alex2044
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domenica 17 marzo 2019
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sorridere di se stessi che segno di intelligenza
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Ci sono i film ben fatti ,dove tutto è al posto giusto , spesso dei film molto belli , che colpiscono la tua parte ragionevole del cervello ed altri , più arruffati e spesso avventurosi nel loro svolgimento che ti colpiscono al cuore ed alla parte del cervello che ha voglia di sorridere e chissenefrega se non tutto è razionale e il filo logico , qualche volta si perde pure . Ecco i Villeggianti è un fim così . Fatto con il cuore , seguendo l'estro e le intuizioni come una serie di assoli di jazz , da una regista ormai matura e profondamente cinefila , con echi che si rifanno a Sorrentino , Fellini e perfino Visconti . Che non si vergogna dei propri sentimenti ma anzi te li sbatte in faccia infischiandosene di sembrare perfino ridicola quando è dall'altra parte della cinepresa come protagonista .
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Ci sono i film ben fatti ,dove tutto è al posto giusto , spesso dei film molto belli , che colpiscono la tua parte ragionevole del cervello ed altri , più arruffati e spesso avventurosi nel loro svolgimento che ti colpiscono al cuore ed alla parte del cervello che ha voglia di sorridere e chissenefrega se non tutto è razionale e il filo logico , qualche volta si perde pure . Ecco i Villeggianti è un fim così . Fatto con il cuore , seguendo l'estro e le intuizioni come una serie di assoli di jazz , da una regista ormai matura e profondamente cinefila , con echi che si rifanno a Sorrentino , Fellini e perfino Visconti . Che non si vergogna dei propri sentimenti ma anzi te li sbatte in faccia infischiandosene di sembrare perfino ridicola quando è dall'altra parte della cinepresa come protagonista . In questo modo Valeria Bruni Tedeschi ha confezionato questo film corale dove , alla critica ( auto ?) anche feroce , di un certo tipo di società ha aggiunto un tocco di comicità sorridente assolutamente volontario . Ben sostenuta da una serie di attori molto bravi ed in grande vena anche nelle parti più periferiche . Che ruotano intorno a lei, bravissima ed incisiva , dimostrando da tutti i pori che a fare questo film si sono proprio divertiti . La location , in una parte della Costa Azzurra, Cap Negre , meno conosciuta , è fulminante per i suoi panorami ma anche e soprattutto per la dimora pricipesca, la villa di famiglia , di cui vengono mostrati gli arredi e le piacevolezze estetiche con uno stile che Visconti avrebbe senz'altro apprezzato per la cura dei particolari . La colonna sonora è coinvolgente con i suoi alti e bassi , opera lirica e canzonette , seguendo la filosofia dell'opera tutta . Come già detto il ritratto di questa alta borghesia è impietoso fino al punto , nel finale , di mostrare che è talmente pasticciona da non riuscire , quando ci prova ,nel caso del cavalier servente della madre, per amore di un'altra , ad affogarsi (" La mia mente voleva farlo ma le mie braccia e le mie gambe no" ) . Alla fine questa vera e propria gabbia di matti a me è diventata simpatica ed il film finisce in gloria, tutti intorno alla piscina a parlar di nulla . Lunga vita a chi si sa prendere in giro e di mostrarsi senza falsi pudori . Merce rara in questo momento storico dove la presunzione , l'autoreferenzialità e gli atteggiamenti seriosi la fanno da padroni .
Mezzo voto in più per l'interpretazione dela stessa Bruni Tedeschi : formidabile !
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vanessa zarastro
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sabato 16 marzo 2019
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come soffrono i privilegiati!
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“I villeggianti” è un film autobiografico dell’attrice Valeria Bruni Tedeschi, qui anche regista e sceneggiatrice assieme a Noémie Lvovsky e Agnés de Sacy.
Una panoramica su tre generazioni di una famiglia allargata e agiata, dove un fratello è morto di AIDS da poco e una sorella (Valeria Golino) ha sposato un ricchissimo industriale poi caduto in disgrazia (forse è la storia di suo padre Alberto Bruni Tedeschi). Tutto si svolge in un mondo ovattato che passato prevalentemente a tavola nel giardino di una bellissima villa in Costa Azzurra. E quanti film francesi abbiamo visto nelle ville di vacanza? Da quelli più esistenzialisti alle commedie brillanti.
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“I villeggianti” è un film autobiografico dell’attrice Valeria Bruni Tedeschi, qui anche regista e sceneggiatrice assieme a Noémie Lvovsky e Agnés de Sacy.
Una panoramica su tre generazioni di una famiglia allargata e agiata, dove un fratello è morto di AIDS da poco e una sorella (Valeria Golino) ha sposato un ricchissimo industriale poi caduto in disgrazia (forse è la storia di suo padre Alberto Bruni Tedeschi). Tutto si svolge in un mondo ovattato che passato prevalentemente a tavola nel giardino di una bellissima villa in Costa Azzurra. E quanti film francesi abbiamo visto nelle ville di vacanza? Da quelli più esistenzialisti alle commedie brillanti.
La regista/attrice articola la sua storia come in una pièce teatrale, memore di villeggiature raccontate sia dal nostro Goldoni sia dai russi Cechov e Gorkij. Diviso in tre atti, più un prologo e un epilogo, il film inizia a Parigi dove, prima di incontrare la commissione finanziatrice del film che sta scrivendo, Anna (Valeria Bruni Tedeschi) sarà lasciata da Luca, il suo fidanzato bello e giovane fidanzato interpretato da Riccardo Scamarcio, che dovrebbe impersonale Louis Garrel, per diversi anni suo ex compagno nella vita. La non accettazione di quest’abbandono sarà il leitmotiv di tutto il film e che farà vivere Anna in un sorta di distacco da ciò che le accade intorno.
“I villeggianti” è un film corale, in un milieu di ricca borghesia dove ognuno ha una sua storia, ai piani alti i “padroni”, ai piani bassi la servitù. Nascono intrighi, amori, abbandoni in un microcosmo isolato dal mondo, lontano dalla realtà, fuori della storia. Unica minaccia esterna è simboleggiata dai cinghiali che non si riescono ad arginare, neanche costruendo barriere organiche.
Nel film Anna sta per girare questo un film autobiografico, dove parla anche della malattia del fratello – morto realmente di AIDS nel 2006 - che però aveva lasciato scritto, nelle sue volontà testamentarie, il desiderio che non se ne parlasse affatto. Realtà e finzione si confondono continuamente, sottolineate anche dall’utilizzo di persone reali al posto degli attori professionisti. Marisa Borini (la mamma di Valeria Bruni Tedeschi identica alla figlia Carla, peraltro) interpreta la parte della mamma di Anna, una pianista e accompagnatrice di cantanti lirici (“Il flauto magico” è una presenza costante), la zia è interpretata dalla sorella della madre Gigi Borini, la figlia adottiva nera è interpretata da Celine Garrel, la bambina africana adottata da Valeria Bruni Tedeschi e Louis Garrel. La co-sceneggiatrice Noémie Lvovsky interpreta se stessa nel suo stesso ruolo di co-sceneggiatrice. Quello che manca, a mio avviso, è il comico, neanche le situazioni più buffe fanno ridere, si sorride appena mentre verso la metà il film diventa piuttosto noioso.
Questo è il quarto lungometraggio girato da Valeria Bruni Tedeschi, tutti in qualche misura autobiografici. La vita privilegiata della borghesia agiata da cui la regista proviene e cui è ancora legata, forse non interessa più molto il pubblico attuale, preso da così tanti problemi di sopravvivenza, di esplosione di fanatismi religiosi, di rinascita di repressioni e di neo-razzismi. Tanto è vero che il film, presentato fuori concorso alla 75ma edizione della Mostra di Venezia, risulta, oltre ad essere ambizioso, troppo autoreferenziale e un po’ datato.
Valeria è un’attrice piuttosto brava che ha vinto quattro premi Donatello come attrice protagonista (“La seconda volta” nel 1996, “La parola amore esiste” nel 1998, “Il capitale umano” nel 2014 e “La pazza gioia” nel 2017) e un Premio César per la migliore promessa femminile in “Le persone non hanno niente di eccezionale” nel 1994, penso che farebbe meglio a concentrarsi sull’interpretare ruoli – molto spesso di donne fragili e tormentate - piuttosto che crearli.
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