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Nel nome della Terra, le battaglie quotidiane di chi è legato alla campagna

Pierre ha 25 anni quando torna dal Wyoming per trovare la fidanzata Claire e rilevare la fattoria di famiglia. Al cinema.
di Giancarlo Zappoli

giovedì 9 luglio 2020 - Recensioni

Pierre a 25 anni torna nella natia Francia dal ranch in cui ha lavorato nel Wyoming per sposarsi e rilevare la fattoria paterna di cui continuerà a pagare l’affitto. Lo ritroveremo vent’anni dopo con due figli e un’attività di allevamento di capre ormai avviata ma i problemi non tarderanno ad arrivare imponendo delle scelte che avranno delle conseguenze sulla vita di coloro che gli sono vicini.


Si potrebbe definire questo film come una saga familiare se non ci fosse il timore di farlo considerare come una fiction televisiva di medio valore. Perché gli elementi ci sono tutti.

Abbiamo un padre che ha sacrificato la propria vita nel lavoro dell’agricoltura e dell’allevamento che non intende ‘regalare’ il frutto delle sue fatiche al figlio, pretendendo la remunerazione di un affitto. Un figlio che deve affrontare le difficoltà della modernizzazione assumendo dei rischi d’impresa non di secondaria importanza. Una moglie e due figli che lo amano ma che, da un certo punto in poi, faticano a reggere il passo con la sua progressiva identificazione con i problemi che insorgono.

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