Un film dal grande gusto pittorico e profondità spirituale. Alla di Quinzaine des Réalisateurs di Cannes.
di Paola Casella
Luciano è il figlio del medico locale di un borgo della Tuscia tardo ottocentesca: un'anima persa, un ubriacone che si trascina attraverso il villaggio e le campagne con grande scandalo per la comunità. Ma Luciano guarda in alto, e ama una contadina promessa ad un principe: lo stesso che taglieggia la comunità, e contro cui Luciano intende ribellarsi in nome di una giustizia di principio. Le cose non andranno come crede, e l'uomo si troverà a vagare dall'altra parte del mondo in cerca di un tesoro leggendario inseguito da molti, convinti che l'oro nascosto cambierà la loro vita. Quella vita in cui le cose importanti invece, a ben guardare, sono altre.
Alessio Rigo de Righi (di per sé un cognome da epopea) e Matteo Zoppis, entrambi classe 1986, esordiscono alla regia e sceneggiatura di Re Granchio.
Un film dove ogni inquadratura è un quadro, ogni sequenza la tappa di una via Crucis lungo un percorso di pentimento e redenzione, narrato a metà fra il racconto del cantastorie e l’elegia pastorale.
I protagonisti restano presenze intense e memorabili, inquadrate come dipinti d’epoca, ma capaci di pulsare di passione senza tempo, di desiderio senza argine possibile.
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