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"Deep Blue Sea 2"di Darin Scott(2018)porta avanti la problmeatica del primo film,volutamente in parte ecologica, in parte forse meno. Prima di tutto, la vicenda dei ricercatori, guidati da un "faustiano"paranoide che conduce esperimenti sugli squali tori, i più pericolosi, cercando di ricavarne elementi chimici, in grado di potenziare l'intelligenza umana , non è nuoivissima, ma è comunque valida, in quanto si dimostra che certo faustismo di radice antica(Faust stesso, poi "celebrato" da Marlowe e Goethe, tra gli altri)può aver esito tragico e parte da premesse sbagliate ma rischia di portare a conseguenze tragiche, perché sbaglia completamente il suo boiettivo, ma in primis parte dalla premesse sbagliata per cui saremmo, come genere umano, padroni dell'universo, mentre siamo solo"parte della natura". Ma l'esito infausto di tutto questo(si salvano solo pochi rappresentanti dell'equipe, mentre muore la maggior parte dei componenti, compreso il"demoniaco"chef, viene rappresentano in termini"gore", con effetti decisamewnte grandgignoleschi, inadeguati a una seria e"pura"difesa dell'ambiente naturale(marino, nella fattispecie)e degli squali, ma poi il finale, con un altro squalo toto in arrivo, sembra far prevedere un "numero 3"di cui francamente non si sentirebbe porprio un bisogno impellente. Il film comincia critcando (l'oceanlogo, resa da Danielle Savine, lo fa)il film famoso di"Spielberg"e poi quanti, di molto minore qualità, hanno proseguito la"serie", ma poi finisce per riproporre, nel finale, proprio lo squalo(pur se solo lo suqalo"roro", minaccioso e cattivo... Allora, però, siamo"da capo", nel senso che l'immagine che il pubblico riceve è comunque"antisqualo"; rischiando di far passare l'oceanologa come una povera illusa, un'inguaribile utopista incapace di capire realmente le cose. Un rischio che pervade il fim; lo "danneggia"quasi fosse un corpo interno o anche esterno che lo corrode, anche appunto nella produzione di senso che vorrebbe trasmettere. Altri interpreti bravini, non esaltanti(Micheal Beach è il"vilain"o meglio l'"esaltato"della situazione), per un film, appunto, che rischia, in qualche modo(anche se forse l'espressione è eccessiva)di"autodistruggersi"nel suo assunto di fondo per come, appunto, si sviluppa. El Gato
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