The Story of Film: A New Generation

L'autore di "Story of Film" aggiunge un nuovo capitolo ai 15 che componevano quella rivisitazione esplicitamente personale della Storia della Settima arte. Trascorsi vent'anni dall'inizio del nuovo millennio giunge ora sullo schermo con un film rivolto ai cinefili come lui che ama far saltare le frontiere, sia di origine dei film ma anche di genere, non avendo alcuna remora nell'accostare opere d'essai con blockbuster conclamati.

Cousins si espone in questo documentario come forse non aveva ancora fatto in precedenza esplicitando giudizi che si possono o meno condividere ma che provocano comunque una riflessione.

Sarà bene segnalare in apertura l'unico elemento che non aiuta nella visione di questa opera che resta importante. Si tratta della voce del suo autore che questa volta è di una monotonia a tratti difficile da accettare. Per il resto invece tutto bene. Perché Cousins ha l'ardire di accostare subito in apertura due blockbusters decisamente distanti tra loro come concezione. Si tratta di Joker e di Frozen ai quali fa seguito P.K. un film indiano che sui nostri schermi non è arrivato ma che nel Paese d'origine è un altrettanto reale blockbuster. Da lì parte una carrellata che si muove a briglia solo apparentemente sciolta tra entertainment ed essai.

Cousins si può occupare sia di Mad Max: Fury Road di George Miller come di Adieu au langage di Godard. Che poi affermi che il primo è il miglior film action dei nostri tempi è ovviamente una valutazione opinabile ma questo fa parte del gioco di un cinefilo e storico tanto eclettico quanto interessato a vedere dove sta andando il cinema.

Il fatto che tratti solo marginalmente l'argomento dell'influenza delle piattaforme come Amazon e Netflix sui mutamenti del cinema contemporaneo può far ritenere ai malpensanti che si tratti di un eccesso di prudenza così come ad altri che abbia ritenuto che affrontare il tema lo avrebbe costretto ad un'ulteriore consistente estensione di un'opera già di per sé non breve. A questo proposito: elude anche l'ennesima scomparsa e susseguente sparizione del 3D dalle sale con quello che tutto ciò ha comportato.

Si tratta però di omissioni che non inficiano la tenuta di fondo di un'opera che richiede uno spettatore attento e preparato (che magari scopra che ci sono tanti film significativi che non ha visto) ma che può rivolgersi anche a studenti delle superiori i cui docenti abbiano voglia di riflettere su come un linguaggio fondamentale come è quello delle immagini stia affrontando profonde mutazioni.

Quando, ad esempio, Cousins si occupa di due film come Parasite di Bong Joon-Ho e Un affare di famiglia di Kore'eda Hirokazu non lo fa dal punto di vista della narrazione o della pura estetica di linguaggio cinematografico. Spinge lo spettatore ad osservare come la scenografia sia scientemente finalizzata ad offrire un ulteriore e fondamentale senso a ciò che al suo interno accade nel film con una sottolineatura che potremmo definire 'didattica' nel senso più positivo del termine. 