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Caro Evan Hansen |
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Un film di Stephen Chbosky.
Con Ben Platt, Amy Adams, Julianne Moore, Kaitlyn Dever.
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Titolo originale Dear Evan Hansen.
Musical,
Ratings: Kids+13,
durata 137 min.
- USA 2021.
- Universal Pictures
uscita giovedì 2 dicembre 2021.
MYMONETRO
Caro Evan Hansen   
valutazione media:
3,50
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Caro Evan Hanses
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| venerdì 10 dicembre 2021 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Trattare la “salus”, la salute mentale di adolescenti, è un tema caro alla letteratura di genere, vedi Noi siamo infinito. E non sorprende che la malattia al cinema, talune volte empia di retorica, sia un leit motiv di numerose pellicole. Ne sa qualcosa Stephen Chboski che con Wonder, storia di un ragazzino dalla sindrome cranico-facciale e la sua naturale evoluzione verso una vita “normale”, intesa come accettazione della diversità, ha ben esplicitato il politically correct dei cosiddetti freaks al cinema in maniera edulcorata e gentile. L’ultimo sua “fatica”, il musical, Caro Evan Hansen non si discosta molto da tali aspetti. Abbiamo un adolescente Evan (il bravissimo Ben Platt), affetto da un disturbo da ansia sociale che gli inibisce ogni relazione sociale con la classe e che cerca di vincere, su consiglio dello psicologo e di una madre non propriamente presente nei suoi ruoli di infermiera (Julianne Moore), con la scrittura di lettere indirizzate a sé stesso, tutte con un medesimo inizio alla Sostiene Pereira: Dear Evan Hansen ovvero Caro Evan Hansen. Che succede quindi? Che una di queste, un giorno viene rubata da Connor un compagno di classe di Evan, non propriamente simpatico (per la cui sorella Zoe Evan ha una cotta), l’unico tuttavia che gli ha firmato il braccio ingessato prima di suicidarsi. Sì, esatto perché Connor soffriva di un malessere assai comune e che coglieva in un attimo di debolezza una mente fragile: la solitudine e l’indifferenza. La perdita della vita di Connor è il la del film. Nonostante i tentativi di Evan di dire la verità, i genitori del ragazzo, interpretano erroneamente la lettera rubata da Connor come una dichiarazione d’addio, prima del suicidio, indirizzata a Evan, con il nome di Connor sul gesso che rafforza la loro convinzione. Tutto ciò porterà a delle conseguenze impreviste, a una bugia che Evans mai negherà e che presto diventerà virale, concedendo al giovane quella popolarità e socialità bramata ma amaramente sofferta. Adattamento cinematografico del musical Dear Evan Hansen di Steven Levenson e Pasek & Paul, interrotto a più riprese per l’emergenza Coronavirus, Caro Evan Hansen sceglie la via del dramma adattando il linguaggio di uno spettacolo, vincitore di sei Tony Awards, a un lungometraggio cinematografico, con esiti non sempre eccellenti, malgrado le ottime musiche. Perché, in fondo, la salus mentale, di cui sopra, clichè abusato, non riesce mai pienamente a decollare pesando sulle spalle di Ben Platt (con cara pace di Julianne Moore e Amy Adams ridotti a co-primari) e risultando a tratti minimalista, colmo di un montaggio forsennato e furibondo. Chboski centra il “wonder” -la sua meraviglia- nel disagio mentale adolescenziale ma finendo per converso chiuso dentro un piglio conservatore, statico, esponendo una galleria umana ma pur sempre superficiale, retorica e dall’intento confrontabile a un testo carducciano o di De Amicis; ovvero, profondamente pedagogico e mai critico sino in fondo con un libero arbitrio ridotto a flebile lumicino. Così, se il centro del racconto è la malattia, la sfumatura esistenziale che lo permea è puro compitino dai meccanismi narrativi consolidati e colpi di scena prevedibili con personaggi che assurgono a maschere pronte a recitare il loro ruolo senza un grande valore aggiunto accontentandosi di uno sguardo disincantato ma moralmente ineccepibile e poetico su quei magnifici anni che tutti noi abbiamo vissuto.
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