felicity
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lunedì 30 marzo 2020
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un abisso di nulla
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L'attrattiva numero uno di Serenity è il ritorno della coppia di Interstellar, McConaughey e Hathaway.
Ma si resta delusi: il primo, dopo il riscatto clamoroso di qualche anno fa, ha fatto tutto il giro ed è tornato a recitare senza maglietta, in una performance che sembra una auto-parodia dei suoi ruoli migliori. Dal modo in cui si muove, al modo in cui fuma la sigaretta e in cui interagisce con gli altri attori: tutto è già visto. La seconda ha vinto un Oscar, ma dopo ha proseguito tra alti e bassi.
Insieme, qui, non hanno alchimia, neppure nella breve scena di sesso che dovrebbe rappresentare l'esplosione di una vecchia passione repressa.
Serenity risulta noioso in quanto thriller, datato in quanto a mix di generi e pretenzioso nel voler parlare dei massimi sistemi senza esserne in grado.
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L'attrattiva numero uno di Serenity è il ritorno della coppia di Interstellar, McConaughey e Hathaway.
Ma si resta delusi: il primo, dopo il riscatto clamoroso di qualche anno fa, ha fatto tutto il giro ed è tornato a recitare senza maglietta, in una performance che sembra una auto-parodia dei suoi ruoli migliori. Dal modo in cui si muove, al modo in cui fuma la sigaretta e in cui interagisce con gli altri attori: tutto è già visto. La seconda ha vinto un Oscar, ma dopo ha proseguito tra alti e bassi.
Insieme, qui, non hanno alchimia, neppure nella breve scena di sesso che dovrebbe rappresentare l'esplosione di una vecchia passione repressa.
Serenity risulta noioso in quanto thriller, datato in quanto a mix di generi e pretenzioso nel voler parlare dei massimi sistemi senza esserne in grado.
Un'ambizione smodata che si schianta contro una scrittura legnosa e personaggi stereotipati.
Vorrebbe essere un film sulla famiglia, su un padre disposto a tutto pur di proteggere il figlio e assumersi finalmente le sue responsabilità, ma il regista non riesce a trovare il perfetto matrimonio tra temi e messa in scena, consegnandoci un'opera che sa di vecchio.
Solamente verso la fine si avrà un quadro completo del perché di tante scelte, sia stilistiche che narrative.
Il finale però non giustifica quanto visto fino a poco prima. Soprattutto con un plot twist che dovrebbe far naufragare il film in una deriva esistenzialista di dubbio gusto, scadendo però nel mare della pretenziosità.
Libero arbitrio, etica, esistenza, con un thriller sullo sfondo: troppa carne al fuoco, il risultato è una caduta nell’abisso del nulla.
Sarebbe un colpo di coda niente male, scoprire che il regista ha realizzato consapevolmente il suo fallimento, proprio in contemporanea con la descrizione di un mondo idilliaco che si va sfaldando inquadratura dopo inquadratura.
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neokalimer
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venerdì 13 marzo 2020
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anche gli attori hanno il mutuo da pagare
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Altrimenti non si spiegherebbe la ragione per la quale due attori così famosi e capaci si siano lasciati convincere a partecipare a questo "progetto".
Trama confusa e involotariamente comica.
Già la prima scena, quella della caccia al tonno, dice tutto! Se fosse saltato fuori l'omino coi baffi e con il ramoscello di ulivo non mi sarei stupito.
Sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti.
Con tutto il rispetto, ma il regista dovrebbe farsi un esame di coscienza e riflettere se questa sia effettivamente la sua strada. Forse dovrebbe pensare a qualche alernativa. Per fare certe cose bisogna avere una stoffa che lui non ha. Non è sufficiente credere di averla; bisogna proprio averla! Oppure non eccedere e seguire schemi collaudati, magari classici, ma che possono rendere molto bene, sia in termini artistici che economici.
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Altrimenti non si spiegherebbe la ragione per la quale due attori così famosi e capaci si siano lasciati convincere a partecipare a questo "progetto".
Trama confusa e involotariamente comica.
Già la prima scena, quella della caccia al tonno, dice tutto! Se fosse saltato fuori l'omino coi baffi e con il ramoscello di ulivo non mi sarei stupito.
Sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti.
Con tutto il rispetto, ma il regista dovrebbe farsi un esame di coscienza e riflettere se questa sia effettivamente la sua strada. Forse dovrebbe pensare a qualche alernativa. Per fare certe cose bisogna avere una stoffa che lui non ha. Non è sufficiente credere di averla; bisogna proprio averla! Oppure non eccedere e seguire schemi collaudati, magari classici, ma che possono rendere molto bene, sia in termini artistici che economici.
Ma il mistero più grande, per me, rimangono le recensioni positive. Per favore: come si possono paragonare Moby Dick e il tonno del bel Matthew?
Però, i gusti sono sono gusti; così come esistono pareri negativi sui capolavori di Bergman, Bunuel e Kubric, può capitare che qualcuno apprezzi questo film.
Il perchè, francamente, non lo capirò mai.
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elgatoloco
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mercoledì 19 febbraio 2020
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film intelligente
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"Serenity"di Steven Knight(2019, anche autore di soggetto e sceneggiatura)è un film intelligente: dietro la"scorza"(peraltro ben calibrata e congegnata, ma che si avverte, "ironicamente", essere mera scroza)del thriller, dietro le apparenze tutto sommato"convenzionali"della vicenda di amore, rancori, vendetta, si avverte che c'è delll'altro, né può essere un caso che la tastiera del computer del geniale tredicenne nasconda altro... Il rapporto"reale"-""virtuale", sogno-realtà, con la per nulla casuale citazione da William Shakespeare"Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni"(The Tempest, Atto IV°, dove forse non sarà peregrino ricordare che Knight è britannico, non made in the USA), è assolutamente fondamentale per comprendere il film, dove anche l'iniziale citazione"trasporta"di Melville("Moby Dick")non è né surfetazione culturalistica nè brama citazionista, ma pienamente emblematica di quanto l'autore vuole rappresentare.
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"Serenity"di Steven Knight(2019, anche autore di soggetto e sceneggiatura)è un film intelligente: dietro la"scorza"(peraltro ben calibrata e congegnata, ma che si avverte, "ironicamente", essere mera scroza)del thriller, dietro le apparenze tutto sommato"convenzionali"della vicenda di amore, rancori, vendetta, si avverte che c'è delll'altro, né può essere un caso che la tastiera del computer del geniale tredicenne nasconda altro... Il rapporto"reale"-""virtuale", sogno-realtà, con la per nulla casuale citazione da William Shakespeare"Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni"(The Tempest, Atto IV°, dove forse non sarà peregrino ricordare che Knight è britannico, non made in the USA), è assolutamente fondamentale per comprendere il film, dove anche l'iniziale citazione"trasporta"di Melville("Moby Dick")non è né surfetazione culturalistica nè brama citazionista, ma pienamente emblematica di quanto l'autore vuole rappresentare. Matthew Mc Conaughey è funzionale in pieno, dunque"perfetto"rispetto alle intenzioni dlel'autore, come ANne Hathaway, Diane Lane, Jason Calrke e le altri/gli altri, dove tutti i personaggi sono"pedine"di quel play(gioco inteso in senso pieno)che possiamo identificare con il"destino"o il"caso"dove, sottraendo la presenza ingombrante e non più credibile del"digitus Dei", di un Dio antropomorficamente inteso, vediamo come Knight lavori a partire dalla teoria della relatività, dalla teoria del caos, ma anche dalle teorie gnoseologiche radicali, invidividuabili(con tutte le differenze del caso, certo)in pensatori britannici come David Hume e George Berkeley...Una sfida vera e propria al pensiero corrivo e alla fruizione digestiva del cinema, come di ogni forma artistica e in genere di comunicazione"alta" El Gato
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joppolo23
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domenica 22 dicembre 2019
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serenity: un bel film? mah.
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Un film che mi ha lasciato assai perplesso.
Personalmente nel complesso non merita e se analizzato scena per scena non merita.
Possiede, comunque, un potere immenso di farti mettere in dubbio la sua validità:
magari è un bel film. Ma direi di no.
Consiglio la visione.
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joppolo23
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domenica 22 dicembre 2019
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serenity: un bel film? mah.
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Un film che mi ha lasciato assai perplesso. Complessivamente non merita e analizzato scena per scena non merita. Allo stesso tempo ha il potere di farti mettere in dubbio la sua validità: magari è un bel film. Ma direi di no.
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l''imbecille
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mercoledì 20 novembre 2019
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steven knight ha floppato!
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Ma che dire; senza ripercorrere spezzoni di sceneggiatura, a chi ha visto il film mi piacerebbe chiedere spiegazioni di atti inconcludenti, confusi e sui colpi di scena così banali da sembrare ridicoli.
Il top, secondo me, in cui serve davvero uno strumento di lettura è rappresentato dalle scene in cui appare quell’immaginario giovanotto con camicia e cravatta che attraversa il mare a piedi e vestito da strano uomo d’affari. Ma per fare cosa tutto ciò? Per dichiarare all’attore principale cose misteriose e insensate, quali: io sono le regole, sto interpretando la mia parte in un gioco e simili.
Altro e più importante strumento di lettura serve (senza usare il condizionale) per capire se il padre di quel bambino ossessionato dal computer, è o no il personaggio principale e cioè McConaughey nel ruolo di Baker Dill.
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Ma che dire; senza ripercorrere spezzoni di sceneggiatura, a chi ha visto il film mi piacerebbe chiedere spiegazioni di atti inconcludenti, confusi e sui colpi di scena così banali da sembrare ridicoli.
Il top, secondo me, in cui serve davvero uno strumento di lettura è rappresentato dalle scene in cui appare quell’immaginario giovanotto con camicia e cravatta che attraversa il mare a piedi e vestito da strano uomo d’affari. Ma per fare cosa tutto ciò? Per dichiarare all’attore principale cose misteriose e insensate, quali: io sono le regole, sto interpretando la mia parte in un gioco e simili.
Altro e più importante strumento di lettura serve (senza usare il condizionale) per capire se il padre di quel bambino ossessionato dal computer, è o no il personaggio principale e cioè McConaughey nel ruolo di Baker Dill. Qualche risposta l’ho trovata: sì, è il padre ormai defunto.
Defunto? Ma quando?
Qualcuno dice che Baker Dill, quindi, non sarebbe altro che un avatar, una proiezione virtuale del padre, morto durante una missione militare in Iraq. E cioè quello che appare è tutto un gioco virtuale inventato al computer dal figlio di Baker e Anne che in realtà è una poveretta che ha sposato un operaio edile ubriacone, e sarà il figlio di quel padre morto in guerra che ucciderà il patrigno.
Ma prendiamo veramente in giro lo spettatore, o no?
Questa volta la regia e la sceneggiatura di Steven Knight ha “floppato”, decisamente.
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nino raffa
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lunedì 28 ottobre 2019
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paradiso riconquistato?
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Portsmouth, Caraibi. Un uomo è ossessionato dalla caccia a un pesce abissale, e questo suo fatto personale, scopriamo poco a poco, riguarda la lotta tra il bene e il male, la giustizia e la vendetta, fino a coinvolgere la struttura stessa dell’universo. Riscrittura del Libro di Giona e di Moby Dick da parte di Steven Knight.
Ogni epoca si racconta attraverso i gingilli del momento. Senza andare troppo indietro, il ‘700, infatuato da automi e orologi, vedeva il mondo come meccanismo esatto di parti in movimento, amministrato da un Dio freddo; i nostri antenati ottocenteschi, esaltati da trenini e macchine a vapore, pensavano di correre verso l’illimitato progresso, sorvegliati da un Padre severo e borghese; il ‘900 quantistico e psicanalitico si leggeva come labirinto di possibilità (comprese le più abiette) centrato sul vuoto del Creatore.
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Portsmouth, Caraibi. Un uomo è ossessionato dalla caccia a un pesce abissale, e questo suo fatto personale, scopriamo poco a poco, riguarda la lotta tra il bene e il male, la giustizia e la vendetta, fino a coinvolgere la struttura stessa dell’universo. Riscrittura del Libro di Giona e di Moby Dick da parte di Steven Knight.
Ogni epoca si racconta attraverso i gingilli del momento. Senza andare troppo indietro, il ‘700, infatuato da automi e orologi, vedeva il mondo come meccanismo esatto di parti in movimento, amministrato da un Dio freddo; i nostri antenati ottocenteschi, esaltati da trenini e macchine a vapore, pensavano di correre verso l’illimitato progresso, sorvegliati da un Padre severo e borghese; il ‘900 quantistico e psicanalitico si leggeva come labirinto di possibilità (comprese le più abiette) centrato sul vuoto del Creatore. Il secolo corrente pensa al mondo e ai suoi abitanti come un ologramma; una sequenza di numeri, un software che gira su un computer; un gigantesco videogame ideato dal Caso, ragazzino bizzarro che gioca con noi – che gioca di noi – alla sua consolle.
“Serenity” si muove in un paradiso che la presenza umana ha già perduto. Il rugginoso container in cui abita il protagonista, posto su una meravigliosa scogliera a picco sull’oceano, è immagine perfetta della caduta.
Karen convince Baker, l’ex marito con cui ha avuto un figlio, a uccidere l’attuale consorte; Baker, dopo le prime riluttanze, porta a termine l’impresa. Sembrerebbe il solito noir, se i due protagonisti non fossero personaggi d’un videogame inventato da loro figlio Patrick – figli di loro figlio avrebbe scritto Dante – per uccidere il patrigno violento. A questo punto le domande si allargano e diventano diverse.
Come salvare la libertà dei personaggi (noi?) nel gioco di cui fanno parte? Il racconto di Knight lascia intuire (da alcuni dettagli e da piccole discrepanze temporali) spazi di scelta all’interno dalle necessità (virtuali) che costituiscono il gioco/mondo. “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” è l’inevitabile passo shakespeariano citato nella sceneggiatura. Ma chi è che (ci) sogna? si chiede il film.
Sogno e realtà. Piano reale e virtuale si rispecchiano e alimentano a vicenda, fino al doppio assassinio dell’abietto persecutore. La miserabile morte del patrigno riscatta quella (eroica, da soldato a stelle e strisce) del padre, avvenuta molti anni prima. Karen, la madre, vittima, ma anche colpevole per la scelta del secondo marito, scompare. Baker e Patrick si riuniscono. Il ragazzo corre sul molo verso la barca “Serenity” su cui lo aspetta il padre, nell’unica dimensione libera da vincoli di spazio, tempo e morte – quella virtuale – in cui ciò è possibile.
Qualche domanda rimane. Il vero Patrick rimarrà per sempre nella sua stanza davanti al computer insieme a suo padre? E se anche il ragazzo fosse dentro un gioco più grande? Se anche il sognatore fosse sognato? avrebbe insinuato Borges.
Per fortuna Serenity, già sofferto di suo, non arriva a questi abissi; comunque, proiettando la logica del film oltre i titoli di coda, l’apparente lieto fine potrebbe nascondere esiti ben più inquietanti.
Discreta interpretazione – molto fisica – di Matthew McConaughey; drammaticamente fuori ruolo Anne Hathaway; migliori i comprimari: Diane Lane, Djimon Hounsou (altra figura melvilliana) e Jeremy Strong (surreale e ubiquo agente di commercio uscito dalle tele di Magritte).
Da un lato, "Matrix" in salsa caraibica con tanto di squali e mafia cubana; dall’altro, "Dio esiste e vive a Bruxelles". Né visionario, né dissacrante, "Serenity” non convince fino in fondo. Taluni passaggi complicati invece che dare profondità sembrano coprire l’atteso e il già visto. Dall’autore/regista dell’ottimo “Locke” (2013) era lecito aspettarsi di meglio.
In un antichissimo racconto Qualcuno s’inventava un paradiso terrestre con dentro un uomo e una donna, stabiliva delle regole del gioco che lei istigava lui a violare; persa la partita, l’inesorabile GAME OVER gettava i due malcapitati nel duro mondo di fatica e dolore. Nella storia ideata da Steven Knight, l’ossessione del pesce che sarà utile al delitto sostituisce l’originale tentazione verso il frutto proibito, con risultati molto diversi. Allora con la caduta si perdeva il paradiso, adesso lo si riconquista. Ci sta. L’abbiamo detto. Il Dio del nostro tempo è un ragazzino smanettone che si diverte a giocare anche con le regole, scambiando bene e male secondo gli umori del momento.
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frascop
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giovedì 19 settembre 2019
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una trappola, insopportabile
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Possibile, mi chiedevo, che il regista inglese di "Locke" (il film girato in un'auto dove un solo attore, Tom Hardy, guidava e regolava la sua vita) abbia fatto un flop colossale? Vado a vedere ed è così, davvero imbarazzante. I due protagonisti, Mattew Mc Conaughey e Anne Hataway, infatti, sono attori Oscar che spesso e volentieri ti danno buca, diventano due Nicolas Cage qualsiasi. Lui Baker Dill pescatore gigioneggia e diventa uno stereotipo, fuma beve e fa sesso come un Hemingway qualsiasi, novello capitano Achab alla ricerca di un tonno gigante in una isola sperduta dei Caraibi. Lei bionda sensuale fa lo stereotipo della moglie Karen che deve liberarsi del marito violento, comica in impermeabile nero e cappellaccio sotto la pioggia.
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Possibile, mi chiedevo, che il regista inglese di "Locke" (il film girato in un'auto dove un solo attore, Tom Hardy, guidava e regolava la sua vita) abbia fatto un flop colossale? Vado a vedere ed è così, davvero imbarazzante. I due protagonisti, Mattew Mc Conaughey e Anne Hataway, infatti, sono attori Oscar che spesso e volentieri ti danno buca, diventano due Nicolas Cage qualsiasi. Lui Baker Dill pescatore gigioneggia e diventa uno stereotipo, fuma beve e fa sesso come un Hemingway qualsiasi, novello capitano Achab alla ricerca di un tonno gigante in una isola sperduta dei Caraibi. Lei bionda sensuale fa lo stereotipo della moglie Karen che deve liberarsi del marito violento, comica in impermeabile nero e cappellaccio sotto la pioggia. Insomma, parte come un noir anni 40 ma i colori e l'atmosfera sono da Adrian Lyne e poi diventa non so che cosa con un bambino che è finito dentro un videogame. Insopportabile, l'isola dove il tempo si è fermato e tutto si ripete ogni giorno, diventa la trappola di noi spettatori-ostaggi.
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gigi22562
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sabato 17 agosto 2019
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inguardabile
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Pessima recitazione.tempo e soldi persi
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astromelia
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sabato 10 agosto 2019
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in realtà
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maltrattato dalla critica forse perchè in buona parte incomprensibile fino al fatto di cronaca,ma in realtà è una trama perfettamente sostenibile,un pò troppo onirica ma pur sempre analizzabile,ovviamente non sono d'accordo con la critica che ha sempre il vizio di denigrare film di pregio,raramente i film imprgnano lo spettatore come questo che trovo un noir in perfetta regola così pure gli attori all'altezza dei ruoli.
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