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Amerikatsi, un grido di libertà autentico e selvaggio

Una fiaba amara, carica di violenza (anche fisica) ma anche sognante, con momenti di magica leggerezza. Da giovedì 16 gennaio al cinema.
di Simone Emiliani

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giovedì 9 gennaio 2025 - Recensioni

Impero Ottomano, 1915. Charlie è un bambino che è riuscito a sfuggire al genocidio armeno nascondendosi in un baule diretto negli Stati Uniti. Dopo oltre trent'anni, nel 1948, torna nel suo paese ma una notte viene arrestato dalle guardie sovietiche. Si ritrova così rinchiuso in carcere, condannato ai lavori forzati. Dalla finestra della sua cella però riesce a osservare quello che avviene nell'appartamento di fronte, nella famiglia di Tigran, l'uomo che lavora nella torre del penitenziario ma ha sempre sognato di fare il pittore. Da lì assiste ai momenti di dolore e di felicità di quella famiglia e ritrova la speranza per un futuro migliore.

Michael A. Goorjian riporta a galla il genocidio armeno da parte dei turchi nel 1915 ma il suo è essenzialmente un grido di libertà, autentico e selvaggio. Può accadere che la metafora possa essere troppo insistita (il volo della cicogna) e la deformazione grottesca dei personaggi un po' troppo caricata.

Ma Amerikatsi trova anche una sua magica leggerezza come, per esempio, nel balletto chapliniano di Charlie con le guardie verso la sua cella e un'intensità sentimentale crescente in tutta la parte finale.

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