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Lamb, un’ambiziosa riflessione sul rapporto tra uomo e natura. Un’esperienza da non perdere

Ambientata in Islanda, l'opera prima di Valdimar Jóhannsson si interroga sul perché l’umanità tenda a sopraffare la natura e ad approfittarne, anche con buone intenzioni e buoni sentimenti, ma sempre con spirito egoistico ed egocentrico. Al cinema.
di Rudy Salvagnini

Noomi Rapace - Capricorno. Interpreta Maria nel film di Valdimar Jóhannsson Lamb.
venerdì 1 aprile 2022 - Focus

Il rapporto tra uomo e natura è stato molte volte oggetto di trattazione in ambito cinematografico, cercando spesso di evidenziare come l’elegia bucolica ne sia un aspetto idealizzato ed estraneo alla realtà concreta. Ciò in particolare nel cinema di genere, soprattutto in quello con ambizioni autoriali. Un esempio tra i più noti è Un tranquillo week-end di paura che prende in prestito (o magari piuttosto contribuisce a creare) la struttura del thriller survivalista per mostrarci come la natura non sia una buona maestra per lo spirito degli esseri umani e talvolta possa generare mostri in relazione ai quali l’uomo civilizzato si trova in chiara difficoltà.

Ambientato in Islanda, Lamb, interessante opera prima di Valdimar Jóhannsson con una apprezzata carriera in ruoli tecnici alle spalle, è una ambiziosa riflessione su come l’umanità tenda a sopraffare la natura e ad approfittarne, anche con buone intenzioni e buoni sentimenti, ma sempre con spirito egoistico ed egocentrico.

Come già avveniva con un’opera per certi versi analoga, Border - Creature di confine (guarda la video recensione), il film flirta, si potrebbe quasi dire, con stilemi e situazioni proprie dell’horror senza mai abbracciarle compiutamente, ma traendone comunque linfa per fornire di suggestioni anche visive la propria storia, irrobustendone così le linee narrative senza venire però sopraffatto dagli effetti tipici del genere.

La storia è molto lineare e verte sul desiderio di maternità, o meglio di genitorialità, che spinge una coppia ad allevare come una propria figlia un curioso e quasi mitologico ibrido animalesco che nasce all’improvviso da una pecora nell’isolata fattoria nella quale la coppia, solitaria, vive un’esistenza fatta di lavoro e di silenzi. E anche di mancanze, come rivela la croce sopra una tomba vicina alla fattoria; croce su cui è iscritto proprio il nome di Ada, che la coppia impone alla “figlia”.

Il confronto tra la “madre” umana e quella animale, quella vera cioè, è non solo metaforico, ma anche concreto, con quest’ultima che non si rassegna a perdere la sua pargoletta. E nella risoluzione del confronto - che avviene quasi subito - si rivela in modo evidente la natura predatoria e sopraffattrice dell’essere umano.

Ma l’animale non è il solo esponente della natura a contrapporsi agli esseri umani, perché, oltre ai pochi personaggi che popolano la storia (la coppia più il fratello del marito che arriva, incongruamente, a portare un po’ di scompiglio ed è dapprima un po’ perplesso dalla situazione che trova per poi rimanere anche lui in parte soggiogato dalla presenza della creaturina), un vero e proprio personaggio che domina la scena è il paesaggio nel quale i personaggi si trovano ad agire. Un paesaggio che sovrasta gli esseri umani ed è aspro, ostile, freddo e inospitale, in rappresentanza di una natura che sembra voler espellere da sé quegli esseri che cercano superbamente di dominarla andando contro, appunto, all’ordine “naturale” delle cose.

La messa in scena è austera, rigorosa. I dialoghi sono asciutti e trasmettono il senso di estraneità e di solitudine che sovrasta marito e moglie e si disperde solo in parte - e non in modo necessariamente positivo - quando arriva il terzo personaggio a turbare la strana quiete familiare e a introdurre, momentaneamente, un elemento di labile razionalità. L’allegoria finale è forse un po’ forzata e tende a enfatizzare oltre modo l’aspetto simbolico del racconto, ma rappresenta comunque una chiusa adeguata alla rappresentazione dello scontro tra la “civiltà” e la Natura.

Pur con i suoi difetti e con qualche semplicismo concettuale di troppo, il film vanta un’originalità di fondo e un’azzeccata atmosfera di realismo magico che lo rendono un’esperienza da non perdere.


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