In Concorso a Cannes il nuovo film del regista simbolo della resistenza al potere di Putin. Dal 1° marzo su IWONDERFULL.
di Roberto Manassero
Come probabilmente molti sanno, il regista russo Kirill Serebrennikov, aperto oppositore di Vladimir Putin, è stato arrestato durante le riprese del suo film precedente, Summer (2017), per una storia poco chiara di finanziamenti illeciti al suo teatro Gogol di Mosca. Oggi è un uomo libero, ma non può ancora lasciare il suo paese, e per la seconda volta consecutiva non ha potuto accompagnare a Cannes un suo film invitato in concorso. Viste le premesse, Petrov’s Flu, cioè l’influenza di Petrov, è inevitabilmente immerso in un clima d’oppressione e di prigionia (fisica e spirituale), e nonostante sia stato girato prima della pandemia rimanda in modo preveggente alla questione sanitaria e, in generale, al destino di una nazione coinvolta in un evento collettivo.
Nel film l’influenza fa da filo narrativo del racconto, si trasmette da un componente all’altro della famiglia protagonista creando una sorta di connessione che supera le barriere spaziotemporali e sovrappone nella stessa inquadratura realtà e desiderio.
È tutto realtà o sogno? È cronaca o delirio? Secondo un procedimento narrativo e stilistico che ha il proprio padre nobile in Aleksey German, regista anch’egli osteggiato dal potere (sovietico, in quel caso), Serebrennikov gestisce il suo film con un registro eccessivo e confusionario, dando vita a uno zibaldone di immagini e di suoni, di parole e pensieri, di piani sequenza e scene agghiaccianti riprese in continuità (un suicidio, un’esplosione, un rapimento alieno), che rende bene la confusione di un mondo, ma al tempo stesso ne offre la superficie corrotta e putrescente, risultando alla lungo compiaciuto e stancante.