Salvatores si confronta con il tempo e con i fantasmi del cinema stesso. Da giovedì 30 marzo al cinema.
di Paola Casella
Con Il ritorno di Casanova, liberamente tratto dal romanzo omonimo di Arthur Schnitzler, Gabriele Salvatores si confronta sia con il passare inevitabile del tempo, tema del suo film-nel film-nel film, che con un gigantesco fantasma cinematografico, il Federico Fellini di 8 ½ e Il Casanova.
È questa l’atmosfera sospesa, da quadro di Magritte, la forza del film, insieme all’interpretazione intensa e nuda di Toni Servillo, fragilissimo dietro la maschera del grande autore e dell’uomo di mondo, sfuggente e inadeguato davanti alla violenza dell’attrazione che prova verso Silvia, altro fantasma, questa volta di giovinezza leopardiana.
Ma Il ritorno di Casanova è anche una riflessione sul cinema e la sua impermanenza “se non c’è un pubblico che vuole vederlo”, nonché sui registi che non sanno vivere al di fuori del set, sui giornalisti gossippari, sui montatori mai celebrati e invece coautori dei film dei loro registi. Un film pieno di una grazia dolorosa cui Servillo si abbandona senza opporre resistenza.