Sabina Guzzanti torna alla regia con un doc partecipativo calato in un modello di coabitazione. Presentato alle Giornate degli Autori della 78. Mostra di Venezia e da lunedì 13 settembre al cinema.
di Raffaella Giancristofaro
Grazie alla libertà della produzione indipendente, a una troupe leggera, e soprattutto al rapporto di fiducia con Andrea Alzetta (entrambi sono stati tra gli imputati, infine assolti nel 2021 dopo nove anni, per l’occupazione dell’ex Cinema Palazzo), Sabina Guzzanti porta la sua macchina da presa nell’edificio simbolo romano dell’esproprio come alternativa all’assenza di decisioni politiche, realtà incandescente, ricca di spunti narrativi.
Una coabitazione-mondo che si fa osservatorio d’eccezione per illuminare e far esplodere molte contraddizioni del presente: oltre all’atavico problema degli alloggi (“il diritto alla casa è sacrosanto”, si legge sullo striscione all’entrata), la precarietà abitativa e lavorativa date come realtà di fatto, emergenze sociali rispetto alle quali luoghi come Spin Labs indicano una soluzione, per quanto auspicabilmente transitoria, e non vergogne da nascondere, o peggio, boicottare. Allargando lo sguardo, il diritto a un’esistenza dignitosa che comprende possibilità di cultura, lavoro e salute ed è strettamente connesso alla complessa legislazione che coinvolge gli stranieri in Italia, compreso il piano casa Renzi - Lupi (non citato direttamente dal film ma evocato dall’episodio della fornitura di servizi basilari).
Un documentario partecipativo che arriva nello stesso anno del restauro di La cosa di Nanni Moretti, 1990, analogamente dedicato alla nobiltà difficile del confronto civico, e insieme instant movie, girato in cinque settimane a ridosso della pandemia. con un chiaro riferimento al modello della forma politica ateniese.