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Drive me Home, un inno all'amicizia travestito da road movie

La storia di due ex amici alla ricerca di un perdono che passa attraverso gli occhi dell'altro. Dal 26 settembre al cinema.
di Giorgio Crico

Marco D'Amore (42 anni) 12 giugno 1981, Caserta (Italia) - Gemelli. Interpreta Agostino nel film di Simone Catania Drive Me Home - Portami a casa.
martedì 24 settembre 2019 - Focus

Esordio alla regia di un lungo per Simone Catania, attivo già da anni sulla scena indipendente italiana, Drive me Home è la storia di un'amicizia perduta e forse ritrovata, di voglia di vivere, di fughe e di ritorni a casa.

L'impianto della narrazione è quello di un road movie, per ammissione diretta dello stesso regista, e racconta del ricongiungimento dopo quindici anni di due ragazzi siciliani, amici d'infanzia, che si erano persi l'uno con l'altro. Antonio (Vinicio Marchioni) ha vissuto in tantissimi posti diversi, è sommerso dai debiti e ha messo in vendita il casolare di Blufi, il paesino nell'entroterra della provincia di Palermo dov'è cresciuto. Agostino (Marco D'Amore), camionista trapiantato in Belgio, è fuggito dalla Sicilia durante l'adolescenza ed è scomparso più o meno nel nulla da allora. Una volta che si sono ritrovati, i due si mettono in viaggio sul camion di 'Tino' in quello che alla fine è un viaggio verso casa, proprio come dice il titolo.

«Ho fatto un fioretto: quello di riuscire a dedicarmi di più alla mia sceneggiatura, al mio film, e di non tagliarmi i capelli per ricordarmi, ogni volta che mi guardavo allo specchio, che dovevo dedicare attenzione anche al mio film. Praticamente non li ho tagliati per dieci anni».

Il tono del racconto è spesso agrodolce, costantemente in bilico tra l'empatia per i protagonisti e l'aspra irrisolutezza del loro rapporto, segnato profondamente dalla sparizione di Tino e complicato dalla crescita in due sensi opposti dei due personaggi. In parte è certamente road movie e in parte è un dramma familiare perché il rapporto tra i due protagonisti è evidentemente fraterno, figlio anche di un'infanzia vissuta insieme, fianco a fianco, nonostante non ci siano legami di sangue.

La vicenda personale di Tino, il motivo del suo addio alla Sicilia e, più metaforicamente, all'infanzia felice al fianco di Antonio, rappresentano il trauma più grosso della sua esistenza e la riconciliazione definitiva con l'amico, al tempo del tutto estraneo ai fatti, è di fatto il vero lieto fine di tutta la storia. La scelta di potersi finalmente confidare in libertà, non importa se tanti anni dopo, è da un lato la guarigione definitiva dalla ferita dell'abbandono e dall'altro il primo mattone di nuove fondamenta su cui rilanciare il loro legame. Arriva al termine di un viaggio fisico che è evidente metafora di quello più profondo ed emotivo che, contemporaneamente, compiono i due personaggi.

Dal punto di vista più strettamente registico, la cura di Catania per la composizione delle inquadrature spesso rivela il primo amore del regista, cioè i documentari: alcune riprese a campo lungo sono di grandissimo impatto. Anche la scelta decisamente ambiziosa di rendere il camion di Tino sia protagonista di diverse sequenze, sia teatro di parecchi dialoghi si rivela vincente nonostante le difficoltà tecniche che la troupe ha dovuto affrontare: l'automezzo è il vero e proprio terzo protagonista del film.


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In foto una scena del film Drive me Home.
In foto una scena del film Drive me Home.
In foto una scena del film Drive me Home.

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