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Chi sono i gemelli D'Innocenzo, talenti da non perdere di vista

I due registi hanno attirato l'attenzione della Berlinale con il loro La terra dell'abbastanza, dal 7 giugno al cinema.
di Francesca Ferri

Fabio D'Innocenzo (Fabio Roberto D'Innocenzo) (36 anni) 14 luglio 1988, Roma (Italia) - Cancro. Regista del film La terra dell'abbastanza.
giovedì 31 maggio 2018 - News

Attenti a quei due. I gemelli Damiano e Fabio D'Innocenzo si affermano come due nuove scoperte del cinema da non perdere di vista. Si son fatti notare per La terra dell'abbastanza, la storia di un'amicizia tra vita di periferia, delinquenza e malavita. "Con questo film volevamo raccontare com'è maledettamente facile assuefarsi al male", raccontano i gemelli che hanno riscosso il successo della critica allo scorso Festival di Berlino. Si sono distinti nella selezione ai Nastri d'Argento nella categoria miglior regista esordiente, e il 30 giugno a Taormina sfideranno Dario Albertini, regista di ManuelValerio Attanasio (Il Tuttofare), Annarita Zambrano (Dopo la guerra), e Donato Carrisi per La ragazza nella nebbia.

E mentre ancora si attende in sala il loro primo film, alla presentazione romana de La terra dell'abbastanza, i gemelli già ne annunciano un secondo: "Sarà un western al femminile che ha come titolo provvisorio Ex vedove, un film girato nell'Italia di fine Ottocento con attori dai vari dialetti". Dopotutto, nonostante il mondo nero che raccontano, per i due gemelli ciò che conta è "la tenerezza e il valore dell'abbraccio". E nel loro futuro immaginano anche una fiaba dark "tra Italo Calvino e Gianni Rodari che però - dicono - non gireremo in Italia".
Francesca Ferri

Ma la poetica della periferia romana, la celebrazione della "coattagine" magnificamente cantata ne La terra dell'abbastanza è il risultato del vissuto o di una educazione cinematografica? Senza alcuna formazione alla settima arte in senso stretto e ad appena 29 anni ciascuno, i gemelli rivelano una sensibilità da registi esperti. Quel che nel loro primo film raccontano è la storia della loro vita iniziata nel periferico quartiere romano di Tor Bella Monaca, dove non c'era molto spazio per i sogni. «A sei anni i nostri genitori decisero che era meglio cambiare aria, c'erano problemi di morti ammazzati e droga in famiglia nel ramo paterno. Papà è giardiniere, mamma è mamma», racconta Damiano e Fabio riprende: «Ci caricarono in auto e andammo a vivere in una frazione di Torvajanica, sul litorale laziale. In una casa senza elettricità. Come si vive senza luce? Si parla, si raccontano storie, si sviluppa l'immaginazione».

Sono cresciuti in una famiglia semplice ma non arida, continua Damiano: «Una famiglia economicamente umile, unitissima, abbiamo un fratello che fa lo chef e una sorella comunista, fa le battaglie, ha un centro culturale. Noi due siamo del tutto apolitici. Una famiglia stimolante dal punto di vista intellettuale. In casa c'erano libri di Pasolini, Camus, Bukowski». Era un ambiente dalla cultura anomala, anti-accademica, sgangherata, piena di libri in mancanza della televisione e con pochi Vhs, "vedevamo sempre gli stessi, tra cui Natale in casa Cupiello e Dumbo".


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