Ema

Pablo Larraín mai così anarchico e liberatorio, incendiario e acido. Un reggaeton tribale di corpi inesausti, da Valparaíso a(l) Polo... In concorso a Venezia 76

Dopo la parentesi Jackie, e prima dell'annunciato True American, Pablo Larraín torna in Cile, a Valparaíso, per realizzare il suo film forse più anarchico e liberatorio, incendiario e acido, paradossalmente ferocissimo e tenero in egual misura. Il film "è" Ema, giovane ballerina che decide di separarsi dal coreografo Gastón (Gael García Bernal) dopo aver rinunciato a Polo, bambino che avevano adottato ma che non sono stati in grado di crescere. È una danza incessante di corpi inesausti, reggaeton tribali, un inno quasi sovversivo alla libertà nella sua accezione più fanciullesca e folle, un duello dialettico e un combattimento carnale che la discontinuità del montaggio tende ad esaltare insieme allo straordinario lavoro di José Vidal alle coreografie, di Nicolás Jaar alle musiche e di Roberto Espinoza al suono. [...]

di Valerio Sammarco, articolo completo (2680 caratteri spazi inclusi) su La Rivista del Cinematografo 31 agosto 2019