L'ultima ora

   
   
   

Il futuro è un salto nel vuoto

di Emiliano Morreale La Repubblica

Alle spalle dei ragazzi, con gesti calmi e metodici, l'insegnante sposta una sedia sotto la finestra, ci sale su, e si lancia nel vuoto. È l'inizio a effetto dell'opera seconda di Sébastien Marnier, presentata l'anno scorso in una sezione collaterale della Mostra di Venezia. Ambientato in una cittadina su cui incombe una centrale nucleare, dapprima sembra il doppio inquietante dei molti film francesi che vedono nella scuola un luogo di conflitto e di integrazione. Nell'austero e nobile edificio arriva un supplente (Laurent Lafitte) incaricato di sostituire il collega, e si accorge rapidamente di un'atmosfera sinistra intorno alla scuola. La classe in questione è riservata a piccoli geni che non sorridono mai, sono (troppo) avanti nel programma e manifestano un'evidente ostilità verso il docente. Come se non bastasse, tutt'intorno arrivano inquietanti segnali: atti che sembrano di bullismo, telefonate notturne. Il professore comincia a indagare, e scopre strane riunioni in campagna cui partecipano cinque giovani allievi. L'ultima ora è un thriller, e dunque non possiamo raccontare molto di più, ma tra le varie false piste che il film dissemina, risulta chiara una visione allucinata del presente, una metafora politica e generazionale di grande attualità, anche se all'origine c'è un romanzo pubblicato 15 anni fa (di Christophe Dufossé, da noi lo ha tradotto Einaudi). Il fantastico e l'assurdo si insinuano nel quotidiano: il protagonista, del resto, lavora a un saggio su Kafka e in certi momenti l'atmosfera sembra guardare a Polanski. Ma la prospettiva di fondo è quasi fantascientifica: questi ragazzi che sembrano usciti dal Villaggio dei dannati o da un romanzo di James Ballard (anch'esso citato) sono i nostri figli, i più sensibili e feriti tra loro, che con conseguente lucidità approdano a un nichilismo senza scampo. Possono ricordare addirittura una visione crudamente estremista di Greta Thunberg, o anche del protagonista di Il diavolo probabilmente di Bresson, reso atono dall' orrore davanti a un pianeta condotto verso l'apocalisse. Il film (che in Italia il film esce con un assurdo divieto ai minori di 14 anni) in Francia ha vinto il Prix Renoir per il miglior film, assegnato da una giuria di liceali. Chissà se si sono rivisti o esorcizzati nei protagonisti, e non si sa se temerlo o sperarlo.
Da La Repubblica, 4 luglio 2019


di Emiliano Morreale, 4 luglio 2019

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