La ballata di Buster Scruggs

   
   
   

Il western rivisitato secondo le leggi dei Coen

di Emiliano Morreale La Repubblica

Un cowboy canterino (Tim Blake Nelson) dal grilletto fin troppo facile. Un rapinatore (James Franco) che subisce rocambolesche disavventure. Un imbonitore con un carro di Tespi (Liam Neeson) che porta in giro un tronco umano declamante Shakespeare, la Bibbia e altro. Un ostinato cercatore d'oro (Tom Waits). Una soave fanciulla (Zoe Kazan) in viaggio verso l'Oregon con una carovana. Un gruppo di strani compagni di viaggio in una diligenza. Sono, nell'ordine, i protagonisti dei sei episodi del film dei Coen, concepito originariamente come serie per Netflix e poi dalla piattaforma distribuito. Sei variazioni su stereotipi del west, comiche e cruente, che riportano un po' all'atmosfera dei primi giochi postmoderni della coppia, negli anni 80 (Arizona Junior, Blood Simple), ma tornano anche all'ossessione per la frontiera, per l'Ovest e il Sud, di film come II Grinta o Non è un paese per vecchi. E anche se si può intravedere il gusto per le parabole di tradizione ebraiche (il prologo di A Simple Man, con la storia del dybbuk), il modello che i fratelli hanno in mente è la tradizione di narrativa breve sul West che va da Bret Harte a O. Henry, e soprattutto l'umorismo nero di Ambrose Bierce, autore di memorabili racconti western e sulla guerra di Secessione, e di un Dizionario del diavolo fatto di definizioni paradossali ("Albero: Pianta di forma allungata di cui la natura ci ha provveduti nella sua generosità, perché potessimo servircene come strumento di pena"; "Cannone: Strumento impiegato per la rettifica dei confini nazionali"). Sullo sfondo c'è il grande tema dei Coen, la stupidità e l'insensatezza del mondo, e dell'America fin dalla sua fondazione; ma nel complesso si tratta di un film dichiaratamente minore, un puro divertimento, che ancora una volta smitizza il West, senza le ambizioni smisurate degli ultimi film di Quentin Tarantino. Inevitabilmente, il risultato è discontinuo: se in alcuni casi va poco più in là della barzelletta, e in un paio delude decisamente (l'ultimo episodio, purtroppo, che pure ricorda certi film fantastici inglesi con Christopher Lee e Peter Cushing), in un paio di occasioni ha invece la mano decisamente felice: l'elegia del cercatore d'oro, minuziosamente seguita, e soprattutto il lungo viaggio di Zoe Kazan verso un futuro incerto, la sua storia d'amore e il suo beffardo destino.
Da La Repubblica, 1 settembre 2018


di Emiliano Morreale, 1 settembre 2018

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