chien, il film è un ritratto biografico a più facce, alla ricerca della vera e inafferrabile anima di un genio.
Tra una testa parlante, un filmato d'archivio di un cinegiornale argentino, una sequenza d'animazione che dà vita a quadri e disegni, le riprese dello stesso artista al lavoro, su una spiaggia della Baia di San Francisco o lungo la Senna, la voce narrante che passa liberamente dall'inglese al cinese, Weimin Zhang cerca nella varietà delle fonti di giungere al cuore del suo lavoro: incontrare il vero Chang Dai-chien e scovarne l'anima, raccontarne la dimensione più autentica. Il primo passo del suo percorso sono i filmati d'archivio che ritraggono Chang a San Francisco, nella terra e nella stagione dei figli dei fiori (splendide e un po' artificiose immagini in 16mm), in cui l'artista appare come l'incarnazione del guru orientale: barba lunga a punta, abiti tradizionali, aria da grande maestro. Un travestimento, quasi, che chiede di andare oltre la sua semplice apparizione. A seguire c'è infatti il racconto della diaspora dopo il 1949 e la creazione della Repubblica Popolare Cinese, l'arrivo in Argentina e l'inizio di un vagabondaggio che porterà Chang da uno Paese all'altro: Stati Uniti, Francia, la stessa Cina, Taiwan, dove morirà nel 1983. Perché, si chiede l'autrice? Cosa spingeva l'uomo e l'artista a muoversi così tanto e così a lungo?
Nella ricchezza di informazioni accumulate dall'autrice e nelle sue parole sconsolate e insieme agguerrite («Qualsiasi cinese», ha detto in un'intervista, «saprebbe raccontare la vita di Van Gogh, di Picasso o di Monet. Ma nessuno sa cosa sia successo a Chang Dai-chien, anche se anche lui è stato un artista globale»), si percepisce un'ossessione che nobilita il suo lavoro: la necessità di cercare un confronto diretto con il suo soggetto. Nel film c'è dunque un doppio movimento: la fuga di Chang Dai-chien, che appena giunto in Argentina dipinge per la prima volta una barca in un suo lavoro, come ad ammettere l'intenzione di spostarsi continuamente e abbracciare un destino, e la rincorsa di Weimin Zhang, che nel corso degli anni ha messo in pausa il lavoro d'insegnante di cinema presso la San Francisco State University per dedicarsi alla sua missione. Inevitabile, dunque, che il punto d'incontro fra le due anime del film e fra le tante anime di Chang Dai-chen (artista, maestro, amico, star...), sia proprio la pittura - la singola tela analizzata dalla macchina da presa. E quando un critico nota come alla base dell'opera dell'artista ci sia «l'utopia di creare un posto immortale per l'immortalità», e che per farlo si ripresentino in contesto europeo gli elementi figurativi della tradizione cinese (la capanna, l'albero, gli specchi d'acqua), si capisce che la ricerca dell'autrice è giunta al termine: in uno spazio possibile solo nell'arte, Weimin Zhang incontra il suo Chang Dai-chen, e al netto di un lavoro un po' paludato e a tratti kitsch, anche il senso del suo film.
Anche l'arte ? una forma di "colonizzazione" (o di "evangelizzazione", se vogliamo) di nuove terre, anzi, di nuovi cuori. Chang Dai-Chien ? un "imperatore" della pittura. Ha saputo conquistare tutto il Sudamerica con le sue opere, permettendo a nuove culture di togliersi il cappello davanti al rappresentante per eccellenza dell'Antica Cina. Colui il quale si ? sempre sentito il mandatario di una tradizione, [...] Vai alla recensione »
Un documentario su Chang Dai-chien (1899-1983), il più grande pittore cinese del XX secolo. A partire da alcuni filmati inediti girati a San Francisco nel 1967, la regista sino-americano Weimin Zhang ricostruisce la misteriosa vita dell’artista, dopo la sua partenza dalla Cina nel 1949 e l’esperienza dell’esilio fra l’Argentina, la California, l’Europa e poi il ritorno in patria. La ricerca, durata dodici anni, dà vita a un viaggio nei luoghi attraversati dal pittore.
Il film è un ritratto biografico a più facce, alla ricerca della vera e inafferrabile anima di un genio. Tra una testa parlante, un filmato d’archivio di un cinegiornale argentino, una sequenza d’animazione che dà vita a quadri e disegni, le riprese dello stesso artista al lavoro, la voce narrante che passa liberamente dall’inglese al cinese, Weimin Zhang cerca nella varietà delle fonti di giungere al cuore del suo lavoro: incontrare il vero Chang Dai-chien e scovarne l’anima, raccontarne la dimensione più autentica.
Of Color & Ink sarà disponibile in streaming su MYmovies ONE - solo per 4h - per un imperdibile evento domenica 8 dicembre dalle ore 20.