federico
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giovedì 15 febbraio 2024
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non convince
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Attenzione spoiler!!! Interessante per la tematica affrontata, decisamente poco credibili le due figure genitoriali biologiche: dalla Corea in guerra le adozioni internazionali partivano da situazioni di estrema povertà e degrado. Il film è lento in modo esasperante, una pellicola che non decolla mai, non riesce neppure a commuovere nonostante la tematica affrontata.
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maramaldo
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giovedì 6 luglio 2023
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corea, mon amour
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perdu? Nel prendere commiato da questo film, temo di smarrire quel luogo dell'anima che per me era diventato quel Paese, esotico e pur familiare, lusinghe nelle sue abitanti graziose e tragicamente amaro nei destini che vi si compiono.
Quello Chou, che è? Se francese cavolo, se cambogiano cosa? Ho avuto l'impressione che in Corea non abbia messo piede. Informato e ben documentato, però. Quel padre (Kwang-rok Oh), semplice, diciamo pure primitivo. Sente di armi (i missili) e pensa: guerra, uccidono. Curiosità quando parlano di libertà, democrazia. Gli fanno scoprire che bisogna difendere i coreani buoni dai cattivi.Si attacca morbosamente alla figlia.
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perdu? Nel prendere commiato da questo film, temo di smarrire quel luogo dell'anima che per me era diventato quel Paese, esotico e pur familiare, lusinghe nelle sue abitanti graziose e tragicamente amaro nei destini che vi si compiono.
Quello Chou, che è? Se francese cavolo, se cambogiano cosa? Ho avuto l'impressione che in Corea non abbia messo piede. Informato e ben documentato, però. Quel padre (Kwang-rok Oh), semplice, diciamo pure primitivo. Sente di armi (i missili) e pensa: guerra, uccidono. Curiosità quando parlano di libertà, democrazia. Gli fanno scoprire che bisogna difendere i coreani buoni dai cattivi.Si attacca morbosamente alla figlia. Crede che consanguineità dia diritti, e doveri. "Ti aiuterò a sposarti!" Più troglodita di così?
Chou può spacciarsi per quel che vuole ma trapela il tocco sprezzante per i cosiddetti occidentali. "Non ho più vent'anni" detta da André (Louis-Do de Lencquesaing). l'ansia della prestazione. Ad un cultore del Tao non sarebbe venuto in mente, ma nemmeno in un Paese dove trovi le radici fresche di ginseng nell'ortofrutta del supermercato.
Freddie (Ji-min Park) rende il film gradevole. Spaesata, ma francesina presuntuosa. Quando ha trovato quelli che cercava se ne disinteressa. Provocazioni e spudoratezze da Nouvelle Vague, gelidine e artificiose. In un Paese o, meglio, in quella vasta area (5 o 6 fusi orari) dove seduzione, prima ancor che arte, è liturgia pressochè religiosa. Alla fine si stufa. Getta "un certo sguardo" su un ambiente reso sempre più indistinto, confuso in dissolvenze. Scorge un piccolo vecchio piano, vi stenta una sonatina che sapeva, insomma torna a casa: FRAAN...S.
Storia vera. Quella di una vezzosa e brava artista francese, Laure Badufle. Nata coreana, adottata da francesi, visitò la patria ma non tornò con un giudizio entusiasta.
In queste vicende Chou vi adombra soperchierie di stampo vetero-colonialista anche se la Corea è sempre stata indipendente. Vogliamo prendercela per una piccola mistificazione? E' figlio del nostro tempo, intellettualmete diciamo ha introiettato pattern socioantropologici prima ancoa di prendere coscienza della vita e della sua narrazione che vuol chiamarsi storia. Pensate, quei bambini "snaturati" furono 11/12 mila, oggi i minori arrivati in Europa sono 11/12 milioni. E se domani volessero cercare le radici, dove trovare le carte, il file?
Chou è bravo. Figlio, anzi nipote d'arte. Suo nonno, cambogiano doc, era uomo di cinema. Sparì. Un'impresa trovarne il dna in quelle migliaia di teschi affastellati a piramide. Da cavarne una storia con i fiocchi, thriller/horror, a tinte forti, ambientazione suggestiva. Chou non ne è stato stimolato. Uno che si è formato bighellonando per i quais, come Pol Pot. Lo diceva Prévert: la Seine a de la chance...
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cinzia
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mercoledì 14 giugno 2023
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la ferita dell''abbandono
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Ritorno a Seoul di Davy Chou
(non vi preoccupate non faccio spoiler - #nospoiler) Freddy, di origini coreane, felicemente adottata da piccolissima da una famiglia francese, vive alla giornata, non ha un obiettivo o una meta a cui tendere; a seconda di quello che le capita nella vita, nel quotidiano, decide cosa fare, dove andare, come comportarsi. Da musicista, lo racconta lei stessa a una decina di minuti dall’inizio del film, quando ancora lo spettatore non sa dove parare e si sente un po’ sperduto nel cercare di interpretare il suo comportamento, adorava gli spartiti nuovi, da “annusare al volo” e cercare di interpretare a prima vista, seguendo le vibrazioni del momento.
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Ritorno a Seoul di Davy Chou
(non vi preoccupate non faccio spoiler - #nospoiler) Freddy, di origini coreane, felicemente adottata da piccolissima da una famiglia francese, vive alla giornata, non ha un obiettivo o una meta a cui tendere; a seconda di quello che le capita nella vita, nel quotidiano, decide cosa fare, dove andare, come comportarsi. Da musicista, lo racconta lei stessa a una decina di minuti dall’inizio del film, quando ancora lo spettatore non sa dove parare e si sente un po’ sperduto nel cercare di interpretare il suo comportamento, adorava gli spartiti nuovi, da “annusare al volo” e cercare di interpretare a prima vista, seguendo le vibrazioni del momento. Questa spiegazione placa momentaneamente l’ansia di chi guarda e spiega il perché lei abbia deciso, prendendo spunto dalla cancellazione del suo volo per il Giappone, di partire per la sua terra natale, la Corea, e poi, da una conversazione con dei ragazzi appena conosciuti a Seoul, ha l’idea di conoscere chi sono i suoi genitori biologici e decide alla stessa maniera la sua vita sentimentale e lavorativa. Il suo modo di agire crea sofferenza e astio nelle persone con cui entra in contatto, in un paese orientale, come la Corea, dove tutto sembra molto ovattato e la gente fa fatica ad agire spontaneamente perché è sempre molto attenta alle conseguenze delle proprie azioni e rispettosa della sfera personale altrui. Freddy invece si comporta come un elefante in una cristalleria, e il suo modo di fare peggiora ogni volta che negli anni seguenti decide di ritornare a Seoul “questo Paese è tossico per me” dice ad un amico e suona come una richiesta di aiuto.La ferita dell’abbandono è sempre aperta, nonostante l’adozione sia stata un successo e la sua famiglia francese sia adorabile, perché sembra non esserci una spiegazione al fatto che i suoi genitori biologici l’abbiano abbandonata o se c’è, vista e razionalizzata con il cannocchiale degli anni passati, sembra irrisoria, senza senso, immotivata. La conseguenza è questo comportamento autodistruttivo di Freddy che non trova pace e si agita come una farfalla impazzita sbatacchiando continuamente le ali contro il vetro della finestra facendo male a chi le vuole bene oltre che a se stessa
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giovannivestri
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sabato 10 giugno 2023
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park ji-min è straordinaria
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Finalmente un film coreano senza sangue e troppe pretese, senza l’oramai pietosa necessità di sconvolgere. Un film delicato, sensuale, romantico, molto intimo e personale
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athos
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martedì 30 maggio 2023
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alla ricerca di sè
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Freddie si trova quasi spinta alla ricerca dei genitori biologici. Scontrerà il suo essere francese con il modo di vivere, diverso e un po' arcaico, coreano. Ne esce un film con situazioni ambigue e poco credibili (il viaggio mancato in Giappone, il mercante d'armi), con momenti troppo fermi (incontro con il padre). Meglio la parte finale che da respiro e qualche emozione a una pellicola discreta.
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gabriella
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lunedì 29 maggio 2023
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tutte le persone che non sarò mai
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Freddie è una venticinquenne che per un contrattempo sul volo diretto in Giappone, si trova a fare uno scalo forzato a Seoul, che in realtà sarebbe la sua terra d’origine, essendo stata abbandonata alla nascita dai genitori coreani e adottata da una famiglia francese, Dopo aver fatto amicizia con dei ragazzi del luogo che la indirizzano alla Hammond, un’ agenzia che si occupa di pratiche per le adozioni, decide di voler rintracciare i suoi genitori biologici, ( che sono separati da molti anni ),inizialmente senza troppa convinzione. Il padre risponderà alla richiesta, immediatamente mentre la madre negherà qualsiasi tipo di contatto.
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Freddie è una venticinquenne che per un contrattempo sul volo diretto in Giappone, si trova a fare uno scalo forzato a Seoul, che in realtà sarebbe la sua terra d’origine, essendo stata abbandonata alla nascita dai genitori coreani e adottata da una famiglia francese, Dopo aver fatto amicizia con dei ragazzi del luogo che la indirizzano alla Hammond, un’ agenzia che si occupa di pratiche per le adozioni, decide di voler rintracciare i suoi genitori biologici, ( che sono separati da molti anni ),inizialmente senza troppa convinzione. Il padre risponderà alla richiesta, immediatamente mentre la madre negherà qualsiasi tipo di contatto. La ragazza dovrà confrontarsi con una cultura e un paese diverso e sconosciuto, al quale dimostra apertamente ostilità, la stessa che manifesta verso il padre, già dal momento del loro primo incontro, rivendicando di essere e sentirsi francese. La barriera linguistica ne crea altre, quella emotiva e quella culturale, oltre a quella affettiva, il padre si rivela un uomo desideroso di recuperare il tempo perduto, rivelandosi assurdamente invadente e incontrollato, così come la sua dipendenza dall’alcool, Freddy si dimostra fredda e scostante, infastidita, non avverte e non può avvertire dentro di sé il riempimento di un amore paterno, sorge spontaneo domandarsi se la scelta di abbandonarla in fasce era per salvarla da una vita di stenti e offrirle un futuro con più certezze, forse, non possiamo saperlo, ciò che sappiamo è di una ragazza in cerca di una sua identità, che abita una terra di mezzo senza capire dove desidera mettere radici. Il suo esibito attaccamento alla Francia , rivela invece quanto se ne stia gradatamente allontanando, Freddie sembra voglia confermare di appartenere unicamente a sé stessa, di non avere bisogno di nessuno ( nella scena iniziale si versa il soju da sola), intreccia relazioni effimere senza curarsi di far soffrire le persone, nasconde le sue emozioni dietro una sfrontatezza che appare irritante, si muove con indifferenza e glaciale tristezza. Nell’arco temporale di otto anni, Seul sarà il desolante luogo cui tornare e scappare continuamente , in una dicotomia di appartenenza, sempre con un senso di incompiutezza e l’incapacità di trovare il suo linguaggio. L’esordiente Park Ji Min è bravissima a mostrare i molteplici volti di una irrequietezza congenita e l’incompatibilità a relazionarsi per timore di un rifiuto, come quello ostinato della madre naturale, il cui eccesso di assenza di forma si cristallizza in un vuoto insaziabile, e con la costante paura di stare troppo vicino alla vita.
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lorenzo massagli
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mercoledì 24 maggio 2023
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ritornare a casa?
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Già il titolo originale del film (All The People I'll Never Be, lett. "tutte le persone che non sarò mai") è indicativo della tematica di fondo affrontata da Davy Chou, cioè la difficoltà di relazionarsi con un mondo che non è mai stato nostro ma in cui siamo nati. Freddie è una ragazza naturalizzata francese nata da una famiglia coreana che non ha mai conosciuto. Due settimane a Seoul sono l'occasione per la protagonista di cercare suo padre e sua madre. Da qui inizia un cammino che affronta tematiche molto interessanti (il contatto con una cultura diversa, il profondo senso di colpa coreano e primo su tutti il rigetto verso chi, nonostante le difficoltà, ha abbandonato una figlia). Il problema sorge quando il film diluisce troppo le vicende di Freddie, girando sempre intorno al problema secondo segmenti temporali lontani da loro.
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Già il titolo originale del film (All The People I'll Never Be, lett. "tutte le persone che non sarò mai") è indicativo della tematica di fondo affrontata da Davy Chou, cioè la difficoltà di relazionarsi con un mondo che non è mai stato nostro ma in cui siamo nati. Freddie è una ragazza naturalizzata francese nata da una famiglia coreana che non ha mai conosciuto. Due settimane a Seoul sono l'occasione per la protagonista di cercare suo padre e sua madre. Da qui inizia un cammino che affronta tematiche molto interessanti (il contatto con una cultura diversa, il profondo senso di colpa coreano e primo su tutti il rigetto verso chi, nonostante le difficoltà, ha abbandonato una figlia). Il problema sorge quando il film diluisce troppo le vicende di Freddie, girando sempre intorno al problema secondo segmenti temporali lontani da loro. A questo si uniscono scene (come quella della discoteca) inutili rispetto a tutta la prima parte del film. Fotografia ottima come la colonna sonora che per alcuni brani riesce ad immedesimare lo spettatore nella Corea contemporanea. Un film discreto, ma che a mio avviso poteva dare di più. Consigliato ma non assolutamente sì
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martedì 16 maggio 2023
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leggere lo spartito per tradurlo in musica
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Salve c'è una corrispondenza tra il finale del film dove Freddie prima quasi esitando e poi con maggiore confidenza legge lo spartito traducendolo in musica, in una battuta che ho colto a volo quasi all'inizio del film lei dice qualcosa dell'approccio alla realtà che si lega con il finale. Purtroppo non ricordo esattamente la battuta.
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