La regista ha sempre raccontato il mondo femminile, donando alle sue protagoniste un modo per rompere le sbarre. Dal 27 marzo torna in sala con Priscilla, ancora una volta la storia di una donna decorativa che vorrebbe sbocciare ed emanciparsi. Vai all'articolo
Il minimo che si possa dire di Sofia Coppola è che ha un soggetto, un’ossessione, più precisamente, che attraversa tutti i suoi film, indipendentemente dal contesto sociale, geografico o storico in cui sono ambientati. Il rumore della guerra (di Secessione) o della rivoluzione (francese) nel suo cinema è sempre ridotto a un suggestivo dettaglio della storia. Il contesto, pur ricostruito con grande sfarzo e precisione, non è mai più di un pretesto. Quello che conta è la situazione, sempre la stessa, quella di una giovane donna senza territorio (Lost in Translation), lontana dalla famiglia (Marie Antoinette), caduta dal cielo, una creatura venuta d’altrove (Priscilla), una vera e propria aliena che non riconosce niente e nessuno come suo, che si consuma nel sentimento di essere estranea al mondo. L’aspetto toccante di Sofia Coppola è che ha trovato il suo soggetto molto presto e la prima volta che si è incarnato è stato suo padre a realizzarlo per lei. Vai all'articolo
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