onufrio
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venerdì 17 aprile 2020
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perchè hai ceduto al diavolo?
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Nonostante un inizio stracolmo di salti temporali che confondono un pò lo spettatore, e qualche farfugliamento di troppo nella recitazione di Scamarcio, il Thriller di Zaccariello prende forma e la storia assume un notevole interesse, fino a rivelare un finale decisamente sopra le righe e sorprendente (ma non troppo) che regala a questa pellicola una meritata sufficienza, grazie anche al resto degli attori: Gerini, Pesce e Boni, perfettamente calati nell'atmosfera torbida e misteriosa.
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sabato 30 novembre 2019
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pienamente d'accordo!
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Ho appena visto il film perchè me lo ha chiesto mia madre che, pur essendo.una persona che apprezza e conosce la buona materia cinematografica, non riusciva ad trovare un perchè! Benchè tu salvi la scena dell'inseguimento dell'inizio, noi abbiamo subito trovato che la corsetta sul primo parapetto si poteva evitare perché di certo poteva correre sulla terrazza, tenuta infatti ben nascosta dell'inquadratura... Per il resto concordiamo con tutto ciò che hai recensito. Flashback e flashforward troppo incasinati, la recitazione della Gerini che, appena pronunciata la prima battuta e poi a fatica cercare di rimanere in quella tonalità, mi ha fatto dire "ma vuole fare Marlon Brando!!!" e quindi ritrovare qui le mie stesse impressioni è stato davvero esilarante! Il trucco di Boni fatto malissimo.
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Ho appena visto il film perchè me lo ha chiesto mia madre che, pur essendo.una persona che apprezza e conosce la buona materia cinematografica, non riusciva ad trovare un perchè! Benchè tu salvi la scena dell'inseguimento dell'inizio, noi abbiamo subito trovato che la corsetta sul primo parapetto si poteva evitare perché di certo poteva correre sulla terrazza, tenuta infatti ben nascosta dell'inquadratura... Per il resto concordiamo con tutto ciò che hai recensito. Flashback e flashforward troppo incasinati, la recitazione della Gerini che, appena pronunciata la prima battuta e poi a fatica cercare di rimanere in quella tonalità, mi ha fatto dire "ma vuole fare Marlon Brando!!!" e quindi ritrovare qui le mie stesse impressioni è stato davvero esilarante! Il trucco di Boni fatto malissimo... mah... film veramente brutto che avrà ricevuto fondi per la realizzazione. E io mi chiedo perchè. Come si fa ad avere il coraggio di far uscire un prodotto così scarso? E perchè gran parte del cinema italiano è scarso? ... Forse la spiegazione sta anche in quel 77% che non è d'accordo con il tuo commento... Scusa per il "tu" ma ci si spiega meglio. Buone giornate! Daniela
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felicity
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lunedì 21 ottobre 2019
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solo flashback/flashforward caotici e macchinosi
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Il problema "Non sono un assassino" è la sceneggiatura, è lei ad uccidere il film.
Non tanto nella struttura, quanto nei dialoghi e nel ritrarre i personaggi principali, caratterizzandoli in alcuni momenti in modo derivativo e caricaturale.
Dalla voce roca di Claudia Gerini, modello Brando, a un Edoardo Pesce, talento pazzesco, qui messo in difficoltà dall'essere stato disegnato come un Servillo wanna be, mantenendo però il coté Dogman-Fortunata su cui rischia sempre di più di essere schiacciato.
Scamarcio porta a casa la pagnotta con mestiere, ma non è ai suoi livelli soliti, Boni ha forse il compito più difficile perché ha il personaggio scritto peggio.
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Il problema "Non sono un assassino" è la sceneggiatura, è lei ad uccidere il film.
Non tanto nella struttura, quanto nei dialoghi e nel ritrarre i personaggi principali, caratterizzandoli in alcuni momenti in modo derivativo e caricaturale.
Dalla voce roca di Claudia Gerini, modello Brando, a un Edoardo Pesce, talento pazzesco, qui messo in difficoltà dall'essere stato disegnato come un Servillo wanna be, mantenendo però il coté Dogman-Fortunata su cui rischia sempre di più di essere schiacciato.
Scamarcio porta a casa la pagnotta con mestiere, ma non è ai suoi livelli soliti, Boni ha forse il compito più difficile perché ha il personaggio scritto peggio.
Inoltre tutti, nessuno escluso, sono costretti a pronunciare varie battute che non di rado rischiano e in alcuni casi passano il confine della comicità involontaria.
Non il massimo per un'opera che ambisce a indagare il lato oscuro dell'uomo e della società.
A questo aggiungiamo un rimpallo di flashback e flashforward caotico e macchinoso che anestetizza anche le svolte di sceneggiatura più interessanti e il pasticcio è fatto.
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lulumassa
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venerdì 4 ottobre 2019
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rispondo a lizzy
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A parte che non basta scrivere (rischio spoiler!) e poi spoilerare il film. A quel punto non è un rischio, è una certezza! E trovo irrispettoso un commento del genere per il lavoro di chi il film l'ha fatto e soprattutto per chi il film lo vorrebbe vedere... Comunque, io il film l'ho visto e non sono assolutamente d'accordo con quanto hai scritto. Sono le classiche critiche "un tanto al kilo" di chi va al cinema non per vedere e ascoltare ma per sentenziare "io l'avevo detto!", tipico atteggiamento di chi al film non è interessato. Fortuna che su questo stesso forum si può leggere ben altro su questo film... La cosa che più di tutte evidenzia il tuo atteggiamento è il giudizio su quello che dal mio punto di vista è il vero finale del film.
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A parte che non basta scrivere (rischio spoiler!) e poi spoilerare il film. A quel punto non è un rischio, è una certezza! E trovo irrispettoso un commento del genere per il lavoro di chi il film l'ha fatto e soprattutto per chi il film lo vorrebbe vedere... Comunque, io il film l'ho visto e non sono assolutamente d'accordo con quanto hai scritto. Sono le classiche critiche "un tanto al kilo" di chi va al cinema non per vedere e ascoltare ma per sentenziare "io l'avevo detto!", tipico atteggiamento di chi al film non è interessato. Fortuna che su questo stesso forum si può leggere ben altro su questo film... La cosa che più di tutte evidenzia il tuo atteggiamento è il giudizio su quello che dal mio punto di vista è il vero finale del film. A me importava poco capire chi fosse stato a uccidere, mi interessava molto più capire perché e come, nel senso che tutto il film invita a considerare il processo mentale, umano e interiore che ha portato l'assassino a compiere un gesto del genere. Beh, citandoti, se uno pensa che "dentro al cassetto non c'è niente" vuol dire che non ha capito nulla, ma proprio nulla del film. Eallora viene da chiedersi: "Ma cosa hai visto?". E' proprio vero che un buon film può essere demolito da gli occhi di chi lo guarda. Ah... mi sono informato: Il Testimone Invisibile è stato girato dopo Non sono un assassino. Quindi l'idea originale di quel ruolo per Scamarcio l'hanno avuta gli autori di questo film, non di quello. E poi il Testimone invisibile è la copia sbiadita di Contratiempo, un buon film spagnolo. Copiato (male) inquadratura per inquadratura. Almeno qui c'hanno provato! Informarsi aiuta.
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venerdì 6 settembre 2019
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commento
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Non sono d'accordo con la sua recensione l'ho trovato in buon film la Gerini che recita volente o no in siciliano mi è piaciuta , Scamarcio fa il suo ed Edoardo Pesce ha recitato bene , Alessio Boni forse in po' fuori dal personaggio. Sono in semplice spettatore e alcune finezze forse non le vedo .
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lizzy
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sabato 31 agosto 2019
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non c'è due senza tre? (rischio spoiler!)
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Ci risiamo.
Dopo "Il Testimone Invisibile" di pochi mesi fa riecco lo Scamarcione nostrano che ripete la stessa (identica) parte.
Il colpevole che vuol farsi credere innocente.
Ammetto che se nel primo film qualche dubbio, durante la visione, l'ho avuto, su questo ci ho giurato (10 cent...) dalle prime riprese: doveva per forza esser lui il colpevole.
Detto questo... dopo che il film lo hai già subodorato in partenza... come andrà a finire tutto il resto diventa pura accademia.
I flashback, le situazioni: che "c'era del marcio in Danimarca" (leggi "il poliziotto era un venduto", cioè "l'infiltrato" di cui si parla all'inizio del film) lo si vedeva fin troppo facilmente da subito (stile di vita, frequentazioni, comportamento spavaldo) e che nel cassetto non c'era nulla era così telefonato anticipatamente che un pochino ho desiderato, fino alla fine, chissà quale clamoroso contenuto.
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Ci risiamo.
Dopo "Il Testimone Invisibile" di pochi mesi fa riecco lo Scamarcione nostrano che ripete la stessa (identica) parte.
Il colpevole che vuol farsi credere innocente.
Ammetto che se nel primo film qualche dubbio, durante la visione, l'ho avuto, su questo ci ho giurato (10 cent...) dalle prime riprese: doveva per forza esser lui il colpevole.
Detto questo... dopo che il film lo hai già subodorato in partenza... come andrà a finire tutto il resto diventa pura accademia.
I flashback, le situazioni: che "c'era del marcio in Danimarca" (leggi "il poliziotto era un venduto", cioè "l'infiltrato" di cui si parla all'inizio del film) lo si vedeva fin troppo facilmente da subito (stile di vita, frequentazioni, comportamento spavaldo) e che nel cassetto non c'era nulla era così telefonato anticipatamente che un pochino ho desiderato, fino alla fine, chissà quale clamoroso contenuto.
E invece...
Pure la Gerini... ma andiamo... ma che recitazione gli han fatto fare. Non era credibile manco a non guardarla.
Non parliamo del collega.
In tutto questo bailamme cosa si salva?
Solo il "Rosso Antico" credo.
Prima in bottiglia "originale", poi in quella "remix" (per segnare il tempo che passa?).
E, forse, le due scene con la "blatta" e lo Scamarcio che la guarda pensieroso nel primo quadro, e preoccupato, ma rassegnato, nel secondo.
Sicuramente un riferimento alla "libertà" persa, prima temporaneamente (nella cella) e poi per sempre (nel luogo forse thailandese o indiano, visti i richiami delle architetture e le immagini dei posti).
Un "fine pena mai" sancito da un semplice e stupido insetto.
Non ci ho visto un capolavoro in questo film. Ma manco qualcosa di decente.
E' solo un film per passare un oretta facendo a gara (anche con se stessi) a cosa si indovina delle scene successive (o del finale).
Tutto qua.
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barbara
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sabato 11 maggio 2019
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regia particolare, giusto equilibrio tra azione e riflessione
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Ho letto pareri di critica molto discordanti. A me è piaciuto molto, soprattutto per una particolare regia che riusciva a tenerti in allerta, pur lasciando spazio alla riflessione. Inquadrature, tagli e dettagli che catturano sempre l’attenzione. Ed anche qualche sfumatura tragicomica io l’ho apprezzata, pur nel contesto noir, proprio perché diversa dai soliti cliché e proprio perché l’animo umano, nel profondo viaggio della coscienza, spazia dai toni più leggeri a quelli più cupi. Cast con attori bravissimi, neanche a dirlo. Consiglio la visione.
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serena
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mercoledì 8 maggio 2019
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nn sono d accordo con quello che ha scritto ..
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Nn sono d accordo con quello che ha scritto Fornasiero .A me il film ha emozionato, il fatto che ci siano dei flashback rende il film diverso dai soliti film ,ti spinge a stare dentro la storia ,E ti coinvolge.E a chi dice che nn si capisce niente sappia che al cinema a vedere il film c erano dei bambini di circa 6 anni e i commenti che facevano alla fine del film dimostravano che avevano capito tutto quello che c era da capire perciò il mio consiglio è: vedere il film come lo guardano i bambini senza sovrastrutture da simil critici ,lasciarsi portare... chissà che nn si scopra qualcosa di nuovo!
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severo
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mercoledì 8 maggio 2019
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da evitare
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Sempre gli stessi attori, qui scarsi. Televisivo. Con sceneggiatura piatta. Stereotipato.
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loland10
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lunedì 6 maggio 2019
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un colpo...alla verità
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“Non sono un assassino” è il quarto lungometraggio del regista di Sassuolo Andrea Zaccariello.
In un cinema italiano propenso alla facile commedia senza succo ecco qualche pellicola che cerca di farsi strada. Tratto dal libro omonimo di Francesco Caringella, il regista emiliano propende a scombinarci le carte, giocando sui volti, le fatture, i ricordi e le amicizie. I rapporti tenui e mesti, feroci e stantii, cupi e miseri. Le bugie e le verità, in questi casi, si intrecciano per un risvolto finale (in)aspettato o forse minimamente previsto. Il racconto è sempre avanti-dietro nei tempi e tende a dileguarsi per farci perdere rischiando di dare compattezza al tutto.
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“Non sono un assassino” è il quarto lungometraggio del regista di Sassuolo Andrea Zaccariello.
In un cinema italiano propenso alla facile commedia senza succo ecco qualche pellicola che cerca di farsi strada. Tratto dal libro omonimo di Francesco Caringella, il regista emiliano propende a scombinarci le carte, giocando sui volti, le fatture, i ricordi e le amicizie. I rapporti tenui e mesti, feroci e stantii, cupi e miseri. Le bugie e le verità, in questi casi, si intrecciano per un risvolto finale (in)aspettato o forse minimamente previsto. Il racconto è sempre avanti-dietro nei tempi e tende a dileguarsi per farci perdere rischiando di dare compattezza al tutto.
Il thriller diventa psicologico rivolto allo spettatore senza una vera e propria ‘indagine’ ma solo uno scontro di interrogatori e di vicende alterne tra ragazzi di compagnia e un omicidio senza un perché.
Una mattina piovosa, un freddo corporeo e un colpo di pistola lasciano il Sostituto Procuratore Giovanni Mastropaolo senza vita da un’omicida volato e senza traccia. La morte genera sospetti verso la criminalità e la camorra pugliese ma i modi sembrano strani e le accuse ricadono sul Vicequestore Francesco Prencipeamico di vecchia data del Procuratore.
Il crimine sembra tutto che efferato, quasi un conto in sospeso, una legge che si spezza, un gioco tragico che da ragazzi passano ad adulti. Il vicequestore cerca di difendersi in tutti i modi chiamando il suo amico avvocato Giorgio (Edoardo Pesce). E contro la pm (Claudia Gerini) che non vede altro che la colpevolezza. Ecco che gli interrogatori, i ricordi, le notizie, le amicizie, i rimandi temporali, i puzzle continui e i lividi psicologici si arrovellano attorno al fatto in se. I sogni di ieri e i fatti odierni si scontrano continuamente senza smascherare esattamente i volti di ciascuno (o meglio facendoli chiudere in un crogiolo di situazioni menzognere e falsificanti). Chi dice il vero? Chi conosce chi? Chi c’era veramente la mattina nello studio di Mastropaolo?
I personaggi sono ben delineati e anche statuari con un Francesco Prencipe (Riccardo Scamarcio) ermetico, scorbutico, mentore di se stesso e introverso quanto basta. Un modo di recitare che sta cercando di mettere a frutto con film recenti (più o meno riusciti) quali ‘Loro’, ‘Il testimone invisibile’, ‘Euforia’, ecc.
La consistenza e la drammaturgia non sempre raggiungono livelli sperati perdono qualcosa nei continui flashback: una sceneggiatura ondivaga o meglio che cerca di centrare il colpo di quello che il passato può nascondere a tutti (tra facezie, nullità e incontri giovanili ora fortuiti ora cazzeggianti); certamente non siamo dalle parti di un Eastwood di ‘Mistic River’ o di un Leone di ‘C’era una volta in America’, né tantomeno nella forza strutturale di uno Scorsese (inarrivabile) per rappresentare l’angoscia e il vile mondo di un passato che schiuma rabbia e genera passione narrativa.
Pur tuttavia il film di A. Zaccariello fa un tentativo non da poco per una storia di genere per rappresentare lucidità, verità e falsità di ragazzi e del loro presente. Giovanni, Francesco e Giorgio si ritrovano spesso e, alla fine, uno contro l’altro. Fu amicizia? Fu soltanto una vita mai conosciuta? Ecco che il volto di R. Scamarcio schiuma rancore vario per fidarsi del suo avvocato perdente Giorgio. Viltà e verità falsata, livore e giustizia casuale: il clamore arriva più o meno bene.
La farsa di un teatro vivente in una tragedia di un poliziotto pieno e con una faccia segnata. Il cartellone, il titolo e il volto sono idiomi di un clamore nella storia che si può leggere e che non accenna a dipanarsi nonostante il regista e la storia vogliono dare confusione allo spettatore. I tempi, in questi casi sono importanti, dalle otto meno dieci alle otto e dieci, la distanza, una moto, un’auto che sfreccia, un testimone incerto, un segnale orario e la sigla del gr1. Sembra tutto in sintonia.
L’avvocato, Giorgio, imbranato, sempre brillo, che beve Rosso Antico, inconcludente e, pertanto, perdente, chiede al suo ‘amico’ poliziotto : “perché hai scelto me”. La risposta è certa ma titubante, sicura ma misteriosa. Un dialogo breve dopo il processo e la sentenza poteva essere la vera scena madre...ma rimane tutto lì, e forse superficiale, per tutto quello che c’è dietro, le loro vite, la loro giovinezza e i flashback quasi evocativi di un cinema che respinge il genere in toto per essere uno psico-dramma sui rapporti amicali e sulla frantumazione di valori in base ai tempi.
Il colpo di pistola ravvicinato, il movimento breve, lo sguardo arcigno e l’emblema di un cinema tv mai vinto e di una ripresa (forse stereotipata). Ma il colpo da maestro dello specchio (di ‘argentana’ memoria, vedasi ‘Profondo Rosso’) e di un fascicolo apostatato chiedono aiuto per un finale che ‘recita’ bene.
Cast riuscito nei personaggi tutti. Una migliore scrittura avrebbe certamente dato linfa a tutti con un Riccardo Scamarcio in giusta posizione di ruolo. Luoghi e ambienti che si ricordano: da solare a cupa, da focosa a fortemente ingrigita la fotografia.
Regia lineare e andante, sorniona(mente) e ammiccante.
Voto: 6½/10 (***).
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