eugenio
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lunedì 8 maggio 2023
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vita agreste
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Il primo film di Giuseppe Battiston, il corpulento attore capace di trasmettere anima ed empatia ai suoi personaggi, da regista è una boccata d’aria fresca e leggera al cinema italiano. L’attore, in Io vivo altrove, traduce con ironia un adattamento, forse ingenuo ma comunque sanguigno del testo incompiuto di Flaubert, Bouvard e Pécuchet, conferendo ai suoi personaggi vitalità e amore.
Non basta andare molto lontano, sono due i protagonisti di questa storia: Biasutti, bibliotecario vedovo, preciso e gentile al midollo (lo stesso Battiston) e Perbellini (un convincente segaligno Rolando Ravello), tecnico del gas segnato da una convivenza forzata con l’anziana madre.
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Il primo film di Giuseppe Battiston, il corpulento attore capace di trasmettere anima ed empatia ai suoi personaggi, da regista è una boccata d’aria fresca e leggera al cinema italiano. L’attore, in Io vivo altrove, traduce con ironia un adattamento, forse ingenuo ma comunque sanguigno del testo incompiuto di Flaubert, Bouvard e Pécuchet, conferendo ai suoi personaggi vitalità e amore.
Non basta andare molto lontano, sono due i protagonisti di questa storia: Biasutti, bibliotecario vedovo, preciso e gentile al midollo (lo stesso Battiston) e Perbellini (un convincente segaligno Rolando Ravello), tecnico del gas segnato da una convivenza forzata con l’anziana madre. Entrambi Fausto di nome, si conoscono a un corso di fotoamatori nella trafficata Roma condividendo il desiderio di evadere da una quotidianità monotona che non regala soddisfazioni ancorata a un avvizzito ricordo di un’esistenza matrimoniale o ad ancor peggio, a un ingabbiato presente.
E così, un’inaspettata eredità della nonna di Biasutti, porta l’ingenuo duetto a far avverare il sogno di una vita all’aria aperta per riprendere in mano la propria vita, nel piccolo paesino immaginario friulano di Valvana (Valle di Suffumbergo, vicino Faedis, in provincia di Udine) dove appunto l’uomo ha le sue origini. Non sarà semplice far avverare la favola agreste utopica ma Biasutti e Perbellini ce la metteranno tutta, con onestà e pudore non urlato, per farsi apprezzare dal paese (con abitanti non così inclini nei confronti di Biasutti) e soprattutto per riuscire a vivere in maniera autosufficiente dei frutti della loro terra.
Hanno in comune il nome, il disgusto per la città e la passione per la fotografia, questi due personaggi assai lontani dalla logica del vivere moderno. Paiono la maschera di un Fantozzi e Filini, affiatati e ingenui, Candide teneri di un mondo che nulla ha di fiabesco, Biasutti e Perbellini ai margini di una realtà geografica, in un contesto bucolico piacevole. E la loro ingenuità in fondo fa bene al cuore di noi spettatori.
Battiston elabora la lezione del suo maestro Carlo Mazzacurati, realizzando un’opera prima leggera e educata ma non superficiale, capace di parlare al sentimento più che alla mente, e far riflettere con un piccolo spaccato di vita campagnola, sul significato della parola realtà. Non una semplice evasione, tutt’altro, o un generale rifiuto ascetico, tutt’altro. Io vivo altrove parla molto più prosaicamente di terra, rapporti umani e amore, senza indugiare sulla semplice maschera parossistica di due inetti, ma al contrario riuscendo a parlar di loro e della loro affettuosa integrazione con la società, con bravura deliziosa e ragionata ed irresistibilmente vera.
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gabriella
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martedì 31 gennaio 2023
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il lato positivo
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Il primo lavoro di Giuseppe Battiston dietro la macchina da presa, è sincero e genuino, però non possiede lo stesso coraggio dei suoi due protagonisti che decidono di dare una svolta alla loro vita , abbandonare il grigiore della loro esistenza e andare a vivere in un paesino immerso nella campagna friulana , Fausto Biasutti e Fausto Pierbellini,due cinquantenni, il primo bibliotecario vedovo, l’altro un operatore del gas che vive ancora con la madre, si conoscono casualmente durante una gita per fotoamatori, scoprono di essere accomunati non soltanto dallo stesso nome, ma anche dal desiderio di una vita semplice , lontana dal caos cittadino per cui, quando si presenterà l’’occasione , una provvidenziale eredità, i due non perdono tempo e partono verso il loro sogno, senza ben sapere a cosa andranno incontro.
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Il primo lavoro di Giuseppe Battiston dietro la macchina da presa, è sincero e genuino, però non possiede lo stesso coraggio dei suoi due protagonisti che decidono di dare una svolta alla loro vita , abbandonare il grigiore della loro esistenza e andare a vivere in un paesino immerso nella campagna friulana , Fausto Biasutti e Fausto Pierbellini,due cinquantenni, il primo bibliotecario vedovo, l’altro un operatore del gas che vive ancora con la madre, si conoscono casualmente durante una gita per fotoamatori, scoprono di essere accomunati non soltanto dallo stesso nome, ma anche dal desiderio di una vita semplice , lontana dal caos cittadino per cui, quando si presenterà l’’occasione , una provvidenziale eredità, i due non perdono tempo e partono verso il loro sogno, senza ben sapere a cosa andranno incontro. La vita in campagna non si improvvisa, le difficoltà sono tante, compresa l’ostilità degli abitanti , scambiata per schiettezza dai due protagonisti, perché sono anime semplici dove non alberga diffidenza o cattiveria, ma si sprigiona invece un ottimismo tanto disarmante, quanto malinconico, s’intuisce una tristezza persistente, ma è compagna discreta di vita, non ha mai il sopravvento., I due amici , nonostante dividono la casa, non si danno mai del tu, c’è sempre un rispettoso distacco, c’è sempre la voglia di vedere il lato positivo, persino quando prende fuoco il fienile, Biasutti esclama “ che sfortuna”, non gli passa minimamente per la testa che possa essere doloso.In questa cornice agreste e schiva ,dominata da da una natura esigente e ingenerosa, i due amici decidono che comunque vada, ne vale la pena-La bontà e il candore sono sentimenti a cui siamo poco avezzi, per cui i due Fausto sembrano veramente personaggi usciti dalla penna di uno scrittore d’altri tempi, forse appaiono fin troppo levigati , c’è si qualche momento in cui si perdono le staffe, ma per poco, subito si è pronti a perdonare, a chiedere scusa, a ricominciare daccapo. Battiston in qualche modo omaggia Mazzacurati, per sua ammissione, almeno ci prova, anche se rimane una luce fioca a intermittenza, un po' come quella della loro cucina . Ma noi attendiamo fiduciosi. Forza Beppe.
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no_data
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giovedì 26 gennaio 2023
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film delicato
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un film con una sua poesia e delicatezza, con qualche ingenuità
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stellab
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martedì 24 gennaio 2023
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curioso ma sgangherato
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un film curioso per il nostro cinema ma la storia fa un po' fatica ad andare avanti
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dario bottos
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lunedì 23 gennaio 2023
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una fiaba?
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Si propone come una fiaba con la morale. Personaggi, situazioni, dialoghi, paesi e paesaggi, collocazione temporale... tutto è irreale, tutto è sfumato ed esagerato insieme, tutto è ingenuo, di una ingenuità parrocchiale. Dovrebbe trasparirvi l'Italia regionale, vi traspare invece l'eterna commedia all'italiana, e un po' quella alla francese, che giocano sulle scontate polarità città-campagna / cultura-natura / ipocrisia-sincerità. Commedia delle maschere regionali un po' fuori corso (il prete, la farmacista, lo scemo del villaggio, i "rustici"), commedia alla triveneta, provinciale, banalotta. La morale è lampante: tener duro e seguire i propri sogni, sfidando l'evidenza.
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Si propone come una fiaba con la morale. Personaggi, situazioni, dialoghi, paesi e paesaggi, collocazione temporale... tutto è irreale, tutto è sfumato ed esagerato insieme, tutto è ingenuo, di una ingenuità parrocchiale. Dovrebbe trasparirvi l'Italia regionale, vi traspare invece l'eterna commedia all'italiana, e un po' quella alla francese, che giocano sulle scontate polarità città-campagna / cultura-natura / ipocrisia-sincerità. Commedia delle maschere regionali un po' fuori corso (il prete, la farmacista, lo scemo del villaggio, i "rustici"), commedia alla triveneta, provinciale, banalotta. La morale è lampante: tener duro e seguire i propri sogni, sfidando l'evidenza. Ma non si sorride e non se ne esce sollevati. Non è neppure chiaro con che sentimento uscire di sala.
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