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The Quiet Girl, una bambina alla ricerca del proprio posto nel mondo

Premiato alla Berlinale e candidato all’Oscar come Miglior film Straniero, il film di Colm Bairéad colpisce per il modo in cui riesce a penetrare nell’età impenetrabile dell’infanzia. Dal 16 febbraio al cinema.
di Simone Granata

Catherine Clinch . Interpreta Cáit nel film di Colm Bairéad The Quiet Girl.
mercoledì 8 febbraio 2023 - Focus

Dopo essere stato premiato come Miglior Film nella sezione Generation Kplus dello scorso Festival di Berlino, The Quiet Girl correrà per l’Oscar al Miglior Film Internazionale. Ha potuto essere inserito nella short-list della categoria perché, pur essendo ambientato in Irlanda, la lingua parlata nel film è il gaelico (cioè quella diffusa nelle zone rurali irlandesi). È una delle particolarità di questo lungometraggio d’esordio del regista dublinese Colm Bairéad, adattamento cinematografico di "Foster", racconto breve della scrittrice Claire Keegan pubblicato nel 2009 sul New Yorker e divenuto in seguito un romanzo.

Il film di Bairéad colpisce per il modo in cui riesce a penetrare nell’età impenetrabile dell’infanzia, attraverso la storia della piccola Cáit, bambina di nove anni che cresce priva di affetto in una famiglia numerosa, impoverita e problematica, ed è considerata dai genitori solo “una bocca da sfamare”, e dalle sorelle maggiori una fastidiosa presenza. La vita di Cáit conosce una svolta quando, dopo la fine della scuola (dove pure è bullizzata) e con l'avvicinarsi del termine dell'ennesima gravidanza della madre, viene mandata da una coppia di parenti lontani, senza figli e disposta ad occuparsi temporaneamente di lei.

Lo scenario di fondo, ovvero la campagna irlandese all’inizio degli anni Ottanta, che potrebbe essere pressoché identica a quella di due decenni prima o dopo, è sì legato alla biografia del regista ma serve soprattutto a spogliare la storia (e i personaggi) di ogni sovrastruttura, ogni possibile riferimento alla contemporaneità, rendendola così atemporale e universale.

È un film fatto di piccole cose (come il primo bagno di Cáit nella sua nuova casa, finalmente in una vasca con acqua calda), di azioni quotidiane che si ripetono, di dettagli a cui prestare attenzione. Un cinema che va aspettato e richiede pazienza allo spettatore, anche a rischio di risultare stucchevole in alcuni passaggi, ma che nelle poche parole e nei gesti significativi, nella sua cifra minimalista e nel tempo sospeso di un’estate interminabile dove pare non succedere nulla, restituisce l’evoluzione dei suoi personaggi e delle loro dinamiche relazionali.


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In foto una scena del film The Quiet Girl.

La condizione di Cáit ci interroga sul senso più profondo della famiglia e sul disagio dello stare al mondo. Contro qualsiasi propaganda identitaria, i legami familiari non sono una questione di sangue ma di sentimenti. La famiglia di Cáit non è quella dei genitori biologici che dimenticano anche di darle la valigia con i vestiti prima di lasciarla in casa d’altri, ma è quella dei coniugi Kinsella che la accolgono e la adottano come fosse la loro figlia. Cáit è una bambina solo apparentemente tranquilla, si mostra così perché non ha avuto scelta. La sua costrizione è resa bene dal formato 4:3 e dalle inquadrature degli ambienti che sembrano composizioni, nelle quali sono fissati i personaggi, mentre alla cornice visiva fa eco quella sonora, composta dai versi degli animali e dagli altri rumori della natura.

Ma lentamente, grazie alla cura di Eibhlín (Carrie Crowley), amorevole fin da subito, e del marito Seán (Andrew Bennett), diffidente all’inizio e via via sempre più premuroso, Cáit può schiudersi come mai aveva fatto prima.

La sua imperturbabilità e il suo dolore trattenuto (tangibili nell’interpretazione della sorprendente Catherine Clinch) si sciolgono prima di fronte al segreto svelato dei Kinsella e poi soprattutto in un finale aperto che non può lasciare indifferenti.

Quando Cáit torna a casa, accolta con freddezza e distacco dai genitori, tutto ciò che prima poteva sembrarle normale, dopo quell’estate non lo è più. Come quel puledro di cui le aveva raccontato Seán, ripescato una notte dal mare e poi improvvisamente rianimatosi, Cáit trova allora la forza di correre, di liberare la propria identità in gabbia, per trovare in un abbraccio il proprio posto nel mondo. 


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