The French Dispatch

Emiliano Morreale

Quando un regista ripropone il proprio mondo in maniera lampante come ha fatto Wes Anderson nelnuovo film, le reazioni sono inevitabilmente due. C' è chi si incanta perché, come dicono certuni, "c' è tutto il suo cinema", perché colgono costanti e varianti; e c' è chi ne esce con un leggero senso di spiacevole sazietà. The French dispatch è il nome di una rivista americana di stanza a Parigi, ma il modello è il New Yorker dei tempi d' oro, che era già chiaramente presente fin dai tempi dei Tenenbaum . La morte del direttore (Murray) è la cornice per una serie di episodi (più un prologo), sotto forma di rubriche del giornale: un pittore rinchiuso in manicomio (Benicio del Toro) e assistito da una modella-infermiera (Léa Seydoux) viene scoperto da un collezionista (Adrien Brody); una reporter (Frances McDormand) ha una storia con un giovane militante (Timothée Chalamet); uno scrittore di colore (Jeffrey Wright) incaricato di scrivere un pezzo su un celebre cuoco è trascinato in un mistero da risolvere. Lo spettatore più sofisticato può divertirsi con le strizzatine d' occhio, scovando riferimenti reali e non (Godard, Daniel Cohn-Bendit, James Baldwin) ma il giochino è un po' facile: il maggio 1968 è a marzo, Parigi si chiama Ennui- sur-Blasé, il cuoco Nescoffier: un po' come nelle vecchie storie di Topolino con Federico Felloni o Niki Bagnacauda. Anderson si è inventato un mondo riconoscibile e, come a volte accade, è rimasto prigioniero delle sue scenografie, dei carrelli, delle citazioni, tanto che in questo auto-omaggio alcuni hanno voluto vedere un' autoparodia, e un fondo di amarezza. Sarà, ma se si continua ad ammirare l' abilità del regista e le facce di certi attori (specie i più anziani, Murray e McDormand) l' impressione è di uno stile diventato griffe. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Bill Murray, attore-feticcio di Anderson.
Da La Repubblica, 11 novembre 2021


di Emiliano Morreale, 11 novembre 2021