Kevin MacDonald racconta in un documentario il tragico segreto dell'artista. Presentato a Cannes e prossimamente al cinema.
di Francesca Ferri
Il nome di un'altra vittima di abusi sessuali esce dall'ombra: Whitney Houston, attrice, produttrice cinematografia e soprattutto straordinaria cantante statunitense da 190milioni di dischi venduti, chiamata semplicemente "the voice" da Oprah Winfrey. Lo racconta il documentario del regista Kevin MacDonald, presentato al festival di Cannes appena concluso. Si intitola Whitney il film che racconta la vita di una delle icone della musica di tutti i tempi, scavando tra i segreti, gli scandali, le voci e i ricordi della vera Whitney Houston.
L'esplosione di colori, i capelli fluo, la pubblicità del McDonald's, la musica dance, la musica pop, Madonna, Michael Jackson, gli spot contro l'Aids, Ronald Reagan, i carri armati, i soldi, la Coca-Cola, le immagini dei mitici anni '80 scorrono in sottofondo al racconto della fulgida e allo stesso tempo tragica epopea della grande cantante americana scomparsa nel 2012 a 48 anni.
Venne trovata morta l'11 febbraio nella vasca da bagno di un lussuoso hotel a Beverly Hills, uccisa da un annegamento accidentale secondo la motivazione ufficiale. Lentamente consumata in realtà dalle dipendenze, dalla depressione, dalla difficoltà dello show business e da un segreto mai rivelato, che il documentario gradualmente porta a galla. Da bambina Whitney aveva subito degli abusi sessuali da parte della cugina più grande, Dee Dee Warwick, sorella di Dionne e nipote della madre di Whitney, Cissy Houston. Un abuso condiviso con uno dei due fratelli ma mai confessato, se non per segreto a una zia in età adulta, che per la prima volta fa il nome della Warwick, ormai deceduta.
Ma alla rivelazione scioccante Kevin MacDonald ci arriva per gradi in un crescente effetto sorpresa. "Ho scoperto molto tardi che era stata vittima di abusi - spiega il regista in un'intervista con IndieWire - Avevo l'impressione che ci fosse qualcosa che rimaneva nascosto. C'era qualcosa come se lei non si sentisse bene nel suo corpo, nel suo modo di presentarsi o di nascondersi, l'assenza di un'aperta sessualità. È una donna magnifica ma molto chiusa. L'ho osservata per mesi e dicevo ai montatori del film «c'è qualcosa in lei che mi ricorda qualche altra cosa». Il regista, che aveva iniziato a girare un film mai finito sugli abusi sessuali, aveva intravisto in Whitney il segno di una ferita mai lenita. Parlando poi con persone a lei vicine, Kevin MacDonald è arrivato così alla verità che Whitney per una vita aveva tenuto nascosta nel suo canto.