Metamorfico e polimorfo, il burattino di Matteo Garrone ha l'innocenza del bambino e lo stupore del fanciullino. Così come il film: per famiglie
di Federico Pontiggia La Rivista del Cinematografo
Trasformista, metamorfico, polimorfo, il Pinocchio di Matteo Garrone rende giustizia alla lettera di Collodi, sfrondando le Avventure dei cascami di qualche altra trasposizione cinematografica: il burattino/bambino è come Alice nel paese delle meraviglie, solo che la meraviglia è lui, lui è il fanciullino, i suoi occhi i nostri, la sua altezza quella della camera, il suo incanto la nostra visione.
Con lui Garrone si conferma autore ma si prova - a differenza che quanto preteso in Tale of Tales - per la prima volta per famiglie, per grandi e piccini insieme, perché l'immaginazione trova immagini, e viceversa, affrancati da banalità e luoghi comuni e ricondotti a Collodi e Garrone stesso: realismo fantastico e fantasy realistico, ibridazione animale e umano, artigianalità a regola d'arte, effetti visivi umanisti. [...]
di Federico Pontiggia, articolo completo (2864 caratteri spazi inclusi) su La Rivista del Cinematografo 12 dicembre 2019