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Il viaggio di Yao, Omar Sy on the road in un Senegal tutto da scoprire

L'attore riabbraccia il suo paese d'origine e colora il film di elementi autobiografici. Da giovedì 4 aprile al cinema.
di Ilaria Ravarino

Il viaggio di Yao

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Omar Sy (46 anni) 20 gennaio 1978, Trappes (Francia) - Capricorno. Interpreta Seydou Tall nel film di Philippe Godeau Il viaggio di Yao.
giovedì 21 marzo 2019 - Focus

Inquadrare con un geolocalizzatore le location de Il Viaggio di Yao, l'on the road africano diretto da Philippe Godeau con Omar Sy (al cinema dal 4 aprile), è un viaggio nel viaggio: villaggi e paesi come piccole macchie disegnate su un territorio monocromatico, tagliato da poche strade bianche, rare strisce blu, nessuna zona verde. Il Senegal di Diofior, il villaggio (reale) da cui parte nel film l'avventura del giovane Yao, è nell'ovest del paese, nella regione del fiume Sine Saloum: una cittadina di 15.000 abitanti, in forte crescita demografica, con un alto numero di scuole e una popolazione etnicamente mista. È qui che Godeau ha girato parte del film, e proprio qui Il Viaggio di Yao ha avuto la sua prima proiezione, una particolare première nella piazza del villaggio con Omar Sy a introdurre il film.

Da Diofior, al centro della regione delle mangrovie (una delle più note ai turisti), le riprese si sono spostate a Dakar, capitale del Senegal e centro propulsore culturale dell'Africa Occidentale, sede della principale università del paese e della Biennale d'arte africana, che nel film è il motivo per cui il personaggio di Sy, l'attore Seydou Tall, ritorna nel continente.
Ilaria Ravarino

Sempre a Dakar sorge la Grande Moschea, uno dei più imponenti edifici religiosi del paese: la preghiera-fiume che blocca le strade e ferma il taxi del protagonista nella prima parte de Il Viaggio di Yao è la preghiera del venerdì, che per dieci minuti trasforma le strade di Dakar in luoghi sacri di raccoglimento. Era infine capitale del Senegal nel 1840 Saint Louis, l'altra grande città raccontata nel film: caotica, pittoresca e multicolore, costruita su un'isola alle foci del fiume Senegal, la sua particolarità è il porto, dove il pesce viene essiccato e salato all'aperto, e il labirintico mercato dei tessuti. Nel 2000 l'isola è stata proclamata dall'UNESCO patrimonio dell'umanità.

Culla del cinema africano, il Senegal ha dato i natali al primo grande regista del paese, Ousmane Sembène. Ma dopo un lungo periodo d'oro, quello tra gli anni Sessanta e Ottanta (l'origine negli anni Cinquanta, poco prima dell'indipendenza dalla Francia, con Afrique sur Seine di Paulin Soumanou Vieyra), l'industria cinematografica senegalese ha subito un tracollo: a dodici anni dalla scomparsa di Sembène, a Dakar, un tempo centro del cinema senegalese, sono rimasti aperti solo quattro cinema - sotto accusa i costi del passaggio dall'analogico al digitale - mentre la produzione di titoli locali si è ridotta a soli cinque film in dieci anni.


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In foto una scena del film Il viaggio di Yao.
In foto una scena del film Il viaggio di Yao.
In foto una scena del film Il viaggio di Yao.

Nel 2018, per arginare il fenomeno, è stato aperto a Dakar il Complexe Cinématographique Ousmane Sembène, un multisala pensato per far recuperare al pubblico al cinema (tra i primi film proiettati Black Panther di Ryan Coogler) con un'attenzione particolare alla programmazione di prodotti africani. Arene all'aperto e "cinema pop-up" sono alcune delle soluzioni messe in campo nel paese, recentemente, per tornare a sostenere il consumo di film in sala, messo in crisi dalla diffusione di prodotti in streaming e televisivi in lingua wolof (la lingua ufficiale del Senegal è il francese, ma il wolof - come racconta anche Il Viaggio di Yao - è la vera lingua franca parlata ovunque).

Quando Philippe Godeau propose a Omar Sy di girare Il Viaggio di Yao, erano otto anni che l'attore non metteva piede nel suo paese. "Otto anni durante i quali il Senegal era cambiato tantissimo. Era arrivata la modernità: un nuovo aeroporto a Dakar, l'autostrada, persino i magazzini Auchan nel centro della città. Mi ero perso tutto". Ed è proprio l'esperienza personale dell'attore-produttore, ormai sradicato dal paese della sua infanzia, a entrare ne Il Viaggio di Yao colorandolo di elementi autobiografici.

Nato nella periferia di Trappes, in Francia, ma figlio del senegalese Damba Sy e della mauritana Diariyatou Dia, Omar Sy è originario in linea paterna di un piccolo villaggio nel nord del Senegal.
Ilaria Ravarino

Il rapporto di Omar Sy con il paese, da bambino, fu molto stretto: ogni due anni i genitori, determinati a mantenere il legame dei figli con l'Africa, li mandavano a trascorrere le estati a Dakar o a Korokoro in Mauritania. "Di quel periodo ricordo soprattutto il fascino che esercitava su di me la natura: gli alberi di Baobab, gli animali, le gare con i cugini a rincorrere le capre, le mucche per strada, gli asini - ha ricordato l'attore -. Giocavamo all'aperto in modo molto creativo". A 19 anni, mentre muoveva i primi passi come comico a Radio Nova, il padre lo portò con sé in un viaggio "iniziatico" in Africa, da solo: "Fu la prima volta che ci parlammo veramente, la prima in cui mi raccontò la sua storia. Da allora ho desiderato più di ogni altra cosa renderlo fiero di me".

A 23 anni, padre a sua volta, Sy ha conservato la tradizione familiare, portando periodicamente i figli (oggi cinque) in vacanza in Senegal: "Volevo che sapessero da dove venisse la loro famiglia". Ma il clamore mediatico generato da Quasi Amici, con i suoi venti milioni al box office, ha accelerato e trasformato la carriera dell'attore, costringendolo a un trasferimento a Los Angeles che ha finito per cambiare il suo rapporto con il paese. Almeno fino alla proposta de Il Viaggio di Yao, "un film per me importantissimo. Anche se non ho ritrovato più il paese che ricordavo, sono felice e grato di avere riscoperto le mie radici".


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