Un'apparente improvvisazione, in realtà studiatissima, tra personaggi che filosofeggiano sull'esistenza. Presentato al Festival di Cannes.
di Emanuele Sacchi
Sang-won è un’attrice che non crede più nella propria professione. Mentre trascorre del tempo dall’amica Jung-soo, riceve la visita della cugina e aspirante attrice Ji-soo. Hong Uiji è un poeta rinomato, in là negli anni, che ha smesso di bere e fumare per motivi di salute. La giovane Ki-joo filma dei suoi momenti privati per un documentario biografico a cui sta lavorando. Intanto li raggiunge Jae-won, aspirante attore e ammiratore di Hong Uiji, che involontariamente spinge il poeta a cedere nuovamente ai propri vizi.
Apparenza di improvvisazione, in realtà studiatissima, tra personaggi che filosofeggiano sull’esistenza. Potrebbe essere la sinossi di quasi tutti i film di Hong Sang-soo, inarrestabile regista da due film all’anno, beniamino della critica e dei festival di cinema. In Our Day non fa eccezione, anzi si presenta così spoglio e minimale da rappresentare quasi la quintessenza del cinema di Hong.
Nelle due vicende parallele che seguiamo, e che presentano diversi punti di contatto concettuale, è facile riscontrare una riflessione teorica sulle differenze tra l’approccio maschile e quello femminile all’elaborazione del piacere.
Lo stile dimesso, piatto, senza accorgimenti di ambientazione o di fotografia, sembra suggerire una natura da gioco di improvvisazione, fintamente realista in stile nouvelle vague.