Una spy story ricca di azione sulle tensioni tra le due Coree in Africa. Un film perfetto per i fan di Ryoo. Al FEFF.
di Emanuele Sacchi
In Escape from Mogadishu si rileva il tentativo di uscire dai consueti stereotipi su Nord e Sud – il primo costituito da inflessibili macchine da guerra che non hanno mai conosciuto la libertà, il secondo da cialtroni collerici ma di buon cuore – e di cercare una maggiore presa con il verosimile, se non altro perché la vicenda è tratta da un fatto realmente avvenuto.
La consueta parabola che porta Nord e Sud ad accantonare gli annosi contrasti e trovare una soluzione comune, scoprendosi assai più simili di quanto potesse apparire, è gestita con sobrietà e con attenzione ai tempi serrati di un action che concede poco spazio al pensiero (e anche all’approfondimento psicologico dei personaggi).
Coerentemente con una filmografia corposa e divenuta negli ultimi anni sempre più significativa e coesa, Ryoo persegue nuovamente la sua idea, ingenua ma efficace, di unità nella diversità tra Sud e Nord, a costo di esemplificarla con immagini semplici e potenti nello stesso tempo. Tutto già visto e vissuto, ma gli amanti di Ryoo troveranno un porto sicuro a cui approdare.