La casa di carta: Corea

Film 2022 | Drammatico 60 min.

Regia di Hong-sun Kim. Una serie con Park Hae-soo, Yunjin Kim, Jong-seo Jun, Ji-tae Yu, Lee Won-jong. Cast completo Titolo originale: Money Heist: Korea-Joint Economic Area. Genere Drammatico - Corea del sud, 2022, STAGIONI: 1 - EPISODI: 12

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Ultimo aggiornamento lunedì 19 dicembre 2022

Il rifacimento coreano della serie di successo spagnola La casa di carta.

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Un incredibile colpo.
a cura della redazione
lunedì 19 dicembre 2022
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Il professore Park Sun-ho, un abile stratega progetta di realizzare una straordinaria rapina presso la Zecca di stato coreana di una Corea finalmente unificata. Radunato un gruppo di abili e eterogenei professionisti porta avanti un colpo il cui obiettivo è rubare 4mila miliardi di won dalla Zecca dello Stato. Ma è il compagno dell'ispettrice di polizia Seon Woo-jin mentre Lee Hong-dan con il nome in codice di Tokyo è una delle sue reclute per l'operazione (ma è anche il narratore delle vicende). La serie è stata ambientata dopo il 2020 dopo che le due Coree sono tornate ad essere un unico paese dopo anni di conflitti, mentre l'economia ha una nuova valuta comune. Da notare che la prima stagione è stata distribuita in due fasi, una prima uscita sempre su Netflix il 24 giugno 2022 e una seconda parte il 9 dicembre.

Episodi: 12
Regia di Hong-sun Kim.

La seconda parte della prima stagione diventa più pulp e più spettacolare, confermandosi un buon prodotto locale e una buona finestra sulla realtà sudcoreana

Recensione di Gabriele Prosperi

Stagione 1 - Parte 2

La seconda parte del remake sud-coeano dell'heist series spagnola La casa de papel si apre con la backstory di Cha Moohyuk (Kim Sung-o). Scopriamo così che il personaggio ha un passato nello spionaggio, operando al confine tra Corea del Nord e Corea del Sud, dove il suo ruolo era quello di imprigionare gli informatori. La stagione si apre inoltre sulla scoperta, da parte della polizia di stato, delle reali intenzioni della banda: una banconota fa infatti capire agli agenti che i criminali non intendono rubare il denaro, bensì stamparlo. La prima soluzione rintracciata, quella di privarli della corrente, non sembra però ostacolare troppo il gruppo.

Giunti alla seconda stagione di Money Heist: Korea - Joint Economic Area ci siamo ormai abituati al cambio etnico, culturale e recitativo di un remake realizzato in tempi record rispetto alla serie madre, se pensiamo che la serie originale, La casa di carta, si è conclusa solamente lo scorso anno.

Possiamo certamente evidenziare le differenze rispetto al prodotto spagnolo, ma tali commenti porterebbero il discorso a una più ampia riflessione sul rifacimento.

Certamente sono considerevoli gli elementi che si discostano dalla produzione occidentale; è interessante notare la capacità di questo adattamento, diretto da Kim Hong-sun e scritto da Ryu Yong-jae per Netflix, di virare verso riflessioni alternative, nello specifico dal punto di vista politico. Ciononostante, la seconda parte de La casa di carta - Corea si discosta dal primo tentativo di esplorare l'utopia di una Corea unita, e quindi di indagare le criticità del capitalismo, abbandonando una riflessione che, anche in questo caso, farebbe uscire di tema il racconto.

La seconda stagione diventa più pulp, più spettacolare, con molti dei caratteri tipici - a cui ormai ci stiamo abituando proprio grazie a Netflix - dell'han-guk deurama, di quel racconto popolare che accumula azione e romanticismo, senza trascurare exploit comici e, in questo caso specifico, le esposte e piacevoli forzature dell'heist. Ben costruita la svolta romantica, che già conosciamo, di Berlino, interpretato da Park Hae-soo; notevoli inoltre le interpretazioni di Kim Yun-jin (la nostra amata Sun in Lost) e di Kim Sung-ho.

La concitazione del montaggio di questa seconda parte permette anche alcuni virtuosismi registici, in particolare è da segnalare un piacevole piano sequenza nel terzo episodio che, malgrado non sia reale, è ben fatto e richiama alcune produzioni cinematografiche di pregio provenienti sempre dalla Corea del Sud (in particolare pensiamo a Park Chan-wook).

Benché la serie non aspiri a replicare il successo planetario de La casa de papel, il remake si conferma come un buon prodotto locale e una buona finestra sulla realtà sudcoreana.

Episodi: 12
Regia di Hong-sun Kim.

Un'opera minimalista e concettualmente interessante

Recensione di Gabriele Prosperi

Stagione 1 - Parte 1

In un futuro non troppo lontano la Corea del Nord e la Corea del Sud si sono unite, sviluppando una moneta comune e una nuova area economica. L'unificazione non ha portato però a colmare quelli che erano i difetti e le criticità di entrambe le nazioni: da un lato il capitalismo, dall'altro il terrorismo, impattano su una nazione dove a subire sono sempre i più deboli. L'obiettivo del Professore (Yoo Ji-tae) e del suo gruppo di criminali, prima fra tutti Tokyo (Jeon Jong-seo) - riuniti per mettere in atto la rapina perfetta - è quello di lasciare un segno prendendo di mira la nuova zecca coreana.

Siamo ormai piuttosto abituati a remake, reboot e revival, specialmente ad opera delle grandi piattaforme dello streaming come Netflix; meno, però, ci aspettiamo il rifacimento di una serie così imponente come La casa di carta, serie spagnola ideata da Álex Pina che, dal 2017 al 2021, ha rubato il cuore e la passione di spettatori e spettatrici da ogni parte del mondo.

Italia compresa, dove le imprese del Professore originario e della sua banda sono esondate nella realtà, fino a raggiungere Milano e altre importanti città europee con gigantesche operazioni di marketing, immersive e coerenti.

Da un lato abbiamo la stessa identica storia: pochi sono gli elementi narrativi realmente nuovi o in grado di modificare l'andamento del racconto. Ritroviamo Tokyo, riflessiva, audace, con la medesima voglia di riscatto; il Professore, intento a sviluppare quel doppio gioco che lo legherà fermamente alla sua inseguitrice, la negoziatrice Sun Woojin (Kim Yunjin, che ricordiamo in Lost e che riprende, forse volutamente, persino il nome del suo personaggio). E ancora, il violento e ferreo Berlino (Park Hae-soo, reso noto dall'altro successo coreano, sempre in casa Netflix, Squid Game); Nairobi, qui interpretata dal volto noto in Corea del Sud di Jang Yoon-ju, presentatrice di Korea's Next Top Model; e tutti gli altri personaggi di cui ci siamo innamorati nel corso della prima stagione spagnola e delle successive.

Conosciamo l'andamento, conosciamo l'atmosfera, le sfumature di questa storia, eppure eccoci di nuovo qui, a volerla rivedere, a desiderare di rimanere nuovamente incastrati nelle articolazioni della "soap opera" di maggior successo prodotta in Europa.

Il remake non è certamente un tentativo di ribaltamento (la storia rimane la stessa), né vi è il desiderio di realizzare un prodotto migliore dell'originale; lo scopo - a nostro parere ben riuscito - è quello di rimediare una morale per sviluppare una riflessione più attenta, locale, del pensiero originale. Il tentativo è riuscito grazie a una serie di accorgimenti strutturali; in primis la maschera usata dai rapinatori: non viene infatti più utilizzata quella di Dalì - che forniva un riferimento concettuale elevato e di ribaltamento delle posizioni di potere, simbolo di una realtà fin troppo mescolata con la finzione, con l'ideale, o meglio confusa e perciò surreale. A nascondere le identità dei personaggi, questa volta - e come accade in teatro, quindi, mostrandole maggiormente - troviamo Yangban, uno dei personaggi stilizzati dalle maschere Hahoetal, rappresentazioni tradizionali coreane utilizzate in un'importante cerimonia di danza risalente al Dodicesimo Secolo. Gli Yangban furono una classe sociale della Corea medievale e la loro maschera, nel teatro coreano, agisce come profonda critica alla classe nobile.

Il simbolismo di La casa di carta - Corea si fa quindi più diretto, come anche conseguenza di una storia già nota ai propri spettatori, e si arricchisce di una seria e interessante autocritica: anziché proseguire il confronto con i propri cugini del nord, con cui sono attualmente ancora in guerra, il racconto rivolge lo sguardo verso il sistema sociale che si considera dominante e che definisce le regole della nuova nazione futuristica: proprio quello della Corea del Sud.

La tensione tra le due nazioni, ancora presente nel futuro prossimo immaginato da Ryu Yong-jae, diventa il tema principale del racconto, virando ogni interpretazione verso una nuova lettura, del passato, del presente e del futuro delle due nazioni.

Rispettosa nei confronti del prodotto originale, La casa di carta - Corea appare quindi come un curioso e piacevole sviluppo della pratica del remake: autentico e non, composto di minime variazioni, dove il prodotto originale - La casa de papel - diventa un mero pretesto narrativo per andare a indagare (attraverso il what if) un nuovo aspetto della propria, singolare, realtà. La casa di carta - Corea è un prodotto più "teatrale" che televisivo, non solo perché sfrutta una maschera di questa arte ma perché agisce una pratica tipica del teatro: l'utilizzo di un testo-pretesto, che rende il prodotto finale un'opera minimalista e concettualmente interessante.

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giovedì 30 giugno 2022
Gabriele Prosperi

Il remake coreano è un autentico prodotto 'teatrale'. Su Netflix. Vai all'articolo »

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lunedì 23 maggio 2022
 

Regia di Hong-sun Kim. Una serie con Park Hae-soo, Yunjin Kim, Jong-seo Jun, Ji-tae Yu, Lee Won-jong. Dal 24 giugno su Netflix. Guarda il trailer »

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