C'mon C'mon

Coast to coast con lo zio Johnny

Un bambino che ruberebbe la scena anche a Joaquin Phoenix viene lasciato da sua madre allo zio, Che è proprio Joaquin Phoenix. Segue lunga, movimentata, buffa, poetica, esilarante, snervante disamina di quella che una volta si chiamava figura paterna e oggi e una specie di buco nero che ciascuno riempie come può. Anche perché il vecchio e ammonitore I bambini ci guardano (De Sica-Zavattini-Viola, 1942) di questi tempi non mette in guardia più nessuno. Ormai i bambini ci studiano. ci sfuggono, ci anticipano, ci mettono all'angolo, ci rigirano come calzini. E se siamo bravi (oltre che fortunati) ci regalano un'ultima chance per rimetterci in discussione, come si diceva una volta. Rimescolando ruoli e priorità, ovvero sogni e bisogni di grandi e piccini con la grazia di un ciclone e il fiuto di un algoritmo. Sicché il vecchio zio Johnny (Phoenix), uno scapolo che neanche a farlo apposta gira gi Usa con microfono e registratore per scandagliare via radio le aspirazioni segrete degli under 12, si ritrova in questa posizione insieme pericolosa e privilegiata. Deve badare al piccolo Jesse (il fenomenale Woody Norman, una filmografia già impressionante al suo attivo), portandolo con sé da Los Angeles a New York mentre Sua sorella Viv (Gaby Hoffmann), la madre di Jesse, corre in soccorso del marito affetto da disturbi bipolari. In altre parole deve offrire le sue inadeguatezze in pasto a quel nipotino bisognoso di ogni cura e attenzione che però a nove anni parla già come gli psicanalisti dei film di Woody Allen e conosce tutti i trucchi per mettere in crisi gli adulti (nonché le tecniche di rilassamento per farli addormentare..). Con molti momenti memorabili e rivelatori, come dubitarne, anche se a forza di saturare ogni riga dei dialoghi e ogni angolo delle sue sapienti inquadrature, senza dimenticare i flashback per mettere a fuoco il doloroso retroterra familiare di Johnny e Viv, e la studiatissima colonna musicale, "Cmon Cmon" induce un certo senso di sazietà. E finisce forse per smussare qualche angolo di troppo, togliendo un poco di mordente a questa commedia in bianco e nero dai risvolti mélo dietro cui ogni tanto si indovina l'esperto regista di videoclip. Es- sere padri -e madri, figli, mogli, fratelli non è mai stato più complicato. E insieme più semplice e gratificante di così.
Da L'Espresso, 10 aprile 2022


di Fabio Ferzetti, 10 aprile 2022