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Chi era Den Harrow? Stefano Zandri ha una verità da raccontare

Con il film Dons of Disco, presentato alla Festa del Cinema di Roma, si riaccende una vecchia polemica.
di Emanuele Sacchi

mercoledì 17 ottobre 2018 - Incontri

Lo chiamavano Den Harrow. Ma era Stefano Zandri da Nova Milanese. O forse invece era Tom Hooker, da Greenwich? Un fenomeno anni Ottanta quello di Den Harrow, legato ad alcune hit sensazionali (vi ricordate di "Future Brain" o di "Don't Break My Heart"?): inizialmente spacciato per un cantante americano - il nome nasce dalla parola italiana "Denaro", ndr - poi rivelatosi italiano e infine - trent'anni dopo - un progetto collettivo, in cui il proprietario del volto non coincideva con quello della voce. Una vicenda apparentemente simile al caso Milli Vanilli, con un colpo di scena nel 2012, quando Zandri ammette di aver svolto un ruolo di mimo e performer per il progetto e che le canzoni erano state composte e registrate da un altro cantante pop, Tom Hooker (che oggi si fa chiamare Thomas Barbèy). A rendere di nuovo attuale la vicenda è un documentario, Dons of Disco, girato da Jonathan Sutak: un confronto tra i punti di vista dei due contendenti, con una distribuzione diseguale tra l'artista (Hooker) e il suo "volto" (Zandri). Solo che Zandri non ci sta. Sostiene di aver firmato la liberatoria per tutt'altro, ovvero per un progetto sulla scena italo disco nel suo complesso anziché per un doc sull'annoso dualismo intorno alla paternità di Den Harrow.

Due anni fa mi chiama Jonathan Sutak e mi dice che vorrebbe intervistarmi, perché sta facendo un documentario sugli anni 80 su Den Harrow e altri artisti del periodo. Il mio ex produttore Roberto Turatti mi dice di fare questa intervista e io ci sto. Sutak viene a Viareggio, dove vivo, e mi segue il giorno dopo a Berlino per un mio concerto. Poi mi fa firmare una liberatoria per un documentario che ritrae me insieme ad altri protagonisti della italo disco.
Stefano Zandri

Dopodiché non so più niente del film per due anni, finché mi chiama Sutak per dirmi che Dons of Disco in America è piaciuto a tutti e che sarebbe stato proiettato alla Festa del Cinema di Roma e in altre rassegne americane ed europee. Sono andato sul sito del film e ho visto la mia faccia: lì ho capito che il lavoro era interamente dedicato alla querelle tra me e Tom Hooker, con interviste a Chieregato (ex produttore di Den Harrow, ndr) e a Turatti. Chiedo di vedere il film, per capire come sono stato ritratto, ma nonostante le mie insistenze Sutak non me lo concede.
Poi mi invita alla prima di Roma il 15 ottobre - l'intervista risale al giorno stesso, ndr - ma ovviamente non ci vado, mentre Tom Hooker scopro che sarà presente. Non contento, qualche giorno prima della proiezione Tom chiama Radio Deejay nella speranza di ottenere qualche riscontro e pubblicità, tirando in ballo ancora questa storia. Nicola Savino e Linus, però, che sono miei amici, gli dicono di no e gli fanno capire che, se non fosse stato per Stefano Zandri, Den Harrow non sarebbe mai esistito. D'altronde il successo di Den Harrow è in gran parte dovuto alla sua immagine.


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In foto Stefano Zandri in una scena di Dons of Disco.
In foto Stefano Zandri.
In foto Tom Hooker in una scena di Dons of Disco.

Ero io quello immortalato sui poster delle ragazzine, la voce avrebbe potuto prestarmela chiunque altro. Il mio con la Baby Records era un contratto di mimo: Turatti, Hooker e Chieregato erano gli autori e incassavano il grosso del progetto. Io ho semplicemente fatto il lavoro per cui ero pagato e l'ho anche ammesso pubblicamente".

Quindi la domanda sorge spontanea: cosa vuole ottenere Tom Hooker? E che relazione ha questo con l'uscita di Dons of Disco?
"Probabilmente Tom continua a domandarsi: "ma perché io che sono un bell'uomo ho dovuto prestare la voce e le mie canzoni a un altro per sfondare?". Perché lui ci ha provato in tutti i modi, con gli stessi discografici, ma non ha mai venduto un disco, a differenza di Den Harrow. La sua presenza scenica è nulla, ed è lì da vedersi. Ognuno ha il suo talento nella vita, no? All'epoca magari eravamo tutti un po' finti, ma la mia immagine colpiva le ragazzine. Quando io e Roberto abbiamo conosciuto Hooker lui era reduce da un flop tremendo a Sanremo e andava in giro con una vespa giallo e nera, pronto a tornarsene in America con le pive nel sacco. Dopo il successo di Den Harrow, invece, aveva la Ferrari e un attico smisurato: prendeva 200 milioni di lire all'anno per i testi e un fisso di 300 milioni l'anno come artista della Baby Records, oltre a 2 milioni a serata da me. Io ero quello che andava in giro per il mondo e si esibiva anche con la febbre, dovevo fare 40 serate al mese e prendere aerei in continuazione per guadagnare in maniera paragonabile".

Come mai Sutak si è interessato a questa vicenda, secondo te?
"Semplice, perché ha preso dei soldi da Tom Hooker per realizzare questo documentario. Il punto è che Sutak mi ha ingannato, perché ho firmato una liberatoria per una cosa diversa da quella che poi ha realizzato. D'altronde come può venire in mente a un ragazzo americano di 33 anni di girare un documentario su Den Harrow? Io in America non sono mai esistito. Sono stato una celebrità in Germania e in Italia e sono conosciuto tuttora, ma fuori dall'Europa Den Harrow non esiste. Evidentemente c'entra Hooker. Non contento di questo, Tom negli anni ha realizzato persino dei dischi e dei video come Tam Harrow, una parodia del sottoscritto, ritratto come un idiota che balla e si spoglia indossando una parrucca bionda. È un'ossessione personale la sua, una diffamazione continua. Scrive su internet ad ogni spettacolo che faccio, ripetendo che mi esibisco in playback. Lui ha una famiglia, è ricco sfondato e nonostante tutto resta appeso a questa storia: io sono un ex bambino dislessico e obeso, bullizzato e bocciato in terza elementare, che grazie a Den Harrow ha guadagnato miliardi di lire per poi perderli tutti. E passo per quello che ha approfittato di lui".

Ma ora hai un libro per rifarti e raccontare la tua storia: dovrebbe uscire entro la fine dell'anno, giusto?
"Sì, ho in uscita un libro che racconta la mia storia, negli alti e soprattutto nei bassi: per esempio parlo di quando non avevo più soldi e sono andato in America, perché non volevo umiliarmi in Italia, dove mi avrebbero riconosciuto. O dell'esperienza all'Isola dei Famosi e delle calunnie delle mie ex mogli, che mi accusano di ogni nefandezza. Con questo libro spero di rimettere a posto le cose e poi di ritirarmi per sempre, mettendo definitivamente a nanna Den Harrow".


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