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Linda e il pollo, una storia che ha un cuore grave ma non perde mai la leggerezza

Definito da Variety "il miglior film di Cannes 2023", il film di animazione di Chiara Malta e Sébastien Laudenbach parla dell'infanzia dal punto di vista di un bambino. Al cinema.
di Marianna Cappi

Linda e il Pollo

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domenica 8 settembre 2024 - Focus

“Non esiterei a definire Linda e il pollo  il miglior film di Cannes quest’anno”. Questo scriveva, nell’agosto del 2023, Peter Debruge sulla rivista "Variety", punto di riferimento del settore audiovisivo, ripensando al cartellone del festival conclusosi due mesi prima. Niente male per un film di animazione a basso budget, passato in una sezione interessante ma collaterale (Acid), che si svolge sostanzialmente a lato della kermesse principale. Ed era solo l’inizio. Oggi che sta per incontrare il pubblico delle sale anche in Italia, il film di Chiara Malta e Sébastien Laudenbach si presenta già forte di un riscontro critico e di un percorso festivaliero piuttosto eccezionali: dopo Cannes, infatti, è stata la volta di Annecy, dove ha vinto il massimo premio (le Cristal du Festival du film d'animation), poi la preapertura di Locarno 2023, e il premio per la miglior sceneggiatura al Torino Film Festival, solo per citare alcune delle moltissime, fortunate, tappe. Proprio Torino, tra l’altro, aveva tenuto a battesimo la regista con il documentario Armando e la politica, prima, e poi, nel 2019, con il primo lungometraggio di finzione, Simple Women, riportando in Italia un talento nato a Roma che ha scelto la Francia per formarsi artisticamente. 

Anche Linda e il pollo, in un primissimo momento della sua costruzione, era stato pensato come un film in live action, ma le troppe complicazioni registiche e produttive che avrebbe comportato, hanno convinto Malta e Laudenbach a scegliere la strada dell’animazione. In questo modo il film non solo avrebbe fatto seguito all’ottimo risultato del primo lungometraggio animato di Laudenbach (La jeune fille sans main, 2016) , ma soprattutto avrebbe aperto la porta su un universo di possibilità in termini di colore e di movimento. Una scelta azzaccatissima: lo stile visivo, che riprende quello degli albi illustrati per l’infanzia, puntando più sul colore che sulle linee, e sfruttando narrativamente il movimento per giocare con le trasformazioni e raccordi più fantasiosi, porta vivacità e allegria dentro una storia che ha un cuore grave (un lutto pesante), ma non perde mai la leggerezza.


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Il pollo con i peperoni del titolo è, infatti, sinonimo del dialogo tra la piccolissima protagonista e il suo papà, ma anche dell’ultimo momento che la famiglia ha trascorso unita, e del giorno dell’incidente fatale. “Poulet-papà” lo chiama Linda nella versione originale, e l’associazione non potrebbe essere più chiara. Quando la bambina ha otto anni, e del padre non ha che un ricordo vago, la richiesta, fatta alla madre Paulette, di poter mangiare il pollo con i peperoni diventa invece quella  di poter superare i non detti e di tornare ad avere una gioia familiare: il desiderio di una nuova armonia, che non esclude il ricordo del padre,  ma anzi lo ricerca e lo riattiva, proustianamente, a partire da un sapore. E ad attivarsi, a partire da quel desiderio (che è anche una promessa), è il film stesso: la caccia al pollo per cucinare il piatto richiesto da Linda è il motore narrativo del film, l’inizio di una ricerca reale e metaforica, di un percorso comicamente ostacolato e tragicamente necessario.

Fantasioso nella tecnica e nella dinamica dell’avventura, Linda e il pollo non si affida però ad una dimensione fantastica, ma al massimo alla reificazione di qualche fantasticheria infantile, come quando Linda, non conoscendo il significato del termine “sciopero”, immagina che si possa trattare di una portata (un po’ come accadeva in Pippi Calzelunghe con lo ‘spunk’). In realtà, il contesto  - una cittadina di periferia – è perfettamente realistico, ed è una scelta importante: la ricerca al centro del film, che all’inizio riguarda un nucleo minimo di personaggi (una mamma e una figlia), diventa pian piano impresa collettiva, cosa pubblica, perché non ci si salva da soli, e perché vivere significa stare nel mondo insieme agli altri.


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