Atlanta

Film 2016 | Commedia

Regia di Hiro Murai, Donald Glover, Janicza Bravo. Una serie con Donald Glover, Brian Tyree Henry, Lakeith Stanfield, Zazie Beetz, Harold House Moore. Cast completo Titolo originale: Atlanta. Genere Commedia - USA, 2016, STAGIONI: 4 - EPISODI: 41

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Ultimo aggiornamento venerdì 30 dicembre 2022

Due cugini cercano di sfondare nel mondo della musica per riscattarsi da una condizione sociale non sicura. La serie ha ottenuto 4 candidature e vinto 2 Golden Globes, 3 candidature a Critics Choice Award, 1 candidatura a SAG Awards, 1 candidatura a Writers Guild Awards, 1 candidatura a Directors Guild, 1 candidatura a Producers Guild, La serie è stato premiato a AFI Awards,

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES
CRITICA
PUBBLICO 3,04
CONSIGLIATO N.D.
Le contraddizioni del mondo contemporaneo.
lunedì 9 gennaio 2017
lunedì 9 gennaio 2017

Il tono e lo stile di Atlanta la rendono diversa da una semplice tragicommedia sul successo e il fallimento. Seguendo i quattro personaggi principali la serie illustra un catalogo di reazioni diverse alle difficoltà e alle contraddizioni del rapporto tra loro e con la città. A tratti realistici, a volte lunari, talvolta completamente autoconclusivi e staccati dalla narrazione principale, gli episodi intrecciano una miriade di suggestioni (nonsense, satira, horror) per raccontare dall'interno l'identità black, la criminalità, i pregiudizi, i piccoli e grandi soprusi quotidiani. Beniamina dalla critica, l'eccezionalità della serie è stata sancita anche da diversi Golden Globe e Emmy.

Episodi: 10 (30 min.)
Regia di Hiro Murai, Donald Glover, Amy Seimetz, Janicza Bravo, Ibra Ake, Angela Barnes Gomes, Adamma Ebo.

Una serie di impressionante densità e grande originalità che scruta nella follia del mondo contemporaneo

Recensione di Andrea Fornasiero

Una stazione senza uscita; una vendetta spropositata; il confronto intergenerazionale tra star musicali; una faida tra sorelle per l'attenzione del padre anziano; un produttore e regista con delirio di onnipotenza; un assassino che colpisce la viralità dei social; una giornata in campeggio e una in campagna; un mockumentary su un'immaginaria Disney a direzione black; infine una giornata ad Atlanta dai toni tipicamente onirici.

Sono le storie della quarta e ultima stagione di Atlanta, la comedy surreale sull'identità nera americana che si conferma la serie più originale di questi anni.

Donald Glover, suo fratello Stephen e il regista Hiro Murai, sono i principali autori di una serie di impressionante densità, nella quale le compatte puntate da mezz'ora accumulano una gran quantità di idee e situazioni, che vanno ben oltre le sinossi che abbiamo riportato. Per esempio il primo episodio non mostra solo Earn e Vanessa che non riescono ad uscire da Atlanta Station, dove per altro sono perseguitati dall'incontro con loro vecchie fiamme. C'è anche Alfred intrappolato nel traffico, che sente la notizia della morte di un altro rapper e, ascoltandone una canzone postuma, decifra gli indizi di una sorta di caccia al tesoro. Nel mentre Darius è inseguito da un'inarrestabile signora con coltello, che si muove però su una sedia a rotelle elettrica. Sembra una versione demente di It Follows, ma prende spunto dalla notizia reale di una donna bianca su sedia a rotelle che ha minacciato con il coltello alcuni saccheggiatori, durante le proteste per la morte di George Floyd.

Ma naturalmente di bianchi e neri molesti e fuori di testa ce n'è per tutti i gusti, dal bulletto che tormenta il padre di Earn per un selfie, al cassiere di un piccolo negozio, in una zona rurale, dove si ostentano simboli sudisti e un cartello avvisa "noi non chiamiamo la polizia" - come a dire "spariamo direttamente". E poi c'è la zelante ma disperata razzista, che lavora in aeroporto e crea problemi ai viaggiatori neri, sulla quale Earn scatenerà una vendetta così terribile da far inorridire i suoi amici. Tanto che l'episodio, il secondo della stagione, sembra un incrocio tra In Treatment per le sedute di analisi e Nella società degli uomini per il diabolico piano ai danni di una donna.

Non ci sono del resto solo eroi in Atlanta, bensì una galleria di esseri umani seriamente difettosi, in situazioni più o meno surreali, spesso di fronte a veri e propri mostri ma a loro volta capaci di azioni mostruose. Non tutte le situazioni risulteranno chiare nei loro riferimenti allo spettatore italiano, che per esempio non ha accesso ai numerosi titoli sensazionalistici di Tyler Perry, parodiato nel quinto episodio dove il misterioso Mr. Chocolate gestisce contemporaneamente molti set di produzione a tema black. D'altra parte non cogliere i riferimenti non è un problema, anzi è forse persino un valore aggiunto, perché Atlanta vive del generare uno stato di spaesamento e confusione nello spettatore, dove non afferrare l'ispirazione di una data situazione non fa che renderla ancora più surreale. Per approfondire del resto c'è sempre tempo dopo la visione e, soprattutto per una serie cult come questa, Internet non manca di risposte.

È il caso per esempio della puntata forse più geniale della stagione, l'ottava, realizzata in stile mockumentary e senza nessuno dei protagonisti. Racconta di un animatore nero che sarebbe arrivato fortunosamente a capo della Disney (in una serie, ricordiamo, di produzione Disney!) e avrebbe realizzato il film più black di sempre, con protagonista Pippo e suo figlio. Che la Rete sia piena di teorie ed elucubrazioni su Pippo come simbolo della cultura black, è un affascinante tunnel in cui lo spettatore può tuffarsi, ma conoscere queste teorie non cambia di una virgola il senso dell'episodio né il suo amaro finale. Si tratta per altro dell'unica puntata che esclude i protagonisti, dopo una terza stagione dove invece ce n'erano state diverse e dove soprattutto non c'era stata la città di Atlanta.

Questa quarta e ultima annata torna a casa dopo la tournée europea e i personaggi sono cresciuti, se non maturati, ma hanno sempre problemi a relazionarsi con la società - solo problemi diversi da quelli delle prime due stagioni. Ancora una volta la figura più in sintonia con questo mondo surreale, il solo ad accettare l'assurdo come parte della vita, anziché rifiutarlo o fuggirlo, è Darius ed è lui in particolare a tenere banco nel finale di serie.

Una puntata vagamente alla Inception, tra immersioni in vasca che sprofondano in sogni su più livelli ed espedienti per riconoscere la realtà simili alla trottola di Cobb/Leonardo DiCaprio (ma più surreali, naturalmente). Come per Cobb, che Darius sogni o sia desto rimane questione in sospeso, ma non importa, perché non sono mai state le risposte a interessare agli autori di Atlanta, fino alla fine intenti a scrutare nella follia e nelle contraddizioni del contemporaneo.

Episodi: 10 (30 min.)
Regia di Hiro Murai, Donald Glover, Amy Seimetz, Janicza Bravo, Ibra Ake.

Una stagione imperdibile che spinge oltre le infrazioni al realismo

Recensione di Andrea Fornasiero

Il successo di Paper Boi è ormai arrivato anche in Europa e nella tournée nel vecchio continente lo seguono gli inseparabili Darius e Earn, che nel frattempo è diventato un abile manager. Vengono presto raggiunti anche da Van, la cui crisi d'identità già presentata nelle precedenti stagioni, arriva al suo apice, tanto da scomparire senza dire nulla a Earn. I tre nel mentre se la devono vedere con la festa nella villa di un ricco mecenate londinese, con il furto di un cellulare dorato e con la beneficenza dei bianchi che cercano di lavare la propria immagine. Ad Alfred tocca anche un'odissea lisergica tra le vie di Amsterdam e i fantasmi del proprio passato. La stagione presenta inoltre quattro episodi del tutto autonomi dalle vicende dei protagonisti, fiabe moderne e - ovviamente - surreali sul tema dell'identità nera.

Ormai consacrata come una delle migliori serie degli ultimi anni, Atlanta spinge ancora oltre le infrazioni al realismo e persino al formato seriale, regalando un'annata imperdibile.

La lunga pausa, di ben 4 anni, dopo la seconda stagione non è stata dovuta solo al Covid ma pure al desiderio di esplorare strade ancora più originali, e ne sono il coronamento le quattro puntate del tutto staccate dal resto della narrazione, ma perfettamente allineate nei temi, nei toni e nello stile. Non che gli altri episodi siano inferiori, anzi quello forse più toccante ed esilarante al tempo stesso è dedicato a Van a Parigi, ma non è da meno la puntata sul fan inglese di Paper Boi o quella sulle sue allucinazioni ad Amsterdam. Per Van e, ancora di più, per Alfred, questa stagione racconta un percorso di formazione, una presa di responsabilità e un venire a patti con verità su se stessi, il proprio passato e i propri limiti. Earn e Darius sono invece leggermente più defilati e soprattutto non vivono percorsi altrettanto importanti, del resto Earn sembra qui finalmente maturato mentre Darius è probabilmente incapace di farlo, perso nelle sue astrazioni e nelle sue droghe.

Tra i registi fa ancora la parte del leone Hiro Murai, con ben sei episodi su dieci ricche di invenzioni e di soluzioni mai banali, mentre sono tre le puntate dirette da Donald Glover, che quest'anno ha lasciato più spazio ad altre personalità in fase di scrittura, dove ha firmato solo due puntate. Il fratello Stephen, sceneggiatore di molti episodi delle precedenti stagioni, è poi qui solo producer. Nel cast non mancano alcuni sorprendenti cameo, in particolare quello di Liam Neeson nei panni di se stesso in un improbabile locale dedicato alle personalità "cancellate", dove confessa le sue passate pulsioni razziste. Interpreta poi una versione caricaturale di se stesso Alexander Skarsgård nell'episodio finale di stagione, dove si diverte a incarnare una star promiscua e dai gusti decadenti all'estremo.

Ma la terza stagione impressiona soprattutto per la capacità di trovare attori poco noti e dare loro ruoli indimenticabili, come per il protagonista di The Big Payback Justin Bartha o per la ex modella Ava Grey, che fa da guida virgiliana ad Alfred tra i meandri di Amsterdam.

La scelta di volti non famosi è chiaramente intenzionale, visto che Atlanta ha raggiunto una tale fama che quasi nessuno rifiuterebbe di partecipare. L'intento è del resto raccontare di persone ordinarie travolte da situazioni assurde, come l'improvviso obbligo di dover ripagare i neri per i danni della schiavitù dei secoli scorsi, o come una borsa di studio dove viene esaminato quanto sia effettivamente "nera" l'identità dei candidati.

Ci sono anche due puntate con ragazzini protagonisti: nella prima un bambino nero viene affidato - con il consenso della madre - a una coppia di donne bianche che truffano lo Stato e progettano un'uscita di scena estrema; nella seconda si parla invece di un bambino bianco, che passa più tempo con la tata nera che non con la sua famiglia e sviluppa così una cultura e dei gusti affini a quelli degli immigrati da Trinidad e Tobago. La presenza spiazzante di questi episodi, che sembrano persino venire da realtà alternative, si inserisce perfettamente in una stagione che, attraverso la trasferta europea, racconta lo spaesamento, le possibilità e le frustrazioni di chi si illude di potersi reinventare o di continuare a sfuggire a se stesso.

Episodi: 10 (30 min.)
Regia di Hiro Murai, Donald Glover, Amy Seimetz, Janicza Bravo, Ibra Ake.

La seconda stagione dell'acclamata serie che parla di successi e fallimenti

Recensione di a cura della redazione

Titolata Robbin' Season, la seconda stagione continua a raccontare le disavventure di Earn, Darius e del rapper Alfred, detto Paper Boi, che arriva a conquistare il suo primo disco d'oro. Le loro vicende si intrecciano spesso con episodi di piccola o grande criminalità, rappresentata spesso in toni surreali e a volte misteriosi, in linea con il taglio della serie. Tra le puntate più memorabili c'è quella sulla Fastnacht, una festa del folklore alemanno dove la presenza dei protagonisti neri è volutamente incongrua – e dove Earn e Van rompono la loro instabile relazione. Inoltre sono dei veri tour de force l'odissea urbana di Alfred, a partire dal locale di un barbiere, e la puntata Teddy Perkins, dove Darius finisce in una casa infestata, di proprietà di un nero che si è sbiancato la pelle – interpretato da un irriconoscibile Donald Glover.
Episodi: 10 (30 min.)
Regia di Hiro Murai, Donald Glover, Amy Seimetz, Janicza Bravo, Ibra Ake.

Cercare di farsi strada nel mondo del rap

Recensione di a cura della redazione

Lo squattrinato Earn, padre separato dalla compagna Vanessa – detta Van – ha l'occasione di una vita quando il cugino Alfred trova il successo nella scena rap di Atlanta, con il nome di Paper Boi. Earn si propone come manager di Alfred e, insieme allo stralunato amico Darius, i due vivono varie disavventure, a partire da una notte in carcere che dà enorme popolarità a Paper Boi. Tra gli highlight della stagione rimangono indimenticabili l'episodio con il talk show sul tema dell'identità afroamericana, dove un ragazzo si dichiara assurdamente transrazziale, e il party nella villa di un ricco bianco che cerca di dimostrarsi sensibile alla condizione dei neri, in modo spaventosamente paternalista.
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miglior attore in una serie televisiva brillante
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