Pinocchio

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Una riuscita rappresentazione di un classico Valutazione 4 stelle su cinque

di Eugenio


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venerdì 27 dicembre 2019

Sappiamo un pò tutto di Pinocchio. Dal testo collodiano sono nate e cresciute le fantasie e emozioni di noi adulti, modellando il nostro futuro sentir comune, la nostra sensibilità con quel famoso monito che da bambini tutti noi abbiamo sentito: “non dire le bugie altrimenti il naso ti diventa lungo come quello di Pinocchio”.
Eppure, tutto iniziava con quell’incipit, divenuto così famoso da essere quasi immortale, aprendo le porte ad un mondo fantastico, di balocchi, di fate turchine, di sogni che diventano realtà.
C'era una volta. - un Re! - diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno...
Chi non è rimasto affascinato dalla trasposizione animata che ne fece la Walt Disney negli anni ’40 dove veniva ritratto un Pinocchio “alla tirolese”?  Avventurarsi in un film con protagonista il burattino di legno è terreno insidioso per uno sceneggiatore e lo dimostra il fatto che in sessant’anni solo tre pellicole in tema sono uscite: il già citato Walt Disney, la versione di Comencini (del medesimo periodo) e quella del pestifero Benigni nel 2002.
E proprio l’attore fiorentino torna in scena non più nel ruolo del protagonista ma in quello del padre, Geppetto, nella trasposizione-omaggio che Matteo Garrone (Reality, Dogman,Racconto dei racconti), ha realizzato in questo caldo Natale al cinema unendo famiglie di ogni età.
La trama ripercorre aspetti noti della storia di Pinocchio: dopo l’inizio incentrato sulla povertà di Geppetto, viene mostrata “la genesi” del burattino, il suo maldestro tentativo di andare a scuola e di recarsi invece al teatrino di Mangiafoco (impersonato con bravura da Gigi Proietti), l’incontro con il Gatto e la Volpe (Papaleo e Ceccherini rispettivamente), il furto delle monete d’oro, l’arresto, la fuga, l’incontro con Lucignolo, il paese dei Balocchi, la mitica pancia della balena col ritrovo dell’adorato Geppetto, la fuga e la trasformazione a bambino dopo la redenzione.
Dallo sviluppo dell’originale collodiano, Garrone preserva tutto l’universo umano proveniente dall’originale, forse con troppa pedissequa semplicità: Mastro Geppetto, la Fata Turchina, il Grillo Parlante, i burattini di Mangiafuoco sono tutti presenti e magistralmente interpretati; c’è la genesi di un bambino da un tronco di legno che si anima sullo schermo e la sua meraviglia nell’apprenderla. C’è, insieme a lui, l’intera nazione da poco unificata e frastagliata linguisticamente a confrontarsi con un linguaggio nuovo, affascinante e ricco di straordinarie soluzioni, con un vernacoliere riconoscibilissimo fatto di strada e toscanaccio. Contestualizzando l’avventura del burattino in un ambiente geografico ben definito fatto di colli e declivi, di sconfinate pianure cui si oppongono cittadine con portali e chiese medioevali baroccheggianti, il paesaggio della campagna prima senese, poi pugliese realizzato con cura attenta dei particolari e con uno stile inconfondibile, non può  lasciare indifferenti lo spettatore che, sin dalle prime inquadrature, capisce di essere dinanzi a un prodotto fresco e degno di nota, a un’esplosione di fantasia e di colori che a tratti rendono le bugie di Pinocchio ancora più visionarie e intriganti.
 E’ un Pinocchio, quello di Garrone specchio delle nostre esistenze spensierate, maldestre, combina guai, indolenti ma con spirito sacrificio permeate da una venata spensieratezza di fondo.  Un piacere per grandi e piccini, un film che l’eterno “bambino” Matteo ha contaminato con sapienti musiche e riusciti effetti speciali.
L’estro della fantasia ha poi reso il resto più facile malgrado le due ore del film- da vedere al cinema per cogliere meglio le atmosfere- costituiscano più uno spettacolo per gli occhi con inquadrature di grande potenza visiva: dal teatro dei burattini di Mangiafuoco fino a all'apparizione del pescecane, passando per le scene con la Fata e Lumaca o la carovana dei bambini diretti al paese dei balocchi, che per il cuore, senza mai un guizzo visivo oltre il “semplice” ma mai banale compito illustrativo. Un novello emulo intelligente capace di ingraziarsi il pollice alto di noi spettatori più buoni, inevitabilmente, durante le feste. W Pinocchio.

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