"La ruota del destino e della fantasia" è un film diviso in tre episodi, ognuno con una chiave di lettura (e uno stile registico diverso), in cui le figure femminili sono al centro del racconto: mentitrici, subdole, finanche capaci di orchestrare inganni, non per compiacere il prossimo, bensì per soddisfare la loro voglia di vita, di eros, di fantasia appunto. Nel primo episodio, due amiche si confidano nello spazio angusto di un'automobile: la prima accenna all'altra di un incontro seducente, la seconda le fa gli occhi dolci come se non avesse mai vissuto una storia del genere. Ma già qui capiamo dove andrà a parare il cinema di Hamaguchi, che ci fa intuire soltanto da un gesto, un'inquadratura, uno sguardo, che, dietro quella apparente gentilezza di circostanza, si nasconde un'altra verità.
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"La ruota del destino e della fantasia" è un film diviso in tre episodi, ognuno con una chiave di lettura (e uno stile registico diverso), in cui le figure femminili sono al centro del racconto: mentitrici, subdole, finanche capaci di orchestrare inganni, non per compiacere il prossimo, bensì per soddisfare la loro voglia di vita, di eros, di fantasia appunto. Nel primo episodio, due amiche si confidano nello spazio angusto di un'automobile: la prima accenna all'altra di un incontro seducente, la seconda le fa gli occhi dolci come se non avesse mai vissuto una storia del genere. Ma già qui capiamo dove andrà a parare il cinema di Hamaguchi, che ci fa intuire soltanto da un gesto, un'inquadratura, uno sguardo, che, dietro quella apparente gentilezza di circostanza, si nasconde un'altra verità. La sceneggiatura è brutale, spiazzante, tanto più che le parole dei sentimenti sono come lame affilate che possono incidere il tessuto del linguaggio, rivelando un altro senso (spesso doppio), come nel secondo episodio. Qui, un professore che dovrebbe essere vittima di un "honeytrap", assiste a una lettura erotica del suo libro senza scomporsi, ma la sorte è beffarda anche quando egli, opportunamente, si sforza di lasciare "la porta aperta" all'altra. Insomma, la ruota del destino gira, che lo vogliamo o no, e il non-detto (quello che Hamaguchi lascia fuori dal racconto e dalla macchina da presa) sembra alimentare la sua imprevedibilità o, almeno, il gioco delle proiezioni con cui rivestiamo il tempo che passa. Così è anche per la protagonista dell'ultimo racconto, una donna ancora legata al ricordo del passato, che si illude di aver visto la sua ex-fidanzata in un'altra incontrata alla stazione. Sarà lei? Anche se i dettagli combaciano (gli studi a Tokyo, un nuovo compagno, che la protagonista si limita a chiamare, pudicamente, "signor Marito"), la situazione volge verso un esito imprevedibile per entrambe. In ultima istanza, dunque, il cinema di Hamaguchi rispecchia, con tipica freddezza giapponese, una società contemporanea allo sbando, priva di punti di riferimento, in cui solo quando proviamo a correre il rischio di essere noi stessi abbiamo la possibilità (ma non la certezza) di amare ed essere amati.
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